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Da liutaio a ristoratore, da Boston a Vulcano: un "lupo di mare" appassionato di arte e cibo

Franco Marino detto Luthier si appassiona al mestiere di liutaio “a pizzico” come un bambino con il suo primo giocattolo e potenzia da autodidatta su libri internazionali questo suo ardore

  • 1 aprile 2022

Franco Marino e una chitarra di sua produzione

Ha costruito la sua prima chitarra di getto quando suo figlio adolescente ha scoperto l'orecchio musicale ed stato iscritto al Conservatorio “A. Corelli” di Messina. Il papà in questione, da negoziante di articoli da pesca, si trasforma in uno dei rari liutai rimasti nel Meridione d’Italia, spinto dal talento del suo “pargolo” Andrea, a quell’epoca nel 2004, appena undicenne.

Lo specialista del “legno in musica” è Franco Marino detto Luthier che si appassiona al mestiere di liutaio “a pizzico” come un bambino con il suo primo giocattolo e potenzia da autodidatta su libri internazionali questo suo ardore, fino a custodire ad oggi quasi un ventennio di inclinazione verso la manualità, perseveranza e quello smalto tipico di chi deve adoperare arnesi, intagliare e modellare strumenti musicali come opere d’arte. Il Maestro ha realizzato 158 chitarre in una carriera variegata da altre professioni: ha terminato l’ultima qualche giorno fa, a prescindere dalla commercializzazione anche perché capita che si costruisca senza richieste particolari.
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Lo scorcio di arte e cultura ci fa calare nella narrazione delle immense dinastie di liutai che abbracciano dal XV al XVIII secolo: Amati e Guarneri nel cremonese fino ad Antonio Stradivari. Nella modernità: su trecento botteghe che evocano la “bravura stellata” del Belpaese, il 50 per cento si incardina a Cremona.

«L’acquisto dal liutaio deve essere effettuato dal vivo e può estendersi dallo studente maturo, magari del quinto anno del Conservatorio al concertista importante che va in tournée – racconta amabilmente Marino -. La chitarra si testa per capirne il suono, non può essere saggiata da internet con l’e-commerce. Comunque, il prodotto è prettamente da musicista rodato.

L’ultimo venduto ad un allievo risale ad ottobre 2021. Uno dei più famosi strumentisti di ‘Finger Style’ che si chiama Peter Jansen si esibisce con una mia chitarra venduta a Boston e anche il nostro stimatissimo Maestro Nicola Oteri del Corelli ne possiede una fatta con la mia tecnica».

Grazie alla “Guitar Foundation of America” o “Gfa”, che è un’organizzazione no profit di chitarra classica attiva dal 1973, Marino è stato scelto e giudicato nel 2018, a Louisville, come tra i 10 migliori liutai del mondo.

Il riconoscimento è uno dei più prestigiosi, annuale ed itinerante negli States. Ma come scocca la selezione? Di fondo, si tratta di un’abilità estremamente stupefacente che persino in America non può passare inosservata. Franco si è rivelato eclettico nell’arco dei suoi 60 anni di età, tanto che da liutaio a Messina con una bottega vicino al Teatro Vittorio Emanuele II, si è spostato a Boston avviando sì un laboratorio gemello ma con il doppio ruolo di ristoratore, insieme a sua moglie che è venuta a mancare la scorsa estate.

Ed è per questo che Marino abbandona quella sede condivisa da coniuge, come all’andata aveva chiuso la bottega di liuteria e rincasa a giugno 2021 nella Città dello Stretto.

L’artista del legno organizza una nuova officina artigiana nella zona nord, si sistemerà meglio a settembre ma lavora come sempre con l’abete che è il più pregiato (la chitarra sorge da questo nel XV secolo) e il cedro che è stato impiegato dopo, negli anni ’50: con entrambi si forgiano i top dello strumento e si sprigionano piccole differenze in base al repertorio. L’abete conferisce un timbro più ricco di armonici, molto più brillante, ha un attacco maggiore ovvero una velocità maggiore di emissione del suono. Il cedro, invece, emette un suono più profondo, più lento, più caldo. Marino opera con le mostre (l’ultima a Louisville prima del Covid - 19), laddove in genere porta due esemplari e chi gradisce può provare lo strumento.

In queste situazioni, si ha a che fare con giornalisti settoriali e diverse interviste finiscono in riviste specializzate, come nel caso della testata trimestrale “Seicorde” che ha inserito il Maestro tra i liutai più in voga nella nazione. Franco evita di accettare le commissioni perché è un appiglio per tirare sul prezzo. Interpreta il legno a suo modo con la tecnica classica e abolisce materiali evoluti quali i carboni e la resina.

Un lavoro di costruzione di chitarra dura in media 160-180 ore ma dipende dai fregi e disegni che si adottano, in totale una ventina – trentina di giorni. «Se si lavora a serie ovvero se iniziano più costruzioni, in un mese si riesce a farne anche quattro – sostiene Marino -. Una chitarra non sarà mai uguale ad un’altra. Per i miei abbellimenti del legno, si può tranquillamente registrare l’unicità della mia rosetta bella e impegnativa nella cosiddetta buca della chitarra, definita da qualcuno unica al mondo».

