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Cresciuto alla Fonderia tra storie e "magie": Gaetano Basile e quel suo modo unico di raccontare

Gaetano Basile, per i palermitani, ma non solo, è un po' il depositario di storia e storie siciliane ma, soprattutto, il narratore per eccellenza delle stesse. Ecco come vi è arrivato

  • 17 maggio 2021

Gaetano Basile (Foto di Carmela Rizzuti)

«Scrivere mi piace da morire, mi aiuta a coltivare l'esercizio della memoria e mi rilassa dalle tensioni».

Gaetano Basile, per i palermitani, ma non solo, è un po' il depositario di storia e storie siciliane ma, soprattutto, il narratore per eccellenza delle stesse. «Prendo continuamente appunti, su pezzi di carta che poi, come fosse una cassetta della posta, metto in un comò che ho qui a casa; quando poi tiro fuori questi pizzini ho dei libri già belli e pronti».

Gaetano Basile - come ci ha raccontato in una lunga e coinvolgente chiacchierata - arriva per caso alla scrittura (che poi il caso non esiste) perché il suo futuro era già segnato dalla nascita e sarebbe stato all'interno della fonderia di famiglia.

«Mio nonno, di cui porto il nome, era proprietario della Fonderia Basile, attiva per circa 200 anni, e come da tradizione il primo figlio maschio avrebbe preso il testimone dal padre. Fu così che già all'età di cinque anni frequentavo la fonderia, vedendo in mio nonno, che era cugino di Ernesto Basile e che di storie ne sapeva tante, le potenzialità di un mago.
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Ricordo come fosse ieri che, con passaggi che scoprii solo da adulto e che attingevano alla chimica e non alla magia, smorzava gli scintillii della ghisa liquida che si riversava come una cascata incandescente nel crogiolo, subito dopo la fusione.

Per farla breve all'età di sette anni, mio padre e mio nonno, mi fecero l'esame di famiglia per capire se fossi stato in grado di prendere le redini dell'impresa. Il loro responso finale fu: "buonicieddu come primo lavoro". Io ci rimasi male ma un anziano impiegato della fonderia mi disse che andava bene così, altrimenti mi sarei "fottuto la testa"».

Basile, che tutti conosciamo più come scrittore oggi, non prese mai il comando della fonderia: a 16 anni morì suo padre e la madre decise di investire la quota di proprietà in beni immobili così da mantenere, e far studiare, i figli.

Primo di quattro figli, Gaetano frequenta il Convitto Nazionale a Palermo, poi il liceo classico Umberto I e si laurea in Scienze Politiche. Seguono dei mesi di specializzazione a Parigi, dove segue dei corsi di marketing e comunicazione fino al concorso alla Finsider (Società Finanziaria Siderurgica dello Stato) per una borsa di studio.

«Ci andai senza nessuna volontà di partecipare e contavo di non essere preso; ricordo che eravamo 2002 selezionati per 12 borse di studio. Durante il colloquio feci di tutto per farmi cacciare e invece arrivai primo e cominciai la mia carriera ai soli 23 anni. Girai, per lavoro, diverse sedi tra Milano, Brescia, Bergamo e Napoli, dove rimasi per 12 anni e dove cominciai a scrivere per Il Mattino.

Dopo Napoli decisi di licenziarmi e tornai in Sicilia, dove continuai a scrivere per La Sicilia di Catania; per circa un decennio mi occupai dell'ufficio stampa dell’Ippodromo e da lì si aprì il filone della Tv. Mi chiamarono per scrivere i testi del programma Opinion Leader, al momento poi, dopo giorni di casting, di scegliere una ragazza che li leggesse, non soddisfatti e non concordi su una persona in particolare, mi guardarono e mi dissero: leggili tu i testi».

L'esperienza davanti la telecamera viene da subito molto apprezzata e seguono altre trasmissioni, sempre su canali regionali, da Trotter (su Tele Rent) a Belli freschi, fino a Babalà, negli anni '90. «Questo programma nasceva sulla scia di Opinion Leader ma approfondiva temi più legati alla cultura, come i monumenti, l'arte e la cucina siciliana».

Con la nascita delle Tv nazionali private, le piccole realtà regionali cominciarono a perdere gli sponsor e, in breve tempo, molte di queste trasmissioni chiusero i battenti.

Inizia così il grande filone della scrittura "ufficiale" di Gaetano Basile.

«Il primo contratto, che poi saltò, fu con la Sellerio Editore. Portai degli scritti che ritenevo validi e dopo alcuni giorni mi richiamarono per farmi una proposta, a mio avviso, irrisoria. Me ne andai subito e, in breve tempo, fui contattato da Marisa Flaccovio. Da allora è la casa editrice che cura i miei libri.

Cominciai a scrivere su Palermo, ironizzando sulla "Palermo felicissima" di Nino Basile e in brevissimo tempi tutti cominciarono a scrivere sulla città. Decisi allora di cambiare tema e approfondirne altri non affrontati, tra questi quello delle tonnare e del tonno.

A questo libro, "Tonnare (indietro nel tempo)", mi lega un aneddoto che mi commuove sempre. Seguendo i dettami lasciati da Umberto Eco, ho sempre evitato di inserire una prefazione nei miei libri (lui diceva tra le altre cose che porta male allo scrittore e chi la fa). Questo è l'unico mio libro che invece la contiene.

Quando abbozzai le pagine lo feci leggere al mio amico Sebastiano Tusa che, entusiasta, si offrì lui stesso di scriverne la prefazione. Non ho saputo dirgli di no. Il libro non ebbe grande successo e lui sappiamo come perse la vita. Ogni volta mi commuovo a questo ricordo».

Tante le pubblicazioni che Basile ha realizzato nei decenni anche come collaboratore della Regione Siciliana, per la quale ha realizzato diverse monografie, tradotte in tante lingue, che hanno portato la cultura siciliana in ogni angolo del mondo. Tra queste la monografia su Federico II (un ciclo di pubblicazioni su i castelli, i cavalli e la cucina dell'epoca).

«Dopo la prima esperienza con gli scritti su Palermo, cerco di pubblicare testi che non possano essere imitati, esempio ne è il mio libro sullo street food palermitano. Ho scritto di storia, aneddoti, ricette, valori nutrizionali, e persino quali bevande abbinarci. Non c'è altro da aggiungere e infatti non sono stati pubblicati volumi simili».

È di certo un piacere leggere i libri di Basile ma è ancor più piacevole ascoltarlo raccontare il frutto delle sue ricerche e dei suoi approfondimenti.

«L'esperienza alla Finsider mi ha insegnato, anzi posso dire addestrato, a parlare in pubblico, coinvolgendolo. Tra i docenti c’era un americano che idolatrava Ruggero Orlando, storico giornalista palermitano inviato a New York, considerato dagli americani il più grande comunicatore di sempre.

Mi insegnarono a rivolgermi a tutti, guardando negli occhi, a parlare non solo con le parole ma con tutto il corpo. E quindi a sorridere, a gesticolare anche, perché per noi siciliani è strumento espressivo unico, e a salutare con le mani. Devo ringraziare quegli insegnanti se, ancora, oggi il mio modo di raccontare coinvolge il pubblico».
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