ARTE E ARCHITETTURA
Fu un edificio (Liberty) "da affitto" a Palermo: il primo palazzo Utveggio di Basile
Michele Utveggio, rinomato imprenditore del settore delle costruzioni, realizza il primo di una serie di palazzi in affitto ispirati alle forme del floreale basiliano
Palazzo Utveggio a Palermo
Nel 1899 ad angolo tra le vie XX Settembre e Carducci, su progetto di Ernesto Basile, il Cavaliere Michele Utveggio, già rinomato imprenditore del settore delle costruzioni, realizza il primo di una serie di palazzi da pigione (affitto) volutamente ispirati alle forme ormai pronte a esplodere del floreale basiliano.
Quattro piani fuori terra e un piano seminterrato, copertura a falde inclinate, balconi per i piani superiori e una sorta di blocco d’attacco a terra che ne ancora l’intera volumetria alla quota di calpestio dei larghi marciapiedi.
Un’architettura di intonaco "Li Vigni", dalla resa epidermica notevolmente pregiata, altamente durabile e incline ad agevolare le specificità plastiche immaginate dal progettista in sede di intuizione progettuale.
Protagonisti del lessico floreale sono ancora i ferri battuti di ringhiere e grate mentre i tipici marker basiliani tornano ad animare le superfici dei prospetti su strada.
Demolito il cornicione che segnava originariamente il piano di imposta della copertura, l’intero perimetro è stato sopraelevato nell’immediato dopoguerra con ulteriori tre piani soprastanti, quasi a nascondere la "sottostante" firma estetica del maestro.
Preziosa testimonianza di un delicato momento di passaggio tra due secoli diversi e complicati, resta tra le prime esperienze abitative “intensive” a cui Basile diede anima veramente modernista.
Quattro piani fuori terra e un piano seminterrato, copertura a falde inclinate, balconi per i piani superiori e una sorta di blocco d’attacco a terra che ne ancora l’intera volumetria alla quota di calpestio dei larghi marciapiedi.
Un’architettura di intonaco "Li Vigni", dalla resa epidermica notevolmente pregiata, altamente durabile e incline ad agevolare le specificità plastiche immaginate dal progettista in sede di intuizione progettuale.
Protagonisti del lessico floreale sono ancora i ferri battuti di ringhiere e grate mentre i tipici marker basiliani tornano ad animare le superfici dei prospetti su strada.
Demolito il cornicione che segnava originariamente il piano di imposta della copertura, l’intero perimetro è stato sopraelevato nell’immediato dopoguerra con ulteriori tre piani soprastanti, quasi a nascondere la "sottostante" firma estetica del maestro.
Preziosa testimonianza di un delicato momento di passaggio tra due secoli diversi e complicati, resta tra le prime esperienze abitative “intensive” a cui Basile diede anima veramente modernista.
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