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Biancaneve, Crudelia De Mon (e le altre): Rosetta, la voce palermitana di Walt Disney

È l'8 dicembre 1938 quando il film d'animazione arriva in Italia. Qualche anno prima, Rosetta è a Roma e vuole fare l'attrice. Ma è solo l'inizio della sua carriera di doppiatrice

Gianluca Tantillo
Appassionato di etnografia e storia
  • 26 luglio 2021

Rosetta Calavetta

Non so voi, ma io mi sono sempre chiesto come sarebbe stato un film che avesse nello stesso cast Robert De Niro, Al Pacino, Sylvester Stallone, Dustin Hoffman, Bill Cosby e Tomas Milian, tutti magistralmente doppiati dal grandissimo Ferruccio Amendola.

Probabilmente sarebbe stato, per dirla alla ragionier Ugo Fantozzi, una “una cagata pazzesca”, non fosse per il fatto che chiudendo gli occhi avremmo avuto la sensazione (e direi giustamente) di sentire una sola voce.

Pensate poi se invece non ci fossero stati nomi, che ai più giovani magari non dicono niente, come Corrado Gaipa (palermitano), Carlo Sabatini e Solvejg D’assunta: non avremmo avuto rispettivamente, e in ordine, le voci di Don Fabrizio Corbera principe di Salina, di Tancredi Falconieri e di Concetta Sedara.

Se al posto loro le voci le avessero prestate Aldo Fabrizi, Lino Banfi e Sora Lella, molto probabilmente, al posto di Gattopardo avremmo sentito parlare di “Gattolardo”: ecco quanto è importante la giusta voce nel giusto contesto.
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E per spendere due parole sul palermitano Corrado Gaipa, troppo presto dimenticato, vi basti sapere che la voce del principe Fabrizio è la stessa di Abraracourcix (il re dei Galli di Asterix e Obelix), del gatto trombettista Scat-Cat de “Gli Aristogatti”, del gufo Uffa di “Winnie the Pooh” e della pantera Baghera de “Il libro della Giungla”.

Io che da bambino ero sempre raffreddato al massimo avrei potuto doppiare Andreotti da vecchio. Sempre per rimanere in tema, è giusto fare anche il nome dell’altro palermitano Arturo Dominici che è stato la voce di Scotty di “Star Trek”, di Sollozzo ne “Il Padrino”, del primo M di “007”, di Higgins di “Magnum P.I.”, del cane Otto in “Robin Hood” della Walt Disney, e nientepopodimeno la voce di Grande Puffo.

E senza fare troppo i complottisti si potrebbe dire anche che esiste un filo sottile, se non una strana alchimia, tra doppiatori palermitani e film di animazione della Walt Disney, che in tema di stranezze e messaggi subliminali è stato personaggio assai discusso.

Infatti quello che dovete sapere è che il primato di tutti i doppiatori e doppiatrici italiane lo detiene una certa Rosetta Calavetta, palermitana 100%, voce di Biancaneve nonché primo film di animazione di Walt Disney.

Intanto facciamo un po’ di chiarezza: non esiste nessuna Biancaneve né tantomeno Whitesnow. La favola è di origine germanica e la picciotta si chiama Schneewittchen (poi lo cambiarono perché se si fosse presentata con questo nome i nani non gli avrebbero aperto e il principe non l’avrebbe calcolata di striscio).

Peggio ancora se si fosse chiamata Rosalia e la storia fosse stata ambientata a Palermo.

Al posto di andare nel bosco e trovare Dotto, Mammolo, Brontolo, Pisolo, Gongolo, Eolo e Cucciolo, con molta più probabilità, sarebbe andata nell’altopiano di Beautiful Flash (Bellolampo, che i palermitani conoscono benissimo) e come nani avrebbe trovato: Sgracchio, Pirito e Morbo, Ogghio Fituso, Paredda Spunnata, Tanuzzu u muto e Nino u curtu.

Meglio di no!

