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Elcethium, un pezzo di storia (importante) della Sicilia: dov'è la necropoli abbandonata

Nel mezzo di un luogo trasandato, vivacizzato dalla presenza di pochi magaggiari e qualche roccia, ci si può imbattere in questi luoghi, testimoni di un tempo antico

Salvatore Di Chiara
Ragioniere e appassionato di storia
  • 13 ottobre 2022

Il sito archeologico di Lu Ceuzu (foto di Salvatore Di Chiara)

Storia, archeologia, ricerca e ambiente sono quattro elementi di grande importanza della nostra regione. Ogni angolo di questo paradiso nasconde un percorso che merita il suo studio approfondito.

Nel mezzo di un luogo abbandonato, trasandato dalla stessa incapacità umana e vivacizzato dalla presenza di pochi magaggiari e qualche roccia superstite, è possibile imbattersi nel sito archeologico di Lu Ceuzo o di contrada Antalbo - Celso in territorio mazarese.

Nel corso degli anni, specie quelli passati, alcuni studiosi illustri o meno hanno cercato di approfondire oltre all’esistenza del sito, anche il periodo storico di riferimento e alcune tematiche legate all’importanza rivestita. Sin dal XVII secolo, lo storico tedesco Filippo Cluverio aveva teorizzato che l’attuale città di Castelvetrano fosse sorta in quella contrada e prendesse il nome di Elcethium.

Una tesi sostenuta con poco calore, un ardore quasi pessimista. Lo stesso Cluverio scrisse al riguardo “inter Mazaram opidum et Belicem amnem opidum vulgari vocabulo Castro Veterano id nescio an non sit vetus illud Eltcethium mcm ipso nomine antiquitatem suam profitetur”.
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Una logica non percorribile. Scartata l’ipotesi castelvetranese, sono stati approfonditi altri studi. Nel 1872 avvennero i primi scavi nel luogo e, furono scoperti una figurina di un forno a vasaio e un pavimento a mosaico.

Susseguirono altri rinvenimenti nel 1941 durante alcuni lavori agricoli. Furono trovate una decina di tombe allineate interessanti a pochi metri di profondità.

Oltre alla piccola necropoli citata, all’interno giacevano i resti ossei di alcuni adulti e la presenza di un corredo funerario composto da vari cerchietti di bronzo, oggetti di vetro a forma di bariletti, una collana con alcuni pezzi ambrati e delle anforette e monete riconducibili al basso impero.

L’ingente ritrovamento portò al consolidamento di un paio di tesi. Nel primo caso, scartata dagli studi del Fazello, che nel sottosuolo mazarese si trovasse un’antica città greca sostenendo l’idea dell’origine selinuntina di Mazara. Invece, la via realizzabile era quella che la colonia megarese (Selinunte) avesse creato una città (Elchetium) come conseguenza della loro espansione.

Da un lato, si presentava la città di Mazara come emporio e fortezza di Selinunte. Dall’altro, il villaggio di Elchetium come posizione strategica e da opporre alle incursioni dei nemici (specie i segestani). Creare un triangolo difensivo che assicurasse il controllo, la salvaguardia del retroterra e costituisse anche un sicuro e privilegiato rifugio nel caso in cui si fossero verificate delle aggressioni provenienti dal mare.

Dalle alture del villaggio, dal quale si dominavano i convalli circostanti e parte del territorio dove passava il fiume Delia, si presume fosse stata eretta una roccaforte. Dalle supposizioni fatte precedentemente e gli ulteriori approfondimenti portati avanti dall’appassionato - storico Filippo Napoli, si poté affermare che quella porzione di territorio fosse stata protagonista della marcia greco-sicula di Megara nel VI secolo a.C. e avrebbe condiviso l’opera, il fasto e la decadenza di Selinunte.

Rispetto alla colonia megarese, Elcethium riuscì a sopperire alla sconfitta contro i cartaginesi e consentire al popolo selinuntino superstite di rifugiarsi in quel territorio. Col passare dei decenni, in età bizantina, avvenne lo spopolamento per via della miseria e l’isolamento dal resto della Sicilia.

Il nefasto atteggiamento degli enti proposti ha causato la sparizione quasi totalitaria dell’intero sito. Una parte è stata distrutta dalla presenza delle pale eoliche installate nel tempo. La necropoli è stata ricoperta dai detriti accumulati e oggi, sono presenti "solo" due tombe gemelle incustodite, abbandonate e in totale stato di degrado.

Siamo di fronte al solito atteggiamento menefreghista, irrispettoso e irriguardoso nei confronti della storia, quella siciliana e di un periodo florido e importante dei nostri territori. Nessuno riporterà in vita il sito ma il percorso non verrà mai cancellato.
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