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Il fulmine su Porta Nuova, i roghi contro i Florio: tutti i tesori di Palermo andati in fumo

L'incendio della chiesa di Santa Maria di Gesù purtroppo non è un fatto isolato: tanti i palazzi, chiese, monumenti e teatri andati a fuoco nella storia della città

Maria Oliveri
Storica, saggista e operatrice culturale
  • 31 luglio 2023

L'incendio al Villino Florio di Palermo (foto di Giuseppe Cappellani dal sito Arte Liberty)

La storia del patrimonio architettonico della città di Palermo è stata spesso segnata da calamità naturali che hanno causato gravi devastazioni, o da numerosi incendi, che hanno distrutto palazzi, chiese, teatri, beni artistici o documenti importanti: ci limiteremo in questo articolo a ricordare alcuni degli episodi più significativi.

Abbiamo già notizie documentate di un incendio avvenuto nel 1160 al Palazzo Reale, quando andarono smarriti i registri di "terre e feudi".

Catastrofico fu l’anno 1593: domenica 18 Aprile, giorno di Pasqua, alle due e mezza di notte, successe una grandissima disgrazia, dalla "spiezieria" dell’Ospedale grande si propagarono altissime fiamme a tutto l’edificio e il prezioso archivio venne distrutto, solo pochi documenti furono messi in salvo.

Il 19 Agosto del 1593 alle ore 15.00 al Castellammare scoppiò un incendio ed esplosero due depositi di polvere da sparo, vicino alle carceri. La detonazione venne udita anche molto lontano e l’esplosione causò moltissime vittime: carcerati, soldati e donne che erano dentro al castello.
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Raccapricciante fu il recupero dei resti umani, sparsi alla marina e fuori Porta San Giorgio: furono pietosamente raccolti in sacchi di tela. Si produssero danni e lesioni a chiese e case. Il fumo oscurò il sole e piovve sulla città terra bruciata. La gente di Palermo, correva in chiesa a confessarsi, pensando fosse giunto il giorno del giudizio.

Qualche tempo dopo, Sabato 20 Dicembre 1667, durante un temporale, un fulmine colpiva Porta Nuova, imponente monumento voluto nel 1583 dal viceré Marcantonio Colonna. Il fulmine precipitò proprio su un deposito - dove si conservava "malamente" una grandissima quantità di polvere da sparo destinata alle truppe spagnole - dando origine a un vasto incendio.

Seguì una terribile esplosione, che distrusse gran parte dell’edificio. Un enorme boato atterrì la popolazione e l’onda d’urto fece tremare dalle fondamenta il Palazzo Reale: il Vicerè arrivò a temere per la sua incolumità e quella della sua famiglia.

Per fortuna si levò il vento da Levante, che disperse le fiamme e le portò lontane dalla città, verso le montagne. Se si fosse alzato il vento di Ponente il fuoco avrebbe cagionato grave danno al centro abitato.

La Porta venne riedificata nel 1669 dall'architetto Gaspare Guercio, che la ricostruì integralmente e pensò di porre a coronamento dell'edificio una copertura piramidale, rivestita da piastrelle maiolicate.

Il Villabianca ci racconta di un forte incendio sviluppatosi l’11 Novembre 1715 al Palazzo Pretorio, dove si trovava l’archivio comunale: molte scritture vennero irrimediabilmente perse. Correva voce che a spegnere le fiamme fosse stato San Nicolò da Tolentino, invocato dai devoti, mentre venivano gettate tra le fiamme alcuni paramenti sacri e un’immaginetta del santo. Il senato in segno di gratitudine eresse una cappella nella chiesa del Santo e interveniva ogni anno per la sua festa.

L’11 Novembre 1759 un incendio danneggiava Casa Butera alla Marina, il palazzo dello stimato principe don Michele Ercole Branciforti. Venne consumato dal fuoco il quarto principale dell’edificio. Le fiamme furono spente solo dopo 9 ore e perciò andarono distrutti mobili e arredi preziosi, nonchè buona parte dell’archivio di famiglia.

Sappiamo anche di un incendio verificatosi nella Cattedrale di Palermo intorno al 1780.

Non si può tacere la devastazione del Duomo di Monreale: l'11 novembre 1811 un incendio distrusse gran parte del soffitto ligneo con capriate, coevo alla costruzione del tempio cristiano. I tetti delle tre navi rimasero intatti, ma vennero ugualmente dismessi ed interamente ricostruiti.

I lavori di restauro ebbero inizio nel 1816 ma terminarono nell’ottobre 1837. Si pensi che furono necessari cinque anni solo per il reperimento dei fondi necessari alla ricostruzione e per tutto questo tempo la chiesa rimase a cielo aperto e i mosaici esposti all’azione degli eventi atmosferici.

Durante la conquista della città di Palermo da parte dei garibaldini della spedizione dei Mille, per tre giorni Palermo fu bombardata emessa a ferro e fuoco, dal 27 al 29 maggio 1860. Ingenti furono i dati provocati al patrimonio artistico e architettonico cittadino.

Ricordiamo che nella zona della Cattedrale arse e fu distrutta la Cappella dell’Incoronazione, fu devastato dal fuoco il monastero di S. Maria di Monte Oliveto, detto della Badia Nuova e fu incendiato e gravemente danneggiato il Palazzo dei La Grua di Carini.

