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Chi fu il Gandhi della Sicilia: simbolo della nonviolenza ed "educatore della domanda"

Personalità forti, dal carattere deciso e determinato sono molto rare, ma ogni generazione può cambiare le cose e lottare affinché i diritti vengano rispettati

Viviana Ragusa
Graphic designer
  • 2 settembre 2023

Danilo Dolci

Osservare con occhio critico ciò che ci circonda per coglierne tutte le ingiustizie e le contraddizioni richiede tanto coraggio e tanta determinazione. Ed è ancora più difficile andare oltre la sola osservazione per compiere un passo in più: reagire.

Eleanor Roosevelt, Thomas Jefferson e Gandhi sono solo alcune delle personalità più famose nella storia dell’umanità.

Questi nomi rappresentano uomini e donne che hanno deciso di prendere in mano la situazione e cambiare le sorti della popolazione a cui appartenevano.

Gandhi non è soltanto il nome del politico e filosofo indiano simbolo della resistenza all’oppressione tramite la nonviolenza, ma è anche il soprannome che è stato dato a un attivista vissuto in Sicilia per molto tempo.

Danilo Dolci ha dedicato tutta la sua vita alla ricerca di nuovi strumenti per combattere la fame endemica, l’analfabetismo, la mafia e la disoccupazione.

A differenza di molti altri, il sociologo italiano non aveva la presunzione di conoscere la verità e non impartiva lezioni utilizzando luoghi comuni o frasi banali, ma era una sorta di "educatore della domanda"’.
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Durante le riunioni o altri eventi simili, Danilo Dolci incoraggiava i presenti alla riflessione.

Secondo l’attivista, solo ponendosi degli interrogativi si poteva andare oltre le proprie conoscenze, esplorare il mondo e utilizzare i propri ideali per raggiungere obiettivi concreti.

Non sorprende il fatto che Danilo Dolci fosse anche un abile educatore, se si pensa che era dotato di un’instancabile curiosità già da bambino.

Nato a Sesana nel 1924, l’attivista visse in diverse città per ampliare sempre di più il suo bagaglio culturale. Nel 1952 avvenne il trasferimento in Sicilia, precisamente a Trappeto, dove iniziò il lungo percorso di lotta contro le disparità sociali, di denuncia nei confronti di uno Stato ‘’assente’’ e di impegno per l’affermazione dei diritti umani e civili fondamentali.

La protesta più celebre ebbe luogo nello stesso anno del suo arrivo in provincia di Palermo. In quel periodo la denutrizione era un problema estremamente diffuso, soprattutto tra i più piccoli.

Per questo motivo, Danilo Dolci decise di digiunare sul letto di Benedetto Barretta, un bambino morto a Trappeto a causa della denutrizione. La protesta prevedeva che, nel caso in cui l’attivista fosse morto di fame, qualcuno l’avrebbe sostituito finché le istituzioni non avessero agito per risolvere il problema della fame endemica.

La questione ebbe grande risonanza, soprattutto grazie alla stampa, e la protesta terminò con l’impegno, da parte delle autorità, di procedere alla costruzione di un impianto fognario. Una delle proteste successive riguardò i pescatori di frodo.

Nel 1956, circa un migliaio di cittadini mise in atto uno sciopero della fame collettivo a San Cataldo. Questa volta la protesta cessò in breve tempo, perché le autorità dichiararono illegale il digiuno pubblico. Tuttavia, nello stesso anno, Danilo Dolci portò avanti un’altra contestazione, che viene spesso ricordata come ‘sciopero alla rovescia’.

Il 30 gennaio, quasi 100 uomini iniziarono a lavorare a Partinico presso una strada comunale in stato di abbandono. La protesta pacifica era stata organizzata per fare luce sul fenomeno della disoccupazione in Sicilia.

A seguito dello ‘’sciopero alla rovescia’’, Danilo Dolci fu arrestato con diverse accuse, come resistenza a pubblico ufficiale, invasione di territorio e istigazione alla disobbedienza. In questa occasione l’attivista poté contare sulla presenza di diverse personalità rilevanti che comparirono come testimoni della difesa.

Nel lungo elenco compaiono nomi come Elio Vittorini, Renato Guttuso, Alberto Moravia e Carlo Levi, oltre alla presenza di Piero Calamandrei tra gli avvocati difensori.

L’arresto non incise minimamente sulla volontà di Danilo Dolci di perseguire i suoi obiettivi, infatti nel 1970 effettuò la prima trasmissione radiofonica italiana contro il monopolio della RAI. In un pomeriggio di marzo, l’attivista lanciò un appello per denunciare nuovamente l’assenza dello Stato.

Il messaggio intendeva comunicare l’esigenza di interventi pubblici in seguito al terribile terremoto che colpì la Sicilia qualche anno prima. Anche in questo caso, la protesta ebbe vita breve, infatti le autorità bloccarono le attività dell’emittente radiofonica e sequestrano le attrezzature poco più di 24 ore dopo la trasmissione.

Negli anni successivi Danilo Dolci portò avanti con grande determinazione anche la lotta contro la mafia, denunciandone i rapporti con la politica. A tal proposito, nel 1967 ebbe luogo la "Marcia della protesta e della speranza", alla quale prese parte anche Peppino Impastato (che all’epoca aveva soltanto 19 anni).

Tutte le attività portate avanti da Danilo Dolci incentivarono la stima e l’ammirazione nei suoi confronti da parte di politici, filosofi, attivisti e gente comune. Infatti, la lista di riconoscimenti racchiude premi come il Premio Lenin per la Pace, il Premio Viareggio, il Premio Socrate di Stoccolma e la laurea honoris causa in pedagogia conferita dall’Università di Berna.

Come tutti gli attivisti, insieme alla stima da parte dei sostenitori, Danilo Dolci ebbe a che fare anche con i suoi oppositori.

La storia è piena di episodi in cui chi ha avuto l’audacia di esporsi per cercare di cambiare le cose ha sperimentato molto presto anche l’amarezza e la frustrazione, constatando la presenza massiccia di chi, per paura o per cattiveria, vuole che la situazione rimanga invariata.

Personalità forti e determinate come Danilo Dolci sono molto rare, ma ogni generazione può cambiare le cose e lottare affinché i diritti vengano rispettati.
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