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Fa "magie" di farina e lievito dall'età di 17 anni: chi è Elisa, la pizzaiola delle Madonie

Ha un libro segreto con 300 ricette e fin dai primi passi nella rosticceria sperimenta dosi, tempi e maturazione dei suoi impasti. Vi raccontiamo la sua storia

Giovanna Gebbia
Esperta di turismo relazionale
  • 18 marzo 2024

Elisa Spinnuso

È uno dei mestieri più famosi e antichi in Italia che ancora non siamo abituati a vedere declinato al femminile. In questo caso, la pizzaiola di cui parliamo non è una nota e tradizionale preparazione di carne al sugo ma Elisa Spinnuso, 34 anni, nata a Palermo ma madonita Doc.

Il luogo di questa storia sono le Madonie e in particolare il piccolo borgo di Petralia Soprana, dove abbiamo incontrato Elisa, che invece è di Petralia Sottana.

Minuta, è l’antitesi dell’iconografia classica dell’immaginario collettivo del "pizzaiolo". A questo aggiungiamo una timidezza che la fa restare schiva nel suo "mondo", l'angolo di forno dove lavora e crea le sue magie di farina e lievito.

Niente di meno che la formula dell’impasto della panificazione del quale la pizza è la sua variante condita tradizionale o con ingredienti che fino a qualche decennio fa nessuno avrebbe mai messo insieme.

C’è da ammettere che la pizza non è più la stessa da tempo, oggi è protagonista del panorama gastronomico e non più una sorella minore della ristorazione. Elisa è testimonial perfetta di questa trasformazione e la sua storia parte dalla gavetta a diciassette anni, iniziando a lavorare come rosticcera (un altro mondo a parte in Sicilia quello della rosticceria che da seguito al riqualificato street food).
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«Per passione - racconta - sono stata sempre attratta della cucina in generale, ma un amore particolare è stato quello per gli impasti, che mi affascinavano. Non avevo la possibilità di farlo sul lavoro, a volte finito in laboratorio andavo a dare una mano come banconista o in cucina a lavare i piatti; nei posti piccoli a conduzione familiare funziona così, tutti fanno tutto».

E aggiunge: «Allora mi esercitavo per conto mio, sperimentando gli impasti nella cucina di casa, dove iniziavo a far conoscenza con la materia prima, la lega che si forma tra farina, acqua e lievito, unite alle ore di lievitazione e di lavoro…».

E come andava? «Beh, insomma, le prime volte non erano proprio dei capolavori, ci ho messo un po' per avere dei risultati decenti anche perché c’è differenza tra gli impasti da rosticceria e quelli della pizza, sembrano simili ma sono veramente due mondi separati.

Appena ho iniziato ad avere dimestichezza mi sono cimentata con impasti diversi, con dosi e tempi miei personali, frutto dei risultati andavano migliorando».

Quindi sei autodidatta in un certo senso. «Si lo sono ma inizialmente ho seguito le ricette degli impasti tradizionali per imparare dalla base, studiando, guardando con attenzione i maestri pizzaioli e cercando di seguirli alla lettera prima di prendere l’iniziativa personale».

Tutto questo è avvenuto in un tempo che oggi ci sembra lontanissimo, ma che per molti ha rappresentano una trasformazione: il tempo del COVID. È stato questo intervallo a darle una chance in più, un momento di stasi forzata tradotto in uno di studio, di presa di coscienza delle proprie capacità, un tempo nel quale si messa alla prova ed è venuta fuori da guscio.

Le farine sono di grano siciliano, gli ingredienti locali per restare aderente al territorio e se non sempre quello madonita, quanto meno regionale che siano i formaggi o i salumi, gli ortaggi come i condimenti che aggiunge sulle pizze.

Ci parla di tempi e ingredienti, la lievitazione che varia tra le 48 e le 72 ore, la maturazione e delle forze delle farine, ma l’ingrediente più importante è sicuramente l’amore che ci mette, da quando inizia ad impastare a quando massaggia l’impasto, quando lo lavora trasferisce li dentro tutti i suoi stati d’animo.

«Attraverso la manipolazione introduciamo anche il nostro umore e questa non è una romanticheria o una visione sentimentale, se siamo sereni e in armonia la pasta viene meglio diciamo "un impasto felice" che reagisce alla nostra condizione emotiva. Non so dare una spiegazione a questo ma è così: se sono di malumore si vede, l’impasto in qualche modo ne risente».

Per chiudere ci confida che nel suo cassetto conserva un ricettario segreto di ben 300 ricette di cui un numero non indifferente sono le sue varianti di impasti, un ricettario domestico tenuto gelosamente per lei e frutto di venti anni di sperimentazione, tenuto conto che lei ne ha soltanto trentaquattro, dove ci sono tutte le note, le chicche e le mescole.

E quando le chiediamo se ha altre passioni nel tempo libero, scopriamo che ama la pasticceria delle torte ma quelle che non ci sia aspetterebbe mai da lei: le sue preferite sono quelle "americane anglosassoni": alte, ridondanti e scenografiche, assolutamente in controtendenza con quello che fa, ma che la divertono tantissimo.
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