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Future Film Festival, nuove tecnologie del cinema d’animazione

Se l’organizzazione della manifestazione lasciava un po’ a desiderare i curiosi che hanno partecipato agli incontri e alle proiezioni hanno avuto delle gradite sorprese

  • 26 gennaio 2004

BOLOGNA - Si è concluso il 18 gennaio scorso a Bologna, la principale manifestazione cinematografica italiana dedicata al digitale e all’animazione: il Future Film Festival (www.futurefilmfestival.org). Se l’organizzazione della manifestazione lasciava un po’ a desiderare e gli eventi in programma sembravano non essere al livello di quelli presentati nelle edizioni precedenti del festival, gli appassionati e i curiosi che hanno partecipato agli incontri e alle proiezioni hanno avuto delle gradite sorprese. 

Lasciando da parte l’anteprima del nuovo episodio del Signore Degli Anelli, Il Ritorno del Re, che ha funto più che altro da specchietto per le allodole, visto che l’entrata era riservata ad un’elite di “invitati”; altre e meno conosciute opere hanno dilettato gli spettatori. Per quanto riguarda l’animazione giapponese, da sempre punto cardine del festival, il nome di Kon Satoshi è quello che brilla più in alto di tutti. I suoi Millennium Actress e Tokio Godfathers, costruiti ambedue all’interno di una struttura narrativa complessa giocata su un misto di sentimenti, ironia e commozione, hanno entusiasmato gli spettatori, portando finalmente alla ribalta un autore di qualità, che riesce a tratteggiare con maestria alcune vicende che hanno come protagonisti uomini e donne facilmente individuabili nella quotidianità della società giapponese. Vari altri film d’animazione nipponici sono stati presentati nei giorni del festival. Da segnalare, tra le retrospettive, le opere di due dei maestri indiscussi del fumetto e del cartone animato giapponese: Memories, tratto dall’omonima serie a fumetti del creatore di Akira, Otomo Katsuhiro e Laputa, il castello nel cielo, scritto e diretto da Miyazaki Hayao, nel 1986, per la prima volta presentato col doppiaggio in italiano.

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Un posto rilevante, nella manifestazione va poi a Tamala 2010, un film controverso, che ha spaccato in due il pubblico. Per alcuni, il film, ambientato in un pianeta di gatti, dominato da una multinazionale nata dalle ceneri di un’antica religione pagana, è da considerarsi l’evento principale del festival; per altri sono stati soltanto 92 minuti di sofferenza. Queste divergenze si possono comprendere benissimo a partire proprio dalle scelte tecniche e narrative su cui poggia il film, che alterna, su uno sviluppo narrativo lento e abbastanza mono-tono, complesse sequenze in 3D, innestate all’interno della prevalente animazione in due dimensioni, spesso in bianco e nero, fondata su tratti molto semplici e schematici. Accanto a Tamala 2010, un film sperimentale, acclamato dal pubblico, è sicuramente My Life as McDull, di Toe Yuen. Una produzione di Hong Kong, incentrata sulla vita quotidiana di un maialino e della sua mamma, che ha intenerito gli spettatori.

E rimanendo a Hong Kong, ma spostandoci dall’animazione ai film con attori in carne e ossa, vera trovata del festival è stata l’omaggio a Tsui Hark, regista e produttore, di film che impiegano largamente la tecnologia digitale. Oltre al conosciuto e violento The Blade, sono stati presentati film come Love in The Time of Twilight, Green Snake e The Lovers, un insperato successo confermato dall’aumento del pubblico in sala, man mano che i film venivano proiettati. Da ricordare del festival, inoltre, l’omaggio a Ray Harryhausen, uno dei più grandi artigiani di effetti speciali e maestro dell'animazione a passo uno o stop motion, nonché l’anteprima di alcune discrete produzioni animate spagnole (El Cid, The Legend) o francesi (Les enfants de la pluie) e dell’ottimo Nasu, Summer in Andalusia, un cartone animato giapponese ambientato in Spagna.

Per concludere, un elogio lo meritano sicuramente i cortometraggi e i mediometraggi dell’americano Bill Blympton. Una nota negativa, invece a Toxic Crusader – The Movie, che nella soporifera sezione Il Futuro dei Toons, ha provocato lo svuotamento della sala a neanche metà proiezione, lasciando sulle poltrone solamente gli spettatori che, stanchi per la fatica del festival, avevano bisogno di un buco di proiezione per dormire.

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