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Il castello del '300 e leggenda del re salvato dalla ricotta: a Comiso la dimora Naselli d'Aragona

Un castello dalle origini antichissime che risalgono addirittura al XIII XIV secolo. Oltre alla bellezza architettonica , come di dovere, anche alcune leggende lo contornano di fascino, tra cui una in particolare

Balarm
La redazione
  • 26 settembre 2021

Una vista del Castello dei Naselli d'Aragona

Nel cuore del comune di Comiso si trova un castello dalle origini antichissime che risalgono addirittura, come mostrano alcuni documenti, al XIII XIV secolo. Nella fattispecie, intorno al 1392, la proprietà passò da Federico Speciaro ai conti Cabrera, mentre nel 1453 fu venduto a Periconio Naselli.

Da quel momento il Castello fu dimora stabile della famiglia fino al 1693, quando il terremoto fece crollare gran parte della struttura, a eccezione della torre. I lavori per restaurarlo continuarono fino agli inizi del Settecento, ma la trasformazione a palazzo signorile si ebbe quando arrivò in visita il Viceré Cristoforo Fernandez de Cordova.

La parte più antica dell’edificio si trova sul alato est dove sorge un battistero dedicato a San Gregorio Magno, con resti di affreschi di epoca bizantina risalenti all'anno Mille. Questo presenta una forma ottagonale, e diventa cilindrico sulla sommità, chiusa da una elegante cupola.

La parte nord del Castello è caratterizzata da una trifora serliana, meglio conosciuta come la Loggetta, che richiama lo stile cinquecentesco e presenta pareti affrescate con paesaggi e voli di uccelli. Questa loggia fu aggiunta al castello nel 1728, su progetto del genovese Michelangelo Canepa.
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Sono presenti, inoltre, due portali ogivali, di cui uno è chiuso da una massiccia porta ferrata a grosse bugne risalente al 1400; ancora visibile vi è una piccola fontana inserita nella parete che risalente al Cinquecento attribuita al Gagini o alla sua scuola; e poi ancora un fusto di fontana del 1600 circa, in pietra locale riccamente scolpito, conservato nel cortile interno.

Al tempo dei Borboni il castello rimase abbandonato, fino al 1841, quando venne destinato a teatro; passato successivamente nella gestione del Comune di Comiso, la parte bassa fu adibita a carcere mandamentale.

Il castello, oggi, appartiene alla famiglia Nifosì, discendente dai baroni di Canalazzi, che lo abitano ancora. Oltre alla bellezza architettonica del Castello, come di dovere, anche alcune leggende lo contornano di fascino, tra cui una in particolare.

Secondo quanto tramandato, di bocca in bocca, il conte all’epoca era assediato dentro il suo castello da nemici esterni; questa situazione durò giorni tanto che le scorte alimentari cominciavano a scarseggiare. Una notte, in preda all'angoscia, gli apparve San Biagio, il quale lo rassicurò dicendogli che la penitenza sarebbe finita se egli avesse digiunato e seguito un suo comando.

Il Santo suggerì al regnante di fuggire attraverso un canale sotterraneo e, uscito in aperta campagna, avrebbe incontrato un pastore dal quale avrebbe dovuto acquistare delle ricotte, che, tornato al maniero, avrebbe dovuto gettare sugli assedianti.

Il conte, essendo un uomo pio, seguì il consiglio e avvenne come era stato predetto: il conte si arrese e si mise a buttare sugli accorsi quelle ricotte a una a una; ciò fu utile a convincere i nemici dell'impossibilità di prendere la torre per fame, che abbandonarono l’assedio e il castello e il paese furono salvi.

Oggi il castello, ormai da anni, è tutelato dai Beni culturali per il suo pregio storico e impiegato per eventi.
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