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È la quarta di cinque figli e fa il pastore dall'età di 9 anni: Angela, la poesia e la sua Corleone

Fino a quando non fu evidente che era una ragazza, per i "Viddani" Angela era un maschio. Moglie e mamma, la sua determinazione l'ha portata lontano. La sua storia

Susanna La Valle
Storica, insegnante e gosthwriter
  • 17 agosto 2021

Angela

Angela scrive versi in siciliano, senza aver studiato la metrica la applica alla perfezione, le parole scivolano donando forza e musicalità alle sue poesie. È una capacità nata quando il mondo si è fermato, chiusa in casa, voleva esprimere rabbia nel veder descritto il suo paese come un posto di miseria, fame e malattia.

Quei versi invece si sono trasformati in sentimenti densi d’amore per la sua gente e la sua terra. Angela con la sua pubblicazione "Corleone emozioni in versi siciliani" ha onorato il paese "dal cuor di leone", lo stesso che ha lei, pastore dall'età di nove anni.

Angela è nata nel 1983 quarta di cinque figli, non aspettata, la mamma dice «hai fatto tutta da sola per resistere e nascere, di te mi sono curata poco.» Aveva 9 anni quando il padre chiese a lei e al fratello poco più grande di controllare il gregge da soli, lui era impegnato con la Forestale. Così lei e il fratello ogni giorno raggiungevano a piedi il pascolo, se faceva caldo, camminavano lungo la galleria ignorando il pericolo che correvano.
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E di pericoli ce ne dovevano essere tanti, mi racconta che seduti sulle pietre, volgevano lo sguardo ovunque, pronti a intervenire se c'era del fuoco, un animale, qualcuno, o se le pecore sconfinavano in altri terreni. L’apertura del “sacconeddu”, la borsa preparata dalla mamma con tante cose buone, era un momento di riposo, sempre vicino a

Lei la pecora che chiamava “Addicatedda” le faceva compagnia, seguendola ovunque. Angela le offriva parte delle sue leccornie. A sera con l'arrivo del padre, la tensione dei due bambini si scioglieva in un abbraccio liberatorio. Inserita in un mondo maschile, si occupava degli animali, governava il gregge, andava a cavallo, si era persino tagliata i capelli corti per non avere impedimenti nel lavoro.

Fino a quando non fu evidente che era una ragazza, per i "Viddani" era un maschio.

Il padre stesso alla domanda di quanti figli maschi avesse rispondeva “du masculi, Salvatore e Angelo”. Per anni fu Angelo per conoscenti e confinanti. Con una punta di orgoglio mi dice «tuttora mio padre mi chiama così, a tavola il mio posto è accanto a lui. Finita, la cena mi dice: Angelu bivemmo. Condividiamo la complicità di bere insieme un bicchieretto di vino ”

Questo coraggio sarà messo a dura prova quando a 17 anni fu disarcionata dal cavallo, riportando la frattura del collo. Rialzatasi cercando di aiutare il cavallo si accorse che non era più in grado di governare la testa. Quelle nove lunghe ore di operazione, in cui le speranze non erano molte di rivederla in piedi , le lasciarono una lunga convalescenza non sola fisica, ma anche emotiva.

Angela aveva scoperto la paura, condizione devastante che avrebbe potuto condizionare la sua passione per la campagna. Lavorando su questo nuovo stato, ha capito che il coraggio non risiede nell’assenza della paura ma nel saperci convivere e superare.

Moglie, mamma, con tanti impegni, ha sempre guardato come esempio la nonna: “Idda è la sustanza ri tutti li cosi” recita una sua poesia, dove parla della donna siciliana. La nonna è stata per lei l’incarnazione della donna di sostanza, l’atavico femmineo provato da dolori e avversità , dove le lacrime possono finire a forza di essere versate, senza mai ledere fierezza e coraggio.

Consapevole della fama del posto dove vive, non ama parlarne, come avrebbe voluto qualcuno che invitandola a Firenze per presentare il suo libro, in realtà voleva solo che parlasse di mafia. Lei invece rivendica le tradizioni che parlano di rispetto, famiglia, sostegno, dignità. Parole che costituiscono un clan, termine che può essere distorto se associato a Corleone, ma che in realtà identifica i legami di appartenenza in un ambiente rurale, comune a tutti i paesi del mondo.

Astenersi da un giudizio sul suo paese, è difficile, se ne rende conto, ma quanto è più difficile, tanto lei con determinazione lo combatte.

La sua determinazione l'ha portata, nonostante la famiglia non fosse d’accordo, a iscriversi alla scuola serale prima e poi alla diurna, aveva bisogno di strumenti fatti di competenza e conoscenza, necessari per affrontare il mondo. Sentiva delle difficoltà: «Ero sperta con le amiche, ma mi sentivo babba con le persone istruite».

Quest'anno affronterà gli esami, e sebbene sia una delle prime della classe, mi dice che non ha alcun interesse a superare i compagni, lei vuole superare i suoi limiti. Corleone è il suo mondo e come molti poeti l'ha personificato: è un fratello, un amico che difende e ama, mi dice “lui viene prima da me”. In questo reciproco amore fatto di sentimenti densi, sente che il paese contraccambia accarezzendola con il vento che le scompiglia i capelli, quando seduta tra le sterpaglie scorge l’agnellino che ha aiutato a nascere, oppure mostrandole ogni volta angoli e panorami nuovi , o quando da lontano la chiama con il suono delle campane delle sue chiese.

Chiedo ad Angela come si manifesta questa ispirazione, mi risponde che è una voce che arriva di notte. Lei si abbandona a questa musa e per non perdere le parole, le scrive sul cellulare, è un contatto che si esaurisce nel giro di qualche minuto. Felice di commuovere gli adulti, che spesso vengono a Corleone per conoscerla, vorrebbe però arrivare ai giovani, consapevole che storia, tradizioni e valori andranno perduti insieme al dialetto. La scuola, aggiunge, dovrebbe fare di più, salvaguardando la cultura di un popolo.

Le chiedo un'ultima cosa: chi è Angela? Mi risponde con la sua bella e limpida voce: “Sono un coperchio per tutto e tutti”, cerca di rendere più buona la vita, come un coperchio fa con la pietanza che cuoce; evita che i cattivi pensieri come i cattivi odori, possano essere sparsi nella casa, contribuisce a conservare i sapori e i valori autentici della vita.
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