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Gocce di memoria araba (anche) in Sicilia: la guida all'arte profumiera mai tradotta prima

Il trattato tradotto per un editore siciliano richiama il forte legame dell'isola con una cultura che ha lasciato tracce indelebili, legate anche ai profumi

Annamaria Grasso
Insegnante e storica dell'alimentazione siciliana
  • 3 maggio 2023

Qualche anno fa mi trovavo in una scuola media per una lezione di analisi sensoriale. Facevo esercitare i ragazzi ad acquisire consapevolezza della funzione dei cinque sensi attraverso semplici test-gioco.

Era il giorno dedicato all’olfatto e sottoponevo gli alunni bendati, uno dopo l'altro, alla prova di annusare e indovinare la sostanza alimentare contenuta in un barattolo.

Bene, l’odore di uno spicchio d'aglio venne identificato come "odore di sale"! E lì ho avuto la conferma di quanto si sia involuta la nostra sensibilità sensoriale in una società in cui l'apparenza domina sulla sostanza e la vista è diventato l'organo più importante, utilizzato però per guardare più che per "vedere", come l'udito che purtroppo serve più a sentire che ad “ascoltare”.

A discapito dell’olfatto, un organo che funziona davvero solo se associato a un ricordo, a un'emozione, a un'esperienza e ha bisogno perciò di una riflessione, di un attimo di concentrazione interiore.
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Questo excursus personale serve a introdurre l'importanza di un trattato arabo medievale sui profumi – “Riassunto sugli aromi" - che rivaluta il ruolo dell’olfatto, tradotto per la prima volta in italiano da una studiosa islamista, Caterina Greppi, e pubblicato recentemente da un editore siciliano, Dario Flaccovio con la prefazione di un “naso" (ovvero un creatore di profumi) – rimaniamo ancora in Sicilia - catanese, Antonio Alessandria.

Ma il legame di questo saggio con la nostra isola è forte anche perché l'autore del "Riassunto sugli aromi", testo di incerta attribuzione, è un arabo (forse un medico egiziano, Ibn Kaysān) morto sul finire del X secolo, epoca in cui la Sicilia viveva la dominazione islamica che ne influenzò indelebilmente mentalità e cultura.

Ciò che conta sottolineare, spiega l'autrice nel bel saggio "Profumi ed essenze alla corte dei califfi" che precede la sua traduzione, è l’importanza e la conoscenza dell’arte profumiera nel mondo arabo medievale.

Perché, come scrive Franco Cardini nell’Invito alla lettura del libro, "… se vogliamo cogliere la prima radice del profumo nella nostra cultura moderna bisogna risalire alla seicentesca traduzione francese delle Mille e una notte", anche se il saggio di Caterina Greppi, sottolinea Cardini, "non è un libro di fiabe" ma un corposo studio storico sulla profumeria.

L’autrice ci introduce infatti nel mondo dell'affascinante arte profumiera islamica proprio attraverso una novella delle Mille e una notte, “Il facchino e le tre dame”.

Siamo al mercato di Baghdad in pieno Medioevo, un servitore accompagna a fare la spesa una giovane signora che dopo avere acquistato carni, frutta, dolci, si sofferma nella bottega dello speziale (medici e speziali appartenevano alla stessa corporazione ed esercitavano l'arte di creare profumi) per fare provvista di aromi, essenze e spezie, indispensabili ingredienti di ogni festa privata, a testimonianza di quanto in quella civiltà i profumi fossero parte della vita quotidiana, soprattutto nei rituali dell'ospitalità, e rappresentassero – scrive la Greppi - “un elemento fondamentale della distinzione sociale" .

Aromi provenienti da luoghi esotici e lontani arrivavano sui mercati del Medio Oriente ed ogni ingrediente destinato a comporre un profumo aveva un luogo di origine d'eccellenza: il muschio dal Tibet, l’ambra grigia dall'Oman, l'ūd dall’India, la canfora dal nord est di Sumatra.

Erano questi i quattro aromi principali, a cui si aggiungevano lo zafferano, meno usato, e ventiquattro sostanze secondarie (spezie, resine, fiori, legni) per creare incensi, unguenti, polveri, olii, acque: ne troviamo descritte provenienza, qualità, preparazioni in questo piccolo trattato islamico che è un formulario di ricette, molto diverse dai nostri gusti olfattivi e tuttavia estremamente intriganti.

Il Nadd, la più nobile e preziosa profumazione, ad esempio, ci racconta l’autrice, era composto da muschio, ambra e ūd ed è interessante conoscere la storia di questi elementi: il muschio è un'essenza prodotta nel periodo dell'accoppiamento dalle ghiandole genitali del cervo muschiato, un ruminante che rischia di estinguersi perché viene ucciso per asportarne la sacca contenente il pregiato muschio, profumato e tanto raro da dovere essere ormai riprodotto sinteticamente.

Non tutti sanno che anche l'ambra (quella grigia, la più pregiata) è una sostanza odorosa di origine animale, prodotta dai calcoli intestinali del capodoglio, provocati dall'indigestione di becchi dei calamari e di crostacei; merce rara quindi, dal momento che solo una minima percentuale di capodogli soffre di calcoli!

Per supplirne alla mancanza si ricorre anche in questo caso ad una sostanza animale: lo zibetto, sostanza secreta dalle ghiandole perianali dell' omonimo mammifero, che emana un forte odore simile all'ambra.

E a proposito dell’ambra, Caterina Greppi riporta (fra molte altre) una chicca molto poetica: in un racconto di viaggio di un mercante arabo si legge che lungo le coste dell'Oceano indiano si usano dei cammelli per trovarla: «La ricerca si fa durante le notti di luna piena; quando il cammello trova dell’ambra si inginocchia e il suo cavaliere può così raccoglierla».

E ancora, apprendiamo cos'è l'ūd, un legno di aloe che, inumidito con l’ambra e il muschio per aromatizzarlo, si bruciava sugli incensieri per profumare gli ambienti.

Fiori e piante aromatiche si usavano invece per preparare acque profumate: l'acqua di rosa, la più famosa, si otteneva per immersione dei petali ed era utilizzata anche dagli uomini, mentre l'acqua di zafferano era esclusivamente femminile.

E a proposito della distinzione fra i sessi, le donne potevano usare i profumi maschili (ma potevano profumarsi solo in casa) mentre gli uomini non potevano profumarsi con quelli femminili. Inoltre, se una donna portava un incensiere acceso tra le mani questo era interpretato come un segno di disponibilità sessuale.

Si potrebbe continuare all'infinito, tanto questo libro è denso di notizie, curiosità, informazioni preziose. Un viaggio reso affascinante dalla scrittura sapiente ma nello stesso tempo piana, scorrevole (e coinvolgente!) di Caterina Greppi.

Ne usciremo arricchiti e inebriati non solo dai profumi ma soprattutto dalle emozioni olfattive che lascia immaginare.
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