Oddio, veramente la versione originale della fiaba del 1812 è peggio ancora.

Quello che segue è la storia senza aggiunte da parte del sottoscritto: tutto inizia con la madre di Schneewittchen che si punge e sogna di avere una figlia bianca come la neve, nera come l’ebano e rossa come il sangue (non so che sostanza c’era nell’ago ma giuro che è scritto così).

La donna resta quindi incinta e partorisce una bambina. Diversamente da quanto pensavamo non c’è nessuna regina né specchio delle sue brame perché la cattiva della storia è proprio la madre.

Appena Schneewittchen (ma quanto è bello questo nome?) compie 7anni la madre per gelosia assume un cacciatore con il compito di portarle il fegato e il polmone della figlia perché vuole mangiarli conditi con sale e pepe (proprio così li vuole mangiare). A Biancaneve non resta che scappare e trovare rifugio dai sette nani.

A quel punto la madre di traveste da vecchia e prima della mela le porta un pettine avvelenato che i nani le tolgono di mano prima che sia troppo tardi. A seconda botta invece le porta la mela avvelenata e dopo averla mangiata Schneewittchen muore come tutti sappiamo.

Ciò che non sappiamo, ed onestamente fa pure un po’ impressione, è invece che il principe non si innamora affatto di Schneewittchen: il principe si innamora letteralmente del cadavere che vuole per sé, infatti convince i nani e si porta la salma nel castello (uno bravo psichiatra o un criminologo avrebbero parlato si “necrofilia”).

Lo strambo principe si fa venire una vera e propria ossessione per il cadavere, tant’è che se lo fa trasportare da una stanza all’altra altrimenti non mangia nemmeno e non prende sonno. Stufi di portare la morta a destra e a manca, un giorno, i servitori del principe se la prendono con il cadavere, l’afferrano per il collo e la cominciano a strattonare con tutta la loro forza: è in quel momento che il cadavere sputa il boccone della mela avvelenata e Schneewittchen resuscita come Lazzaro.

Traumi causati da questa versione del 1812 a parte, e per tornare alla nostra Rosetta Calavetta, nel 1937 viene realizzato il primo film di animazione statunitense prodotto da Walt Disney: è l’8 dicembre dell’anno dopo quando “Biancaneve e i sette nani” arriva in Italia. Qualche anno prima Rosetta si trova a Roma e vuole fare l’attrice.

Esordisce a 16 anni in “Corte di Assise” di Guido Brignone, poi “L’armata Azzurra”, “L’ambasciatore”, “Marionette”: il talento lo ha e si vede, ma sono tutti piccoli ruoli, forse troppo piccoli. Ha una bella voce Rosetta, e nel 1936 debutta come doppiatrice prestandola alla diva hollywoodiana Deanna Durbin.

Il paradosso del destino vuole che la stessa Dana Durbing dopo essere stata provinata come voce originale di Biancaneve nella versione americana venga scartata, mentre Rosetta, quasi due anni dopo, venga scelta per lo stesso ruolo nella versione italiana. Sì, la voce della mitica Biancaneve è quella della palermitana Rosetta Calavetta.

Dopo questo la sua carriera di doppiatrice spiccherà il volo: donerà la voce a Marilyn Monroe, Ava Gardner, Doris Day, Susan Hayward, Janet Leigh e alla signora Fletcher e tante altre.

Il sodalizio con Walt Disney e i film di animazione continuerà fino ad età matura: è sua la voce di Genoveffa in “Cenerentola”, di Tesoro in “Lilly e il vagabondo”, della signora Banks in “Mary Poppins”, della grandissima Crudelia De Mon e perfino di quell’arragiata della signora Rottenmeier nel cartone di Heidi.

Leggenda vuole che quando venne scelta per Biancaneve venne convocata dallo stesso Walt Disney in un appartamento di Parigi, o forse di Roma, che la volle sentire cantare.

Morì nel 1993 a Roma. Il sogno sarebbe una scuola o un premio per doppiatori a lei intitolati.
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