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Dopo 40 anni è (finalmente) completo: il terrazzo magico, "un sogno fatto in Sicilia"

Ce ne parla l’ideatore visionario che ha iniziato a costruirlo negli anni Ottanta e annuncia che il progetto continua. Nell'area "sorgeranno presto altre opere"

Livio Cavaleri
Redattore editoriale
  • 15 aprile 2023

Teatro di Andromeda (Santo Stefano di Quisquina - Agrigento)

«Un’opera si considera finita quando la visione del suo autore si materializza nelle forme e nei contenuti ricercati». Lo scorso marzo, «allo scoccare di sessantatré primavere», il Teatro Andromeda è stato completato.

Lorenzo Reina, pastore e artista, commenta così l’evoluzione della sua opera, iniziata negli anni Ottanta su di un’altura nei monti sicani, a Santo Stefano Quisquina, Agrigento.

Nel rispondere a un paio di domande, via email, perché il suo telefono non ha copertura di rete, l’autore ricorda l’origine del teatro, che definisce «un sogno fatto in Sicilia» (come il sottotitolo del Candido di Leonardo Sciascia): «Quando ho iniziato a costruirlo, ero un giovane servo pastore, povero e senza mezzi e mi sono servito delle rozze pietre trovate sul posto».

Negli anni la struttura si è sviluppata e, con l’aumento dei visitatori, è diventata un’attrazione turistica a pagamento.
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«L’afflusso degli ultimi due anni è stato tale da potermi consentire la messa in sicurezza delle rozze pietre in una nuova architettura geometricamente cristallina, formata da blocchi di calcarenite pesanti due tonnellate».

Sui significati dell’opera, vecchi e nuovi, il pastore-artista spende poche parole. Si limita a scrivere che «il viaggio spirituale fuori e dentro il teatro non è mutato, piuttosto si è precisato e amplificato con nuovi richiami simbolici»; e cita l’architetto Marcello Panzarella, secondo il quale il teatro è «sempre diverso, sempre uguale».

Il Teatro Andromeda è rivolto verso l’orizzonte. La sua scena è composta da trecentosessantacinque tasselli. I centootto posti a sedere del teatro, come in molti sanno, ricalcano la posizione della costellazione omonima. L’artista guardava forse al cielo quando progettava la sua opera, e all’infinito dietro di esso.

È un luogo di contemplazione, dove vige la regola del silenzio. Ma non è un uomo religioso, Reina, e della religione pare non aver bisogno.

«Spiritualità e religione non sono per me sinonimi né [termini] complementari» dichiara per iscritto «la spiritualità libera; la religione, come dice l’etimo stesso, “religa”, lega, imprigiona [per Treccani, più che una discendenza etimologica, c’è un’affinità tra le parole religione e religare, “legare” in latino].

Ognuno deve saper riconoscere la voce della propria anima e darle senso e spazio».

Il cantiere Andromeda, conclude Reina, non è terminato: «Lungo il Viale degli spiriti liberi» cioè lungo il sentiero che conduce alla creazione architettonica, anticipa «sorgeranno presto altre opere che accompagneranno i visitatori fino al teatro».
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