L’opportunità di trasloco a Boston gli piove addosso nel 2014, attraverso la sorella della consorte che ha dovuto cedere il suo locale di cucina per lo più italiana e pizzeria; così, questa attività viene acquisita dai suoi parenti messinesi e cambia la vita di Franco. I cuochi erano due: l’italo-americano Salvatore che preparava un menù appartenente alla tradizione dello Stivale e il guatemalese, che era l’aiuto chef, forse indovinava di più l’esecuzione delle ricette italiane. Per quel che riguarda il lato pizzeria, invece, c’era il professionista napoletano Tony, ereditato dalla precedente proprietaria per 2-3 anni, poi sostituito dal giovanissimo Emanuele, il figlio minore di Franco che oggi ha 26 anni e ha imparato questo mestiere anche con una certa attitudine, affiancato un po’ dal padre.

Emanuele si trova a Boston e fa da pendolare (se così si può pensare da e per gli Stati Uniti) perché ha lì una compagna, sua coetanea e di origine peloritana, che insegna già da tre anni e si sta specializzando per tenere lezioni anche all’Università. Al momento, il ragazzo soggiornerà lì per un bimestre per ottenere la cittadinanza straniera. Potrebbe intercettare un impiego anche in uffici pubblici ma desidera la sua Isola.

«Il 70 per cento dell’attività funzionava con l’asporto - avverte l’imprenditore –. In America, c’è questo tipo di esigenza di vita sia per ristorante che pizzeria». Marino senior era un po’ il “tuttofare della circostanza”, specialmente il venerdì e il sabato, quando c’era più affluenza di clienti, impastava le pizze e cucinava qualche pietanza in padella e supportava nella preparazione ma non è mai stato uno chef.

Il piatto che lo faceva impazzire e che era gettonato: le farfalline alla “lobster” (tradotto all’astice) che gli riuscivano bene e Boston era il luogo dove pescarne in quantità. Il menù comprendeva la pasta con le vongole, pasta con il tonno, la matriciana, la carbonara e l’impepata di cozze; ogni tanto, Franco rinfrescava la ricetta della pasta ‘ncaciata o al forno ma “agli americani - commenta – questa tipologia di ripieno non piace”.

Non si poteva osare sulla gastronomia siciliana perché la materia prima era un po’ lontana. Marino non si arrende all’idea che la Sicilia abbia necessità di investitori con voglia di fare e, visto che anche il campo della cucina nostrana sta progredendo, vuole lasciare qualcosa ai suoi figli riaprendo l’attività di ristorazione già esistente - “Ciaula” a Vulcano, una delle scintillanti Isole Eolie.

In questo progetto che dovrà spiegare le vele prima dell’estate, è in sinergia con il nipote Lillo che ha esperienza di settore ultradecennale, avendo anche un lido balneare che svolge servizi di ristorante e pizzeria sulla riviera nord. Il Maestro Franco vorrebbe ampliare il ventaglio dell’offerta allestendo punti di noleggio gommoni e case vacanza in affitto, magari con la conduzione di un bar.

Dagli studi di Ragioneria alle scuole superiori, Marino ha certamente saputo diversificarsi anche nei passatempo: la vela sia di deriva sia d’altura e vari sport marinari sono nelle sue corde come lo sci d’acqua senza darsi all’agonismo. D’altronde, ha fatto della nautica anche una fonte di guadagno nel suo passato.

Con un ulteriore balzo nei trascorsi del nostro protagonista, la moglie si era trasferita nella metropoli Boston con la famiglia, quando aveva due anni ed era rientrata a 17 per ragioni di lavoro del padre. In quel periodo, il suo futuro marito 21enne decideva di aspettare la sua tappa dei 30 anni prima di sposarla. Franco si è dedicato, dai 25 a 32 anni, alla vendita degli articoli da pesca ma contemporaneamente ha coltivato l’interesse per la nautica, trattando il noleggio di imbarcazioni per conto della società, con sede nel borgo Ganzirri, di Lo Miglio - “Marina Sport” che ora non c’è più. Insieme ad un socio, crea e gestisce la “BM Fishing”, fino ai 38 anni, un’attività all’ingrosso sempre per la pesca fornendo ben 300 negozi in tutta Italia.

Il suo percorso è un po’ frastagliato ma in assoluto stimolante. Parallelamente, riprende il suo input di lupo di mare noleggiando charter come mediatore per una compagnia della località Portorosa e come capobase della società “Sail Italia” di Napoli. Chissà se il suo prodigarsi per un turismo moderno non tenga il passo con i mestieri antichi come il pescaturismo e non frapponga qua e là una bottega di liutaio anche nell’Arcipelago Eoliano.
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