LE STORIE DI IERI

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Gli alluvioni e il costante pericolo delle acque esterne

  • 23 ottobre 2006

«1557.-A 27 di settembre. Lunedì la sera, giorno dei santi Cosmo e Damiano, avendo piaciuto alla Maestà divina e malo provvedimento nostro, per la gabella della racina attupparo li pertusi delle muraglie. E giungendo una gran pioggia, fece un gran lago nel muro di Nostra Donna d’Itria sotto il Palazzo. E non potendola sostenere, si ruppe il muro ad un’ora di notte; ed entrandovi l’acqua rovinò infinite case a Ballarò, alla Ruga Nova, alla porta Patitelli (dalle parti di Sant’Antonio Abate e dell’attuale Teatro Biondo,ndr); ed arrivando alla cantoniera della Bucceria, cascò il finestrale dello speziale detto del Tauro…e si diruparo tre altre botteghe. E allagò tutta la Loggia, dalla cantoniera dell’Argenterìa infino a quella del Terzanà, dirupando tutte le botteghe e case, con perdita di molta ricchezza…come all’Albegheria ed altri lochi. Allagò alla Martorana la terza parte… e dirupò la Badia della Moschita. Li morti si dissero 600. E per vera forza ruppe la Porta della Marina,ed affondò le barche che trovò di fuora. …Poi seguitò una quasi specie di peste,e vi morirono più che nella piena o china».

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E il grave è che gli avvenimenti esposti nell’italiano contorto del brano tratto dai "Diari" di Paruta e Palmerino ci sono inevitabilmente tornati alla memoria, e non una sola volta, nel corso dello scorso piovoso settembre. Prima, per la tragedia dell’anziano automobilista annegato a Capaci sotto un viadotto dove l’acqua piovana in pochi minuti raggiunse i due metri d’altezza. Poi, dopo un violento acquazzone, assistendo personalmente alle esplosioni a catena dei tombini di via Leonardo da Vinci, tra la famigerata rotonda e piazza Ziino. Mentre è noto che la conseguente valanga d’acqua obbligò decine di automobilisti che al momento del temporale stavano nelle auto, in movimento o posteggiate, a rimanersene chiusi nei veicoli parzialmente allagati, in attesa che passasse l’assurda “onda di piena”.

Tutto ciò che fa ragionevolmente temere danni assai peggiori nel caso in cui oggi, anche se in assenza di antichi e criminali gabellieri, dovesse piovere per cinquanta ore di fila come avvenne nel corso della tragica alluvione del 1931. Quando nelle depressioni di Danisinni e del Papireto, all’Albergheria, al Garraffello, ma non solo in quei quartieri, si ebbe un numero di annegati che non fu reso pubblico solo perché le veline del Minculpop proibirono ai giornali di citare il reale ammontare delle vittime.

Evento che - secondo un articolo comparso nella rivista del Rotary nel 2001, a firma del docente di idraulica Guglielmo Benfratello – potrebbe ora ripetersi addirittura in forma assai peggiore. Se infatti dovesse ripiovere come accadde nel ventennio nero, l’illustre cattedratico ha calcolato che i danni potrebbero essere enormi. Specialmente quanto a perdite di vite umane, ove risultasse impossibile intercettare e deviare, prima dei trinceroni e dei sottopassi delle Circonvallazione, la valanga d’acqua che dalle pendici cementificate dei monti dell’ex Conca d’Oro si abbatterebbe sulla città. Si capisce, erompendo anche dalle nuove e temibili strade d’acqua quali risultano i viali Leonardo da Vinci e Michelangelo.

Con in più qualcosa di grottesco. Dato che l’articolo citato mette in conto l’eventualità che, durante simile interminabile pioggia, una delle località periferiche a più alto rischio di inondazione potrebbe essere proprio l’area intorno all’aeroporto di Boccadifalco. La stessa in cui la Protezione Civile avrebbe programmato il concentramento dei mezzi e dei ricoveri in caso di calamità naturali. Preoccupanti previsioni del 2001, s’intende. Mentre ora non ci resta che raccomandarci davvero al Cielo e augurarci che nel frattempo il modo di intercettare e deviare le temibili acque meteoriche qualcuno l’abbia già trovato.

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