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Anche Catania ha il suo "Ballarò": storie e curiosità di un quartiere che non dorme mai

Vi portiamo tra le strade di San Cristoforo, chiamato il quartiere dei "cortili". Una sorta di "città nella città" che è periferia e al tempo stesso in pieno centro storico

  • 8 aprile 2022

Uno scorcio del quartiere san Cristoforo di Catania

È ancora presto ma le strade di San Cristoforo sono già sveglie, anzi non si sono mai assopite. La “città nella città”, il quartiere periferico ma incastonato nella griglia del centro storico di Catania, infatti non dorme mai.

Davanti alla vecchia fabbrica di liquirizia in via delle Carcare i ragazzini sgommano veloci sui loro scooter, mentre le signore si parlano dai balconi, e lo stretto sbocco sulla via Plebiscito è annebbiato dal fumo dei carciofi sulla carbonella.

Poco più in là, in via Belfiore, i banchi dei macellai sono posizionati direttamente sulla strada, con i pezzi di carne sventolati dagli scacciamosche e le interiora appese davanti all’ingresso delle botteghe.

Percorrere questa strada in auto è come guidare attraverso un mercato, quasi impossibile. Lungo quella che una volta era la via del Gallazzo, oggi Plebiscito, invece, il traffico è rumoroso come sempre, le auto scansano i motorini e le griglie ormai famose degli “arrusti e mangia”, in cerca di un parcheggio creativo per poter fare acquisti veloci.
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È questa la linea di confine, segnata dal caotico serpentone di vetture e dagli alberi a bordo strada: il confine tra la città di Catania e San Cristoforo, che in realtà però occupa il suo ventre. Questo quartiere nella zona sud del centro, insieme a quelli limitrofi (Angeli custodi e Salette) ai quali spesso viene associato, nasce dopo il terremoto del Val di Noto del 1693 e prende il nome dalla chiesa oggi inglobata da un fitto tessuto urbano.

I primi nuclei occupano i terreni lavici, coperti e resi ostili dalla colata del 1669 e crescono velocemente a seguito della migrazione dalle campagne che caratterizza l’Ottocento catanese. Il fenomeno è favorito anche grazie ai piccoli enfiteusi concessi dal vescovo della città ai più bisognosi.

La rapida crescita demografica si nutre soprattutto delle possibilità create da concerie, falegnamerie e fabbriche di fiammiferi che sorgono nella zona. I giovani di più generazioni, infatti, lasciano la Piana di Catania attratti dall’illusione di benessere fornita dalla nascente industria e dal commercio.

Proprio sulla frontiera lavica dove cominciava a espandersi la città, si apre la piazza San Cristoforo, lo slargo che una volta tutti chiamavano “ai chianchi murtizzi”, proprio di fronte alla chiesa, dove ancora in inverno il sangeli ribolle dolciastro nei pentoloni.

È questa l’unica vera piazza del quartiere: nonostante si tratti di uno degli angoli più popolosi di città, le strade strette e regolari si intrecciano senza respiro e senza luoghi di ritrovo all’aperto. Ritornando su via Belfiore però, o in via Juvara, oppure in via delle Salette, ma anche sulla stessa via Plebiscito, un mondo parallelo e inatteso vi aspetta dietro le quinte, un mondo fatto di quiete: quella dei cortili.

Ogni cancello, o vicolo, può trasformarsi in una fantascientifica porta dimensionale. Entrando lo spazio si apre improvvisamente, davanti alla porta di ogni casa ci sono almeno un paio di sedie pronte all’uso poggiate al muro, lo stesso muro al quale si aggrappano i fili di nylon per stendere il bucato, da una casa all’altra. Agli angoli tavoli di plastica e piccole griglie aspettano di diventare i protagonisti indiscussi del pranzo.

Appena varcato l’ingresso i rumori delle strade spariscono e il silenzio, impensabile per una città, per di più in un quartiere disordinato e abitato da più di ventimila anime, viene interrotto solo dalle chiacchiere tra vicini e dal chiocciare di qualche gallina.

I nuovi arrivati in cerca di fortuna dal mondo agricolo infatti, senza accorgersene, provarono e spesso riuscirono a ricreare delle copie, più piccole e più misere, delle masserie che conoscevano. Ancora oggi i cortili mantengono un forte legame con la vita rurale e ne riproducono dinamiche e atmosfere.

Da un punto di vista urbanistico sono la peculiarità eccezionale del quartiere, una caratteristica che seppure ancora poco valorizzata e a raramente trasformata in risorsa estetica o turistica, è destinata a vincolare l’identità di San Cristoforo. I cuttigghi sopperiscono inoltre alla mancanza di piazze, rendendo unico lo stile di vita dei cittadini che vi risiedono.

Alcuni di essi nascevano già dal progetto di vita comune di una famiglia, altri sono il risultato di unioni spontanee di case terrane, originariamente costruite per alloggiare la nuova classe operaia, che si trovarono a condividere pezzetti di sciara, di vuoto urbano. Non mancano i casi più curiosi, il cortile Lanzafame per esempio era un’arena, dove le pellicole vennero proiettate fino alla II Guerra Mondiale (Arena Augusteo).

Questi spazi comuni sono estensioni vere e proprie delle abitazioni, dove si prosegue e si condivide l’attività casalinga e dove si concentra la socialità. Per questo qui tutti si conoscono e restano legati, come in un piccolo paese.

Rosaria ha appena traslocato insieme ai due figli piccoli nella sua nuova casa dentro il cortile in via delle Calcare; con loro e il marito ha abitato per anni in casa della madre, pur di non andarsene.

Confessa di aver pensato tante volte di cercare un appartamento tutto per loro, ma di non averlo mai fatto per paura di sentirsi troppo sola. Adesso che finalmente si è liberato un piccolo locale a piano terra, a pochi passi dalla casa dove è cresciuta, può traslocare felice.

Questi rifugi di pace con le loro atmosfere fuori dal tempo, sono un accesso privilegiato alla comprensione di questo quartiere e di chi lo abita. Per questo, nell’esplorare San Cristoforo, dovreste affacciarvi in uno di questi spazi, allo stesso tempo privati e sociali, e annunciarvi con un “buongiorno”, ad alta voce: verrete accolti e scoprirete davvero la “città nella città”.
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