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Gli studi, il coro e il calcio: la scuola che "guidò" Agrigento (anche) nel dopoguerra

La vita di diverse centinaia di ragazzi fu segnata dalla presenza affettuosa e autorevole degli educatori salesiani durante e dopo il secondo conflitto mondiale

Elio Di Bella
Docente e giornalista
  • 23 gennaio 2023

I ragazzi dell'ex istituto Gioeni di Agrigento

La più grande esperienza educativa realizzata ad Agrigento negli ultimi cento anni è fiorita in un angolo del centro storico nel nome di San Giovanni Bosco.

La vita di diverse centinaia di ragazzi fu segnata dalla presenza affettuosa ed autorevole dei sacerdoti e degli educatori salesiani.

Sorto nel 1939 nell’ex istituto Gioeni, l’oratorio don Bosco dovette subito affrontare i primi difficili anni della guerra e del dopoguerra: “Nonostante i continui allarmi aerei, diurni e notturni, l’oscuramento serotino e notturno, l’attività dell’oratorio continuò costante e con buoni risultati” racconta don Gregorio Pennisi nel libro di Alfredo Scaglia “Il monumento della solidarietà”.

Tanti ragazzi arrivarono sin dai primi giorni da tutta la città. Con l’oscuramento, in tempo di guerra, col bel tempo o sotto la pioggia, per viuzze buie e contorte, con gli zoccoletti di legno e spesso affamati.
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E quei giorni ancora oggi ricorda nitidamente e con emozione Salvatore Faro: “Nell’oratorio di don Bosco i padri salesiani ci hanno aiutato a vivere con serenità il periodo della guerra e quello dell’emergenza del dopoguerra.

Sono riusciti a farsi dare del miele di acero dagli Americani e del pane e con quel poco che avevano ci hanno fatto trascorrere dei pomeriggi spensierati facendoci giocare e sfamandoci.


Nei cortili dell’oratorio eravamo protetti e sicuri. Venivamo tenuti lontano dagli orrori del dopoguerra. Giocavamo con poche e povere cose.

I nostri giochi preferiti erano la palla a muro, il ping pong, e soprattutto il calcio. Stavamo insieme in armonia. Giocavamo anche senza scarpe per risparmiarle, su un ciottolato duro, che ci spaccava le dita.

Uno di noi, Romolo De Maria, è diventato un famoso giocatore dell’Agrigento Calcio. Grazie a tanti benefattori, che portavano qualche pasto in modo discreto, venivano aiutati anche tanti poveri.

Dovevamo vivere allora con duecento grammi di pane immangiabile. I salesiani non facevano mancare mai un po’ di pane buono, di latte, di castagne ed anche i prodotti dell’orto dell’oratorio. Ricordo tra i sacerdoti don Scornavacca, don Curto, don Motta”.

Così uno di quei ragazzi di allora, Mario Li Causi, ricorda il giorno in cui incontrò uno dei responsabili della missione salesiana ad Agrigento: “ in quel tempo avevo deciso di non frequentare più la scuola e di andare a lavorare come muratore.

Erano le nove del 10 novembre 1956 quando a casa mia venne don Curto. Si avvicinò con passo deciso a mia madre e le rivolse alcune frasi sottovoce, si diresse verso di me, mi prese per mano e mi portò all’oratorio salesiano, senza dire una parola. Io non capivo cosa stesse succedendo.

Dopo qualche minuto mi ritrovai su un banco di scuola della quinta elementare. Ripresi così gli studi con rinnovato entusiasmo grazie ai Salesiani. Ho infine raggiunto un traguardo allora per me impensabile: la laurea in ingegneria”.

Peppe Bruccoleri ha raccontato nitidamente: “ho conosciuto i salesiani nel 1940. Mio padre Antonio, l’ispettore scolastico è stato tra quelli che con monsignor Peruzzo fece arrivare i padri, partecipavo alle gare di catechismo e il premio era un panino con la mortadella, che chiamavamo il “panino di don Bosco”.

Tanti facevamo parte del coro, don Pennisi suonava e ci faceva cantare. C’era poi don Carabella, molto amato.

Il Vescovo di Agrigento, monsignor Peruzzo, veniva molto spesso in oratorio e giocava con noi, anche a calcio. Avevamo la filodrammatica che rappresentò tante graziose in molti paesi della Sicilia.

Andavamo insieme in gita a piedi spesso, anche ai Templi e persino sino a Porto Empedocle dove andavamo al mare”. Dopo i giochi, i ragazzi venivano invitati in chiesa per le preghiere, il sermoncino educativo ed istruttivo, e per il canto.

Nella sala cinematografica di cinquecento posti molti ragazzi videro gratuitamente le prime pellicole cinematografiche, in bianco e nero e senza sonoro, prima e a colori poi.

Il maresciallo maggiore dei Carabinieri Gerlando Palillo ha scritto a don Pennisi, uno dei padri salesiani che operavano ad Agrigento: ”Devo a voi, salesiani, se sono riuscito nella vita.

Senza di voi, io e tanti miei coetanei, saremmo rimasti ragazzi di strada, senza guida, senza educazione civile e morale e forse ci saremmo perduti nella vita o, certamente, non ci saremmo fatti quell’onore che ci siamo fatto e non saremmo quei galantuomini e quei cristiani che siamo”.

L’oratorio si andò ingrandendo negli anni e poté sempre mantenersi economicamente.

Vennero allestite nuove sale fornite di giochi con tutto quello che era necessario per ospitare i tanti ragazzi che ogni giorno e per tutto l’anno arrivavano.

Purtroppo a causa della frana del luglio del 1966, che colpì terribilmente questa parte del centro storico di Agrigento venne abbandonata da tante famiglie e il quartiere subì una immediata emarginazione sociale.

In quel difficile contesto l’oratorio non si riprese più, ebbe qualche guizzo, ma lentamente si spense e così nel 1968 venne chiuso e i padri salesiani dovettero abbandonare Agrigento, lasciando un grande vuoto.

Nessuno è stato più in grado di realizzare nella Città dei Templi un’opera educativa così importante per tante centinaia di ragazzi.

Il 6 aprile del 1987 alcuni oratoriani si sono ritrovati per costituire l’unione degli ex allievi.

Un monumento, realizzato dal maestro Nino Contino, ricorda la presenza dei Salesiani nel centro storico di Agrigento. Il monumento o ritrae don Bosco, a cui fanno corona tanti ragazzi.

È innalzato nel belvedere del largo Bibbirria. Tanti hanno generosamente corrisposto un contributo per la sua realizzazione e molti ex salesiani erano presenti all’inaugurazione, avvenuta il 14 giugno del 1997.
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