STORIA E TRADIZIONI
Fu tra i grandi del Rinascimento ed era palermitano: chi era il "Raffaello di Sicilia"
La storia di un artista palermitano che ha dimostrato di possedere una straordinaria sensibilità meritandosi di essere collocato tra i più grandi cinquecentisti siciliani
La croce lignea della chiesa di Termini Imerese
È una croce lignea arricchita da una preziosa cornice, dipinta nel 1484 in ambedue i lati, realizzata dall’artista palermitano Pietro Ruzzolone, considerato tra i maggiori esponenti del rinascimento siciliano e soprannominato il Raffaello di Sicilia.
A etichettarlo, per la prima volta, con questo appellativo fu il gesuita Baronio Manfredi Francesco, nella sua opera De majestate panormitana, dato alle stampe nel 1630, sostenendo che il suo pennello era così simile a quello di Raffaello Sanzio, da tenersi in egual pregio le opere del Ruzzolone e dell’Urbinate.
Allievo di Tommaso de Vigilia, della sua probabile vasta produzione di opere, purtroppo, ad oggi sono certe solo alcuni esemplari.
Il pittore viene, infatti, menzionato in una considerevole massa di documenti che lo riguardano ma, purtroppo, riferite ad opere andate perse, di certo è che operò nell’esecuzione di pale d'altare, polittici e di croci di legno.
Sempre lo stesso studioso dell’arte, nella sua opera dal titolo "Dalle Belle Arti in Sicilia – volume III", del 1862, ci fornisce ulteriori informazioni sull’artista confermando l’epiteto.
«Il divino Ainemolo e quel Pietro Ruzzolone, che ebbe l’incomparabile titolo di Raffaello siciliano, furono entrambi del corpo dei consodali di san Pietro martire in Palermo, e ne decorarono la chiesa di stupende pitture».
Tra le opere a lui attribuite segnaliamo i Santi Pietro e Paolo, e una croce dipinta, quest’ultima proveniente dalla chiesa di San Francesco di Caccamo, entrambi custoditi presso la Galleria Regionale della Sicilia di Palazzo Abatellis.
La grande croce lignea della Maggior chiesa di Termini Imerese è poggiata su architrave e quattro colonne, e si inserisce armoniosamente tra il coro ligneo, opera di Lorenzo Lodato del 1793 e le pareti dell’abside superiore dove vi sono rappresentati i dodici apostoli.
Un tempo essa era posizionata sopra un altare appositamente costruito nel centro della terza cappella della navata sinistra nella Maggior chiesa e solo nel secolo scorso, e più precisamente alla fine degli anni ’60, venne spostata nell’abside principale dell’edificio religioso.
Da un lato della Croce sono rappresentati il Gesù Cristo morto mentre sulle quattro estremità notiamo il pellicano, la Madonna, San Giovanni e la Maddalena.
Sul capo del Cristo troviamo la scritta INRI dove al di sopra vi è rappresentato il tronco di un albero in cui il serpente si attorciglia, a ricordo del peccato originale. Nel bordo superiore è collocato un pellicano, simbolo del dono che fa Gesù di sé stesso. Si ritiene che questo animale si laceri il petto per nutrire i figli del proprio sangue.
Dall’altro lato della croce si notano il Signore risorto e ai quattro estremi gli emblemi degli evangelisti adornati da nastri e scritte e in particolare: Angelo (Matteo) Liber generaccionis Iesus XRI Filii David; Leone (Marco) Initium Evangeli Iesu XRI Filii Dei; Toro (Luca) Fuit in diebb Herodis Regis Iude; Aquila (Giovanni) In principio erat Verbum.
Ai piedi del Cristo risorto, notiamo che la tomba è custodita da un soldato, mentre in prossimità del capo di Gesù, sia destra che a sinistra, si ammirano due angeli che volano, con in mano iscrizioni bibliche: Et resuresit terccia die secundum scripturas – Et ascendit in coelo sedet ad dexteram patris (sic.). Il gesuita Gioacchino Di Marzio, nella già citata opera, così ci descrive l’opera.
«Ma un solo dipinto or ne rimane, fra i tanti che andarono perduti; e questo è della sua età più giovane, e quindi reca la prima maniera del suo stile. È una gran croce di legno alta palmi 15 e larga 12, 3, d’ambo le facce dipinta a tempera con figure sopra fondo dorato, e contornata da larga cornice a fogliami di gotico acanto egualmente dorati».
Ancora più avanti, sempre nella stessa pubblicazione dedicata alla Storia dell’arte siciliana, Gioacchino Di Marzio richiamando gli studi del pittore termitano Ignazio De Michele, che nel 1859 rinvenne l’originale atto notarile di affidamento d’incarico al Ruzzolone, si legge:
«Questa è l’unica opera preziosissima, che fermamente appartiene a Pietro Ruzzolone: perché nell’archivio dei notari defunti in Termini esiste l’originale atto stipolato in notar Antonio de Michele a dì 26 aprile 1484, ove si legge: Pietro Calogero Serio arciprete della maggior chiesa di Termini, di fare dipingere un Crocifisso, come quello grande e nuovo allora esistente nella chiesa di San Giacomo alla Marina di Palermo, con quelle stesse figure, disegno, colori, dorature ed altro; e situarlo in fine, siccome era costume, sopra una trave di quella maggior Chiesa. Tutto per il prezzo di 33 onze».
Nella croce termitana è da osservare lo stile dell’artefice. Si tratta di un’opera che appartiene al primo periodo e nonostante non avesse raggiunto la piena maturità artistica, Pietro Ruzzolone, si è guadagnato l’appellativo di Raffaello di Sicilia.
La croce termitana è ammirabile per l’espressione di quei sensi divini che accolgono nel momento supremo dell’Uomo-Dio, nel sacrificio dell’esistenza individuale di lui, nei patimenti della croce, nel supplizio dello spirito e nei tormenti della morte.
Ecco perché il Ruzzolone ha sempre dimostrato di possedere una straordinaria sensibilità meritandosi di essere collocato tra i più grandi cinquecentisti siciliani nonostante le poche opere a tutt’oggi attribuitegli e pervenute.
A proposito della croce custodita alla Galleria Regionale di Palermo e proveniente da Caccamo, sempre il Di Marzio ipotizza una tesi: «È assai probabile, che avendo fatto il Ruzzolone la Croce per i Terminati ed essendo riuscita così eccellente da diffondersene pei d’intorni la fama, quei di Caccamo non abbiano in ciò voluto lasciarsi indietro, e commisero al medesimo un’altra Croce, che non men preziosa riuscì che la prima».
Per coloro che volessero approfondire l’argomento, vi segnaliamo un articolo di Maria Grazia Paolini dal titolo: "Note sulla pittura palermitana tra la fine del quattrocento e l’inizio del cinquecento", pubblicato sul Bollettino dell’arte del Ministero e delle attività culturali e del turismo di aprile - giugno del 1959 e ancora, per gli amanti del "libro antico", una pubblicazione del pittore termitano, molto abile nell’eseguire i ritratti, Ignazio De Michele, dal titolo: "Sopra un’antica croce del Duomo di Termini Imerese", del 1859.
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