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Il terremoto più forte d'Italia fu in Sicilia: dal disastro nacquero luoghi unici al mondo

Da allora si valorizzò il barocco siciliano in alcuni dei luoghi che diverranno dei veri "set cinematografici" che tuttora stupiscono per la loro bellezza

Federica Puglisi
Giornalista
  • 3 febbraio 2024

Noto

Ripartenza e ricostruzione: chissà se anche a quell’epoca queste parole che noi siamo stati abituati ad usare negli ultimi anni, erano consueti nel linguaggio comune. Perché sono due termini adatti per parlare di quella "resilienza" che sicuramente apparteneva alla popolazione dei Comuni del Val di Noto che si "risvegliarono" all’alba del 12 gennaio del 1693 con dinanzi agli occhi la devastazione di un terribile terremoto che provocò disastri e morti.

In pochi sanno che una scossa di magnitudo, si stima di 7.4, colpì la costa orientale dell’Isola, tra le province di Catania e Siracusa. Vennero distrutti quarantacinque centri abitati e si contarono oltre 60 mila vittime.

Un terremoto catalogato come il più forte evento sismico avvenuto negli ultimi mille anni in Italia. Due furono le pesanti scosse a distanza di due giorni.

La prima il 9 gennaio, alle 4.30, con magnitudo 6.0 con ingenti danni ad Augusta, Avola, Noto, Floridia, Melilli, Catania e Lentini.
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Ma fu la seconda scossa, quella dell’11 gennaio alle 21.00, ad avere effetti devastanti. Ne seguì un maremoto che investì la costa da Messina a Siracusa. A Catania e ad Augusta le onde furono altissime. Il devastante terremoto provocò morte e distruzione in Sicilia orientale, ma anche lesioni e crolli parziali a Palermo, Agrigento, Reggio Calabria.

I danni furono catastrofici tra Catania e i comuni dell’entroterra, mentre circa settanta tra centri urbani e città tra Siracusa e Ragusa subirono danni. In molti comuni ci furono frane e smottamenti nei terreni, da cui uscirono gas o acque calde e altri materiali fluidi, con gravi conseguenze per la popolazione.

Ovviamente gli studi condotti con le nuove tecnologie hanno permesso di capire di che potenza sia stato questo terremoto. Infatti si stima che la scossa di giorno 11 gennaio avesse una magnitudo compresa tra 7.1 e 7.4 con un epicentro in mare aperto.

Non essendoci strumenti per registrarlo, come adesso, il suo valore di magnitudo è stato dedotto studiando la geologia del luogo e consultando le fonti dell’epoca. Il valore sulla scala Mercalli sarebbe stato pari all’undicesimo grado, quindi di una gravità estrema. Fin qui la cronaca dell’evento. Ma perché si parla di resilienza e di ricostruzione.

Perché questo terremoto segnò l’inizio di un cambiamento di passo radicale e occasione di sviluppo e rilancio economico per le zone gravemente colpite.

Infatti all’indomani dal devastante sisma le classi dirigenti che governavano a quel tempo diedero mandato ad artigiani e architetti di occuparsi della ricostruzione.

Se oggi, dunque, i Comuni del Val di Noto vantano l’iscrizione nella prestigiosa lista Unesco per i loro monumenti e chiese, è soprattutto grazie all’opera di quegli uomini. A quattro mesi dal sisma furono avviati i cantieri, che misero mano alla pietra bianca degli Iblei a quella nera dell’Etna per modellare edifici, chiese, monumenti.

Ma soprattutto si diede spazio a città più sicure, con ampie piazze e vie di fuga, come la pianta esagonale della città di Grammichele. E così si valorizzò il barocco siciliano a Noto, Ragusa, Catania, Siracusa, che diverranno dei veri “set cinematografici” che tuttora stupiscono i visitatori per la loro straordinaria bellezza.

E ancora capolavori d’arte le chiese di Ferla e Buscemi, la basilica di San Paolo di Palazzolo, la Maddalena di Buccheri, la splendida Noto. I comuni, dunque, rinascono e la paura per ciò che era accaduto diventa espressione di creatività.
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