Il monastero dei Settangeli venne dato alle fiamme dalle truppe borboniche: l'edificio non fu mai restaurato completamente e nel 1866 il complesso fu incamerato dal Demanio dello Stato e le religiose confluirono nel monastero di Santa Maria della Pietà.

Un violento incendio (a seguito del bombardamento borbonico, nel tentativo di colpire il vicino edificio del Municipio dove Garibaldi aveva posto il suo quartier generale) distrusse un’ala del monastero di Santa Caterina sulla Via Toledo (oggi via Vittorio Emanuele).

A sperimentare la potenza distruttiva del fuoco furono anche i Florio. Verso la mezzanotte del 9 Febbraio 1908, mentre donna Franca era a casa dei cognati Giulia e Pietro Lanza di Trabia per un ricevimento, scoppiò un incendio nella villa dell'Olivuzza, distruggendo un’intera ala del palazzo.

Il fuoco si propagò dall’appartamento di donna Giovanna D’Ondes, madre di Ignazio Florio Junior. In casa c’era solo l’anziana signora con la piccola Igiea e la servitù. L’incendio divampò rapidamente e tardarono ad arrivare i vigili del fuoco. Giunsero invece i carabinieri a dare i primi soccorsi: sospettavano una vendetta della mafia, perchè Ignazio si era rifiutato di pagare "il pizzo".

Tra il 1906 e il 1907, racconta lo storico Vincenzo Prestigiacomo, Ignazio aveva ricevuto un bigliettino scritto in maniera sgrammaticata, ma dal contenuto inequivocabile: «Egregio cavaliere Florio, avemo bisogno di 20 milalire per aiutarti le famiglie dei carcerati e un vostru impiegatu lavi a lassari sabato davanti o monumentu dui vostru patri alla Olivuzza alli 5 di sira. Guai a chiamari i sbirri. Voscenza cavalieri Florio è ginirusu e nun ci farà mancari chista rigalia».

Ignazio non volle cedere al ricatto e la criminalità si vendicò appiccando l’incendio.

Cinquant’anni dopo, anche allo scenografico Villino Florio (tutto scale, torrette, guglie) capolavoro del liberty, realizzato da Ernesto Basile per il giovane Vincenzo tra il 1899 e il 1902, furono appiccate le fiamme. Il mobilio disegnato dal Basile e realizzato dalla ditta Ducrot vennero distrutti da un violento incendio doloso, nella notte tra il 23 e il 24 novembre del 1962.

Il villino dopo anni di abbandono venne acquistato dalla Regione Siciliana e dopo un lungo restauro durato 10 anni è stato aperto alle visite nel 2015.

Anche il settecentesco Teatro Bellini sede rinnovata dello Stabile di Palermo la sera del 16 Marzo 1964, poco prima delle 22.00 , fu quasi distrutto da un maledetto rogo, un incendio doloso, che in pochi minuti si propagava causando gravi danni alle strutture e all'impianto dell'edificio teatrale.

Durante il primo atto di una commedia di Nino Martoglio improvvisamente una tenda del proscenio prese fuoco e le fiamme si appiccarono rapidamente al palcoscenico. Ci fu allora un "fuggi fuggi" generale.

Piazza Bellini era gremita di autoveicoli per la seduta del consiglio comunale e i vigili del fuoco, per poter permettere il passaggio dei mezzi furono costretti a sollevare di peso le macchine in sosta e spostarle.

Il palcoscenico era un enorme rogo e le fiamme si levavano al di sopra delle strutture murarie esterne, offrendo uno spettacolo apocalittico.

In anni recenti ricordiamo anche l’incendio del 23 Maggio 1994 che devastò Villa Malfitano in Via Dante, sede della fondazione Whitaker: il fuoco distrusse e danneggiò mobili, suppelletili, libri, quadri, impianti…Seguì un restauro.

Tra i tanti distruttivi incendi di Palermo non si può non ricordare il caso della nave Alessandro Volta, durante la seconda guerra mondiale. I bombardamenti alleati provocarono complessivamente 2.123 morti, circa 30.000 feriti e gravi danni ai monumenti e alle opere d'arte della città ma il caso Volta rimase impresso nella memoria del popolo.

Il 22 marzo del 1943 l’incursione sul porto di 24 bombardieri inizia alle 15.35 e finisce alle 17.38. Alle 15.45 viene colpita da una bomba la nave Alessandro Volta, ormeggiata al molo Piave: è carica di munizioni ed esplode, disintegrandosi in mille pezzi. Quel giorno tutti i vetri di Palermo sono andati in frantumi.

Il fumo arriva ad una altezza di 4.500 metri. L’esplosione del cargo è talmente poderosa che gli equipaggi la percepiscono a cinque miglia d’altezza. L’acqua sollevata dall’esplosione allaga un rifugio antiaereo sul molo, dove si sono rifugiati 27 operai della Compagnia portuale, che non hanno via di scampo.

Per rendersi conto della potenza dell’esplosione, basti pensare all'ancora della nave, che dopo un lunghissimo volo, è precipitata sulla Banca d’Italia in Via Cavour. Il caso devastante della nave Volta è uno degli eventi che ha segnato di più la città di Palermo nell’anno orribile 1943.
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