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In Sicilia c'è una città perduta: tra le strade e le botteghe dell'antica "Megara Hyblea"

Ad oggi del sito si può vedere ciò che resta della città di un tempo, dove la vita sembra quasi congelata, ferma, come doveva essere in età antica la colonia greca

Federica Puglisi
Giornalista
  • 1 ottobre 2023

L'antica città di Megara

Camminare tra le strade di un’antica colonia greca e immaginare come fosse la vita tra le sue case, botteghe e la sua gente. Sulla costa della Sicilia orientale c’è un’area archeologica che conserva qualcosa di magico per chi ama l’antichità.

Siamo ad Augusta a poca distanza dal Petrolchimico.

Qui sorge il sito di Megara Hyblea, fondata dai greci nella seconda metà dell’VIII secolo a. C. e considerata una delle più antiche colonie greche in Sicilia. Un sito tutto da scoprire, anche se, purtroppo, poco conosciuto e valorizzato.

Quando i greci la fondarono probabilmente rimasero affascinati dal luogo a pochi passi dal mare, dunque in una posizione altamente strategica.

La pianificazione urbanistica della città greco-arcaica presentava ambienti pubblici e privati, case, botteghe, vie, come testimoniano le numerose campagne di scavo promosse in questi anni. Facile, dunque, immaginare quanto fosse attiva e vitale la quotidianità tra le vie della colonia. La città venne distrutta dal tiranno Gelone, per poi tornare a vivere nel IV-III sec. a.C., e in età romana.
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Si ha testimonianza della sua esistenza fino all’età bizantina e al Medioevo. Purtroppo la vicinanza con la zona industriale non ha facilitato in passato, né la facilita tuttora, la fruizione. Le stesse campagne di scavo avviate quando il sito fu scoperto vennero spesso ostacolate dalle grandi aziende del petrolchimico.

Tanto che attualmente sono visibili soltanto i resti dell’antica colonia, mentre la parte delle necropoli è stata “coperta” dai lavori per le raffinerie.

Si racconta che negli anni Cinquanta ci fu una vera e propria lotta tra le raffinerie e la Sovrintendenza, per cercare di salvare Megara. Tra gli archeologi che portavano alla luce antichi resti e le ruspe delle aziende che cercavano di coprire gli scavi. Emblematico fu il ritrovamento della "Kuorotrophos", la statua della Dea madre che allatta due gemelli, risalente al VI sec. a.C., distrutta in 936 frammenti.

Solo il tempestivo intervento degli archeologi permise il recupero dei pezzi e la statua venne riassemblata e poi esposta al museo archeologico Paolo Orsi di Siracusa.

Ma se si vuole conoscere questo sito, dunque, cosa si può ammirare. Innanzitutto l’agorà che come una grande piazza era l’anima della colonia greca. Essa presenta i resti di due portici, i bagni ellenistici, l'heroon un edificio di culto, i resti delle mura di cinta e di un tempio ellenistico, nonché le fondamenta di un tempio arcaico. E ancora i resti di tante case, di un’officina metallurgica.

Le necropoli erano più di una. Esse si estendevano a Nord e a Sud del pianoro su cui sorge la città. Un pianoro, dunque, delimitato da due fiumi al di là dei quali venivano seppelliti i morti, infatti nel mondo arcaico era importante la separazione netta tra la “città dei vivi” e quella “dei morti”.

Inoltre tutte le fondazioni greche battevano moneta, per esprimere la propria autonomia, per mostrarsi al mondo, ne sono un esempio Siracusa che aveva il pegaso, Leontini il leone, Naxos il dio fondatore.

Megara non batteva moneta, un dato particolare, quasi a significare che gli abitanti non volessero esprimere la propria autonomia. E per arricchire la propria curiosità si può anche fare una tappa al Museo archeologico regionale Paolo Orsi di Siracusa che conserva numerosi reperti di Megara.

Oggi quindi del sito si può vedere ciò che resta della città di un tempo, dove la vita sembra quasi congelata, ferma, come doveva essere in età antica.

Per scoprire le necropoli, e tutta quell’area oggi coperta dagli stabilimenti, dovrebbe avvenire una "rivoluzione".

Un giorno, magari, quando i tempi saranno maturi, questo avverrà. E negli ipotetici progetti di bonifica e rifunzionalizzazione del polo petrolchimico, di cui tanto si parla, si cercherà di dare spazio alla scoperta di un’area archeologica troppo spesso dimenticata ma ricca di grandi tesori.
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