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Il suo nome significa piccola montagna: se ci vai (in Sicilia) ammiri "la città dell'Utopia"

Un luogo che è anche un sogno affascinante in assenza di tracce storiche passate. Dalle colline si respira un’aria pulita e le coltivazioni di meloni colorano i paesaggi

Salvatore Di Chiara
Ragioniere e appassionato di storia
  • 23 marzo 2024

Una foto di Gibellina Nuova

C’era una volta un paese di nome Gibellina. Sorgeva al centro della Valle del Belice, vicina ai comuni di Salaparuta e Poggioreale. Era chiamata piccola montagna (dall’arabo "gebel s’ghir). Un centro medievale sorto tra il XIII e il XIV secolo intorno al feudo di Manfredi Chiaramonte.

C’era pure un castello in cima alla collina e il borgo, di stampo medievale, era organizzato attorno a una via principale, poche casette e una vita agricola. Tutto cambiò nella notte tra il 14 e il 15 gennaio 1968. Del vecchio borgo rimane la traccia, indelebile, del Cretto di Burri.

Il nuovo paese, costruito a circa 20 km di distanza dal vecchio centro, ha provato a "rifarsi" il look per dimenticare il triste passato. Dalla A29 - una volta imboccata l’uscita per Salemi, al bivio si svolta a sinistra per entrare dentro il mondo "contemporaneo" di Burri, Paladino, Pomodoro, Sciascia, Purini, Quaroni, Uncini, Venezia e Consagra.

Proprio da quest’ultimo, senza nulla togliere alla fantasia degli altri interpreti, inizia la visita di Gibellina Nuova. A poca distanza dall’autostrada si erge nella sua autentica bellezza la "Porta del Belice". Si tratta di una installazione (1981) in acciaio inox alta 26 metri, simbolo della ricostruzione.
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È doveroso, nel rispetto dei fatti accaduti, aprire una breve parentesi "alla siciliana". Grazie all’amministrazione presieduta da Corrao, nonostante i fondi negati dallo Stato, il sindaco riuscì ad acquisire le somme dovute (eventi, battaglie politiche e generosità degli artisti). Fu l’inizio di un percorso che permise di realizzare circa duemila opere.

Il turista, una volta entrato in terra gibellinese, cosa può ammirare? La città dell’utopia, della speranza, di un sogno lucido e affascinante in assenza di tracce storiche passate. La passeggiata "si infila" nelle geometrie rese complesse nei punti terminali, dove la regola "sbatte" contro le direttrici dei sistemi stradali.

Il contrasto tra luci e ombre determina la composizione di figure espressive dall’alto contenuto emotivo. La scelta cade sul Sistema delle Piazze (gigantesca piazza rettangolare). L’attento osservatore pone l’accento sull’allineamento di piazze cinte da strutture architettoniche laterali. Le stesse furono progettate da Purini e Thermes.

Sono cinque e si dividono in: Piazza Rivolta del 26 giugno 1937, Piazza Fasci dei Lavoratori, Piazza Monti di Gibellina, Piazza Passo Portella delle Ginestre e Piazza Autonomia Siciliana. Sono costeggiate, su due lati, da una sorta di loggiato in cemento. Lo scopo era/è quello di formare una "galleria", una sorta di luogo dove la gente possa incontrarsi.

Sono momenti silenziosi… tra un pensiero rivolto verso il passato e un profumino di agrumeti, oliveti o vigneti "spinto" dal vento.

Attimi che svaniscono nelle vicinanze del municipio, una volta messo piede nella Piazza del Comune. Era uno dei luoghi "preferiti" dagli artisti, coloro che lavorarono tra sculture in metallo bianco e scenografie. Venne realizzata alla fine degli anni Ottanta. È circondata da un portico. Nelle pareti (del portico) si trovano delle ceramiche decorate.

Non lontana si trova la Torre Civica. Realizzata da Alessandro Mendini, rappresenta il ricordo della vita gibellinese di un tempo.

Durante la giornata (quattro volte) emetteva un mix di suoni caratteristici per non dimenticare le tradizioni e il legame con la storia. Perché ogni comunità ha un rapporto speciale col mondo antico, spesso unito alla religione. È un senso di appartenenza alla fede.

Fu così che gli artisti compresero sin da subito l’importanza e la "connessione" tra Gibellina e il suo popolo. Ludovico Quaroni e Luisa Anversa progettarono la Chiesa Madre (1972). Un’opera, unica, in grado di fondere l’architettura metafisica e i principi del razionalismo.

Rappresenta la “corona” dell’intero senso civico (l’assemblea trova posto sia all’interno che all’esterno). È il simbolo della perfezione sferica tra concetti astrali e figure geometriche. La struttura - nel 1994 - cedette nella copertura del tetto senza provocare vittime. Un segno del destino, una base da cui ripartire ancora una volta.

Oltre ad essere un museo a cielo aperto, la città annovera due grandi e importanti musei da non perdere. Il primo è il MAC (Museo Arte Contemporanea). Le opere esposte sono 400, mentre gli artisti coinvolti ben 250. Otto sale espositive conducono i visitatori "verso" la perfezione.

È l’incontro, il connubio tra passato e presente che ha reso Gibellina un tutt’uno mettendo da parte i campanilismi. Non lontano dal paese, in contrada Salinella, sorge il Baglio Di Stefano. Oltre ai capolavori di pittura e scultura (Museo Trame Mediterranee) è presente la Montagna di Sale.

Realizzata da Mimmo Paladino (1990), si tratta di un’opera scenografica con una forma collinare (15 metri) fatta di cemento in vetroresina e pietrame. Sono stati conficcati ben 30 cavalli di legno. Sono i veri protagonisti tra difficoltà (rischio di affondare) e gioie (riemersione).

Domina un giardino Zen fatto con ghiaia arata. Dalle colline si respira un’aria pulita, di nuovo. Le coltivazioni di meloni - quelli gialli e buoni - colorano i paesaggi.

È il preludio all’arrivo dell’estate, alle nuove emozioni che Gibellina prova a "donare" per mettersi alle spalle quel lontano 1968.
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