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Hanno più di duemila anni e ti mandano in estasi: sono due splendidi "adoni" siciliani

Il loro splendore non è stato scalfito dal tempo, e nella loro "casa" si mostrano narrando storie di ieri e di oggi, perché un ritrovamento completa il loro racconto

Susanna La Valle
Storica, insegnante e ghostwriter
  • 7 luglio 2023

Da sinistra il Satiro Danzante e il Giovane di Mozia

Le cartoline questa volta arrivano da due ragazzi speciali, bellissimi, hanno entrambi, circa, 2.500 anni.

Il loro splendore non è stato scalfito dal tempo, e nella loro "casa" si mostrano narrando storie di ieri e di oggi, perché un ritrovamento completa il loro racconto: sono Il Giovane di Mozia e Il Satiro Danzante di Mazara del Vallo.

Per trovare il "Giovane" ho preso un "Caronte", che attraverso le placide e magiche acque dello Stagnone mi ha condotto, tra viaggiatori ammutoliti dalla meraviglia della laguna, delle grandi vasche per la raccolta del sale e degli incantevoli Mulini ad acqua, all’isola di Mozia.

Un quarto d’ora di navigazione, avendo sempre ben in vista le due sponde, partendo da uno degli imbarcaderi vicino la bella Marsala. Sbarcati, si procede attraverso una radura per arrivare al Museo Whitaker dove lì, si trova Il nostro "Ragazzo".

"Il Giovane" è una statua di marmo datata tra il 440 e il 450 a.C. dallo "stile Severo" attribuibile alla scuola di Fidia . Fu ritrovata da un operaio, Antonio Monteleone nel 1979, durante gli scavi archeologici tra necropoli e Tofet, (l’area sacra).
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Fu probabilmente interrata volontariamente, insieme con altri oggetti, ora al museo, dagli stessi moziesi, forse per preservarla dal nemico durante l’assedio del Tiranno di Siracusa.

Arrivò a Mozia grazie ai Cartaginesi, dopo che ebbero saccheggiato Selinunte nel 409.

Una statua sicuramente importante per essere nascosta, qualcosa che andava oltre la bellezza artistica e che aveva un particolare significato.

Molti studiosi hanno visto nel "marmo", un giovane Auriga, altri l’Ercole punico "Melgart", altri ancora un potente magistrato.

Un docente della Sapienza di Roma, attraverso il raffronto con un vaso di ceramica attico, avrebbe individuato nel Giovane, Alcimedonte, l’auriga che guidò il carro di Achille con i leggendari cavalli Balio e Xanto, dopo il combattimento con Ettore.

Effettivamente uno dei due bracci mancanti sembra sollevato come se avesse nella mano un frustino, mentre l’altra poggiata sul fianco sembra "affondare nella carne".

La testa è rivolta a sinistra, Il viso benché rovinato, conserva lo sguardo austero, incorniciato da riccioli “a perline” che sfuggivano probabilmente da una corona simbolo della vittoria, andata perduta. Straordinario il Chitone (la tunica) che mostra un corpo atletico sensualissimo.

La veste indossata sembra impalpabile, trasparente, è il "panneggio bagnato" che accompagna ogni piega sinuosa del corpo. Bellissimo e conturbante mostra "La Forza trattenuta in Potenza", da ovunque lo si guardi si rimane affascinati.

Il secondo splendido ragazzo, o dovremmo dire "Creatura", è poco distante da Mozia, è a Mazara del Vallo, al Museo nell’ex chiesa di Sant’Egidio.

Quando fu trovato nella rete da pesca con il volto verso il cielo, dal Peschereccio Capitan Ciccio, il comandante, Francesco Adragna, ebbe la sensazione di aver recuperato un naufrago: «Era come uno che si era aggrappato, per essere salvato, l’abbiamo guardato tutta la notte sulla poppa, ci siamo messi intorno a contemplarlo».

La contemplazione non te l’aspetti da uomini avvezzi alla fatica e al duro lavoro, solo qualcosa di straordinariamente bello poteva colpire i Pescatori del Canale di Sicilia. Consapevoli che… "rientrati a Mazara sarebbe finita la nostra storia con lui", così hanno preferito guardarla in silenzio per sette ore durante tutto il viaggio di ritorno.

La statua fu trovata il 4 marzo 1998 a 60 miglia da Mazara e a 485 metri di profondità, un anno dopo che era stata recuperata la gamba. Questo bronzo, frutto di una committenza, fu realizzato attraverso la tecnica "a cera persa".

Probabilmente una copia di un’opera di Prassitele, finita in mare insieme al resto del carico, per un naufragio. Ritrae un Satiro, colto nel momento della danza con le braccia allargate, mentre con un saltello fa perno sulla punta del piede, prima di girare nella danza.

La testa è da un lato, abbandonata all’indietro, con riccioli fluenti e ribelli che scendono sulle spalle, gli occhi sono spalancati ipnotici, ancora brillano, con la bocca socchiusa in un profondo gemito di piacere estatico.

Benché manchino alcune parti del corpo, insieme agli attributi tipici del satiro: il tirso (il bastone nodoso di corniolo con pampini e pigna) la pelle della pantera e il boccale del vino, è una statua unica, la cui datazione è combattuta.

Il grande Sebastiano Tusa, che nel video ribadisce che questo è il Museo del Canale di Sicilia, non solo del Satiro, la colloca tra il II e il III secolo a.C., mentre il professor Moreno, la data nel IV secolo, sulla base di un’anfora che ritrae una figura simile: il Satiro Periboetos, citato anche da Plinio nella sua “Naturalis Historia”.

Flessuoso, sensuale, anche qui nel bronzo si nota la morbidezza della carne. Ha il volto gentile da adolescente, permeato di grazia e leggiadrezza. Il Capitan Ciccio ormai in pensione dice che gli capita di parlare al Satiro: "Io invecchio te sei sempre giovane e bellissimo”.

Suggestive anche le parole di Moreno che nel video esplicativo, disponibile al museo, accosta la danza di questa creatura a quella dei Dervisci Tournants che ruotano su se stessi quasi nella stessa posizione.

Anche qui girargli intorno crea quasi una vertigine, il Satiro è la creatura che si connette, attraverso la trance provocata dal vino, sesso e danza, alla forza primordiale della natura e dell’uomo.

Questi due splendidi ragazzi hanno viaggiato nel modo, tra musei e mostre, facendosi ammirare, sono due icone, due tesori d’inestimabile valore e bellezza, due eccellenze che meritano di essere visitate e profondamente amati, sono i nostri straordinari "ragazzi".
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