Il boia di Capaci Giovanni Brusca è libero, Claudio Fava: "Vi spiego perché è giusto"
La legge voluta da Giovanni Falcone prevede uno "sconto" per chi collabora. L'ex presidente della Commissione Antimafia all'Ars: "Il nostro non è uno Stato barbaro"

Giovanni Brusca
Il suo è un commento alla notizia che in queste ore sta facendo discutere tutta Italia: la liberazione di Giovanni Brusca che ha finito di scontare 25 anni di carcere e quattro di libertà vigilata.
L’ex boss di Cosa Nostra, il boia di Capaci, vivrà adesso sotto falso nome, e sotto protezione lontano dalla Sicilia. Mandante e autore di oltre un centinaio di omicidi, Brusca è stato il capomafia di San Giuseppe Jato e protagonista del periodo delle “bombe del 1992-1993”.
Sono attribuite a lui le stragi di Capaci e di via D’Amelio in cui, nel 1992, persero la vita i magistrati Giovanni Falcone e Paolo Borsellino insieme agli agenti delle rispettive scorte, e la pianificazione degli attentati del 1993 a Milano, Roma e Firenze.
«La legge prevede alcune ‘premialità' per chi collabora, per le quali, al posto dell’ergastolo, chi è giudicato colpevole sconta non cinque, non 10, ma 25 anni di prigione. Brusca li ha scontati ed è uscito». Una sorta di sconto concesso per legge, così come voleva lo stesso Falcone.
Fava non ha dubbi: «Quale dovrebbe essere l’alternativa, decidere di regredire ad uno Stato barbaro, disfacendoci definitivamente del messaggio di Cesare Beccaria? Decidere di ragionare in termini di vendetta, occhio per occhio, dente per dente? Vogliamo veramente una forma di habeas corpus? Che la violenza venga ripagata con la stessa violenza?».
E aggiunge: «La legge prevede che un collaboratore di giustizia non prenda il massimo della pena, perché la sua collaborazione permette non solo di fare chiarezza giudiziaria su vicende passate ma, generalmente, anche di evitarne di future; questo è il punto».
Secondo Fava «la giustizia è cosa diversa dal dire "signori, sbarazziamoci dello Stato di diritto: quando li prendiamo li ammazziamo". Il mio giudizio morale su Brusca, che non mi piace come uomo, è una questione che non ha a che fare con la sua situazione giudiziaria».
«Io sto, alla lettera, alla legge - conclude -: la legge non parla di pentimenti, ma parla di collaborazione, per cui se hai collaborato ed è stata una collaborazione utile, che ha permesso cioè di evitare altra violenza, la legge prevede degli sconti, e va bene così».
Giovanni Brusca, dopo la sua cattura, confessò ai magistrati il suo ruolo diretto nelle stragi che insanguinarono la Sicilia e l’Italia negli anni ‘90, e chiarì i legami che l’organizzazione mafiosa aveva continuato ad intrecciare con le istituzioni statali dopo il Maxiprocesso.
Ma non solo: confessò anche la sua responsabilità nell’omicidio di Giuseppe di Matteo, bambino tenuto in ostaggio per 779 giorni per poi ucciderlo e sciogliere il suo corpo nell’acido, con l’obiettivo di vendicare la collaborazione con la giustizia del padre, Santino di Matteo.
La notizia della liberazione di Brusca ha scatenato un putiferio. Ma il commento di Claudio Fava, a sostegno della legge che lo ha portato fuori dal carcere, non è un caso isolato.
Anche Maria Falcone ha gettato acqua sul fuoco: «Come cittadina e come sorella, non posso nascondere il dolore e la profonda amarezza che questo momento inevitabilmente riapre. Ma come donna delle istituzioni sento anche il dovere di affermare con forza che questa è la legge».
«Una legge - ha aggiunto -, quella sui collaboratori di giustizia, voluta da Giovanni, e ritenuta indispensabile per scardinare le organizzazioni mafiose dall'interno. Brusca ha beneficiato di questa normativa, ha avuto un percorso di collaborazione con la giustizia che ha avuto un impatto significativo sulla lotta contro Cosa Nostra».
Giovanni Falcone aveva, infatti, promosso convintamente una legge sui benefici penitenziari ai collaboratori di giustizia su cui, grazie alla sentenza definitiva della Cassazione del 30 gennaio 1992, riuscì a veder apporre il timbro pochi mesi prima di morire.
E oggi anche Pietro Grasso, ex procuratore nazionale antimafia e presidente della Fondazione scintille di futuro, difende quella legge.
«Lo so, la prima reazione alla notizia della liberazione di Brusca è provare rabbia e indignazione. Vale per tutti, anche per me. Ma dobbiamo evitare reazioni di pancia e ragionare insieme».
«Grazie ai segreti confessati da Brusca - ha spiegato Grassi . abbiamo potuto evitare altre stragi, incarcerare centinaia di mafiosi e condannarli a pene durissime e centinaia di ergastoli. Con Brusca lo Stato ha vinto tre volte: quando lo ha catturato, quando lo ha convinto a collaborare, ora che e' un esempio per tutti gli altri mafiosi».
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