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Una "città" invisibile e scavata nella roccia: il tour (da fare) nella Sicilia sotterranea

Un modo per entrare in contatto diretto con il passato: un “grande” tesoro siciliano da preservare e conservare, vi raccontiamo il tour che non potete perdere

Salvatore Di Chiara
Ragioniere e appassionato di storia
  • 28 dicembre 2025

Particolare della catacomba di Villagrazia di Carini

“L’archeologia, oltre a essere una scienza e un’arte, è infatti anche azione e avventura dello spirito”. Alle celebri parole di Ceram seguono i fatti. In una terra ricca di siti e parchi archeologici, ci sono luoghi “infestati positivamente” dalla brezza marina. In quel di Villagrazia di Carini, storica dimora estiva di curiosi e spiaggianti, sorge un capolavoro sotterraneo di rara bellezza.

Le catacombe Paleocristiane reggono l’urto della storia, privilegio che tocca a pochi eletti. Tra una passeggiata e uno “sguardo tirrenico”, pensieri e curiosità sono padroni del nostro destino. Cosa potrà riservare il tanto decantato sito? Prima di addentrarci nei meandri del Cristianesimo, è giusto spendere due paroline per l’Associazione ArcheOfficina.

Marco Correra e i suoi collaboratori hanno tracciato - con impegno e sacrificio - un ampio percorso che oggi, dopo anni di duro lavoro, sta dando i frutti sperati. Studi, approfondimenti e scavi hanno dato alla luce un potenziale di notevole interesse, non solo archeologico.

E con i rinvenimenti di Contrada San Nicola, “corriamo il rischio” che nel sottosuolo sia presente un’intera città. Dato il giusto merito ai protagonisti, silenziosamente percorriamo gli ultimi metri terreni prima di entrare nelle gallerie. Afferrando i “temi romanici” dell’ipogeo cristiano sito a Roma, in via Appia, stabiliamo una connessione diretta con i fatti storici.

Nella vecchia Hyccara, a partire dal II e III sec., i proto-cristiani iniziarono a scavare le catacombe. Nel tempo divennero - oltre a inumare i corpi - veri e propri centri di culto e preghiera. Inizia così la nostra personale visita in una vasta area di circa… metri quadrati.

Gli attenti lettori potrebbero divagare sull’esatta (e validità) misura. I dati, spesso in contrasto con le fonti, attestano veridicità poco attendibili.

Si passa dai mille metri quadrati fino ai 5000 citati dagli archeologi. Inoltre, nel tempo, ulteriori scavi hanno rimescolato le carte in tavola. Tutto ebbe inizio grazie all’archeologo Antonino Salinas (scoprì una parte dell’area - tagliata nel Seicento da una cava) e riportato, a firma del barone Giuseppe Starrabba, in una giornata estiva, precisamente il 13 agosto 1899.

Ebbe a scrivere dell’importante scoperta fatta. Il monito lanciato non fu accolto, anzi per decenni rimase incustodito. La zona fu preda di allevatori e utilizzata come laboratorio per la produzione di cannamela e l’area venne fortificata con muri e cancelli per evitare l’intrusione di pirati. Gli anni di degrado hanno cancellato, purtroppo, tante testimonianze, mentre altre sono state recuperate. Entra in gioco lo spirito d’osservazione, arma segreta da non sottovalutare.

Nel frattempo, tra passi incoraggianti e tintinni provenienti dall’esterno, i cunicoli ipogei raffigurano intere scene di vita quotidiana. Oltre agli arcosoli e loculi, gli affreschi neo e vetero testamentari mettono a dura prova la nostra lucidità non sempre perfetta. La tradizione romana è un piatto da gustare lentamente, perché tra i più antichi dell’isola.

Cogliamo al volo l’occasione, qui si fa la storia. La struttura ad ambulacro permette di osservare con attenzione i due ordini sovrapposti. E la presenza di due grandi lucernari (uno a nord e l’altro a sud) permetteva di garantire luce e areazione. Entriamo nel vivo delle raffigurazioni.

Testimonianze di scene dell’Antico e Nuovo Testamento inducono a spunti di riflessioni. L’influenza religiosa era forte, indottrinata come stile di vita. Un chiaro esempio di ri-utilizzo in diverse fasi è l'arcosolio presente all’incrocio tra le gallerie VII - X e VIII - IX. Potrebbero esserci state due fasi decorative (originaria e successiva).

L’ambiente vacilla tra vita terrena e ultraterrena, dove il Paradiso rappresenta l’inizio di una nuova fase. Altri arcosoli degni di nota sono: l’X-10.9 che raffigura i Re Magi e l’X-10.A4 che raffigura una bambina defunta in expansis manibus (con le mani alzate o tese). Gli obiettivi da raggiungere sono tanti altri.

Grazie al sostegno della Soprintendenza e la Pontificia Commissione di Archeologia Sacra (oltre all’Associazione ArcheOfficina), è stato creato il MAT, cioè un piccolo Antiquarium. Sarà possibile immergersi, con realtà aumentata, nell’esplorazione virtuale di una catacomba e approfondire i riti funebri e le iconografie (oltre ai reperti presenti e provenienti dalle aree archeologiche). Un modo per entrare in contatto diretto con il passato. Un “grande” tesoro siciliano da preservare e conservare.
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