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Il nome è "nordico" ma si trova in Sicilia: è uno dei castelli più grandi e belli d'Italia

Considerato uno delle perle monumentali dell'isola, secondo la leggenda la rocca era anticamente abitata da un re sicano e dalla dea Cerere, moglie del regnante

Livio Grasso
Archeologo
  • 16 dicembre 2022

Il castello di Lombardia (Di Arangio Giuseppe - Opera propria, CC BY-SA 4.0)

Considerato uno delle perle monumentali della Sicilia, il castello di Lombardia rientra nel novero dei manieri più grandi e apprezzati sia su scala regionale che nazionale. Di incantevole maestosità, sorge sopra il monte che sovrasta la città di Enna.

Secondo la tradizione mitica, la rocca era anticamente abitata da un re sicano e dalla dea Cerere, moglie del regnante. Inoltre, è opinione comune ritenere che fu edificata dai sicani per fronteggiare le aspre battaglie contro le popolazioni sicule.

Non a caso, la poderosa struttura, situata a circa mille metri sul livello del mare, fu pianificata per scopi puramente difensivi. La vantaggiosa posizione geografica consentiva, altresì, di rilevare con largo anticipo eventuali incursioni nemiche. Per molti secoli, infatti, l’antica roccaforte fu considerata invalicabile e impenetrabile.

Basti pensare che fu in grado di resistere ai potenti assedi delle truppe romane le quali, dopo numerosi scontri, riuscirono a conquistarla sfruttando i passaggi sotterranei della rete fognaria. Siamo pure a conoscenza che, all’epoca della dominazione araba, fu ampiamente sfruttata come strategica postazione di avvistamento.
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Il nome stesso della fortezza, almeno così si vocifera, deriverebbe dall’usanza dei musulmani di soprannominare i normanni con l’epiteto ” lombardi”. Di converso, a giudizio di altri studiosi, l’appellativo alluderebbe alla colonia di gente lombarda che fu ospitata nel 1086 da Ruggero in persona. Ulteriori ricerche hanno, altresì, ipotizzato che la denominazione tragga origine dal noto Enrico di Lombardia il quale, prestando fede a quanto tramandato, prese in sposa Flandina, figlia di Ruggero.

Ad ogni modo, furono proprio gli svevi a rinforzare il complesso edilizio mediante interventi architettonici che lo potenziarono in compattezza e solidità. Dopo i primi riadattamenti del gran conte, fu in seguito sottoposto a modifiche strutturali da parte degli ingegneri che operavano per conto di Federico II di Svevia.

Gli espedienti edilizi adottati, dunque, contribuirono a fortificarlo maggiormente rendendolo ancora più inespugnabile. Dopo la morte di Federico, la titolarità del monumento venne assegnata a Federico II di Aragona. La struttura, invece, appare costituita da tre mura protettive e, al contempo da altrettante corti: la “Corte delle armi”, la “Corte delle vettovaglie” e piazzale San Martino.

Di particolare pregio anche la cosiddetta Sala Parlamentare, il basamento della cappella dedicata a San Martino, gli ambienti ipogei, le scuderie, i granai e i pozzi. Dalle perlustrazioni in loco è emerso che, in principio, il perimetro era circondato da circa venti torri.

Tuttavia, allo stato attuale, le uniche rimaste sono solamente sei. Una di esse, identificata come “Torre Pisana”, è l’esemplare di maggiori dimensioni. Di pregevole fattura, svetta sul piazzale San Martino sfoggiando una veduta panoramica suggestiva e ammaliante.

Ricaviamo pure notizia che l’intera fortificazione subì una grave battuta d’arresto durante la sovranità borbonica. Sotto l’avvento dei Borbone, difatti, venne adibita a sede carceraria. In ogni caso, per chi non lo sapesse, il “fortilizio” è oggetto di costanti ispezioni archeologiche che, nel corso delle indagini, hanno riportato alla luce elementi materiali di straordinario valore.

Una simile attività di ricerca testimonia l’enorme rilievo storico-culturale di cui l’intero sito continua ad essere espressione.
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