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Gaetano Savatteri racconta la Sicilia (nuova): dal maestro Camilleri al successo di Makari

Raccontare la Sicilia è, da sempre, il bisogno dello scrittore che ci spiega come riesce a farne il centro delle sue opere. Il suo vero tesoro, dice, sono le storie

Jana Cardinale
Giornalista
  • 28 aprile 2023

Claudio Gioè e Gaetano Savatteri

Raccontare la Sicilia, terra di fascinazione e magia, troppo spesso ammantata di pregiudizi e preconcetti, è un’arte. Occorre saperne rivelare i segreti, le storie che si nascondono agli sguardi distratti ma che sono pregne di piccola poesia, condividerne le bellezze di tutti i giorni e quelle note solo ai privilegiati più curiosi e colti.

E custodirne con memoria allenata aneddoti ed episodi riservati o divertenti, relativi a luoghi, persone e personaggi.

Significa essere portatori di un carico sempre efficace di intrigo e parole del cuore, che camminano da sole, nel tempo, arrivando molto lontano, conquistando l’attenzione di lettori e viaggiatori e, sorprendendo persino i più giovani: quei ragazzi che, spesso, legati ai doveri della scuola, trascurano lo studio e la conoscenza di un mondo che li sfiora e a cui loro appartengono.

Raccontare la Sicilia è, da sempre, il bisogno di Gaetano Savatteri, che in ogni suo libro, in ogni suo progetto, in ogni suo incontro, mette l’isola al centro del mondo, e la porta con sé in ogni suo viaggio, come se, oltre a viverci e a lavorarci, negli anni dell’adolescenza e della piena formazione professionale, ci fosse davvero nato.
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«La Sicilia è un serbatoio di storie da raccontare, che riguardano soprattutto il resto dell’Italia e del mondo, che vuole sapere – dice -. È una terra che ancora esprime fascino. Naturalmente sono cambiati i modi, rispetto agli anni ‘50 e ’60, sono cambiati i linguaggi, però è e resta l’isola del tesoro, e il tesoro sono le storie che ha da raccontare».

E il linguaggio che cambia ha una spiegazione precisa, che lo scrittore ha voluto indagare e interpretare alla sua maniera «Sì, lo riconduco ad Andrea Camilleri, che ha spalancato una nuova possibilità di raccontare la Sicilia – aggiunge - con una lingua nuova, con cui è nato anche il vigatese, e ha reso il siciliano lingua franca in tutta Italia.

Sappiamo che non c’è più oggi un italiano, che sia di Milano, di Firenze o di Ancona, che si stupisca del verbo "taliare", così come dell’espressione "rompere i cabbasisi", che è diventata di uso nazionale».

Un percorso preciso, quello intrapreso da Gaetano Savatteri, per illustrare come è cambiata l’immagine di questa Sicilia, anche con la grande voglia di emancipazione dagli stereotipi, che è confluito in un’antologia d’autore della recente narrativa siciliana: più di cinquanta voci scelte per accompagnare il lettore in un viaggio lungo trent’anni.

Perché se per decenni la Sicilia è stata metafora dell’Italia e del mondo, delle inefficienze, delle storture e dei deficit, terra complessa, deprivata, soggetta all’ingiustizia, dove gli aspetti sociali, politici, folkloristici del racconto della mafia hanno costituito un genere che ha assorbito ogni altro racconto, all’indomani del maxiprocesso e della stagione delle stragi, qualcosa cambia, e il 1992 diventa l’anno della svolta.

Proprio con Andrea Camilleri che comincia a scrivere un poliziesco siciliano, La forma dell’acqua, e che, pur appartenendo alla stessa generazione letteraria di Sciascia, Bufalino e Consolo, è il primo ad accorgersi che si è creato «lo spazio d’ascolto per una nuova narrazione siciliana».

La letteratura in Sicilia scopre allora di avere la forza, l’estro, il bisogno di accogliere nuove sensibilità, processi culturali in parte inediti ma duraturi. E per questo Savatteri ha scelto di partire da quel 1992, dagli anni delle stragi di mafia, in cui il successo di Camilleri apre le porte a una nuova narrazione.

Una forma di amore incontrollato, quella vissuta e alimentata da Gaetano Savatteri per la "sua" terra, che, pur non essendo affatto coinvolto nella sceneggiatura, segue l’evolversi delle riprese della terza edizione della serie televisiva "Makari", ispirata ai suoi romanzi, e che ha come protagonista Saverio Lamanna, interpretato dall'attore palermitano Claudio Gioè. La nuova serie andrà in onda sulla Rai, sicuramente nel 2024.

«Sono contento che il mio lavoro sia servito a presentare la Sicilia, che tuttavia non ha bisogno di presentazione, sotto l’aspetto giocoso e gioioso. Che dire? Che effetto mi fa questa eco di successo e interesse che cresce? Sono diventato cittadino onorario di San Vito Lo Capo, un posto che ho nel cuore e che adesso custodisco ancora di più. Penso che più e meglio di così non potevo immaginare».

Diventa così concreta anche l’idea dell’antologia che raccoglie trent’anni di scritture siciliane, nella forma del romanzo, del racconto, ma anche dello scritto d’inchiesta, della sceneggiatura cinematografica e teatrale, della poesia e del fumetto, attraverso nove capitoli tematici (da quello sulle narrazioni, non solo letterarie di mafia e antimafia a quello, ricchissimo, sulle detective stories, da quello sulla città a pagine dedicate alla storia e alle storie isolane, a quello sulle migrazioni da e verso l’isola).

Insomma trent’anni di scritture che hanno rimodellato «il potente teatro di suggestioni allestito da una parte all’altra della Sicilia. Un teatro visibile da molte parti del mondo».

Un lavoro intitolato "L’Isola nuova", che è una fotografia incompleta di questa terra e delle sue storie, che con i suoi autori e la sua scrittura è sempre in corso di aggiornamento.

Qualcuno dice che non è un’antologia, ma un «Viaggio attraverso tutta una serie di scritture», ma anche uno stimolo per leggere o rileggere libri non letti o dimenticati. Sicuramente un lungo racconto che ripercorre i fili della narrazione della Sicilia negli ultimi anni con la sua capacità di innovazione e rielaborazione di una tradizione illustre, che documenta i cambiamenti, rivelando le nuove voci che hanno saputo parlare a molti, con lingue moderne e insieme antiche. Un modo per ricordare che le tre corde vibranti nell’animo dei siciliani, ‘la seria, la civile e la pazza’, mantengono una forte connotazione.

E, quindi, non semplicemente un ritratto della Sicilia ma anche la storia di un rivolgimento culturale: dal giornalismo alla graphic novel, dal cinema al teatro, mentre narrativa e letteratura hanno aggiornato i canoni delineati dagli autori che della Sicilia hanno fatto metafora. È un racconto di un’isola nuova, tuttora capace di allestire un potentissimo teatro di suggestioni sul palcoscenico che da qui si apre sul resto del mondo.

E un modo per evidenziare anche un carattere comune nei secoli alle donne della più grande isola del Mediterraneo, che va forse cercato nella volontà di reinventare il proprio destino.
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