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In Sicilia esiste una "presenza" dimenticata: è un vecchio gigante che spicca nel verde

Questa costruzione, immersa nel silenzio di un paesaggio bucolico e in parte nell'oblio storico, un tempo fu "occhi e orecchie" dei cittadini di una città siciliana

Francesca Garofalo
Giornalista pubblicista e copywriter
  • 3 dicembre 2023

Torre Targetta (Siracusa) - foto di Antonio Randazzo

Immersa nel silenzio di un paesaggio bucolico, e in parte nell'oblio storico, di Siracusa esiste "una presenza", un tempo occhi e orecchie dei cittadini: Torre Targetta.

Una costruzione, posizionata in una zona pianeggiante che sbircia il mare verso nord-est e protetta dalla terrazza rocciosa dell’Epipoli, di cui si hanno pochissime fonti storiche. Infatti, non è annoverata dai grandi annalisti dell’Isola e dai viaggiatori stranieri che, a fine ‘700, visitarono la città aretusea, probabilmente perché distante dall’isola di Ortigia, luogo invece di maggiore interesse.

Ma se vogliamo comprendere la sua funzione dobbiamo partire dal Cinquecento, l’epoca degli imperatori Carlo V e Filippo II, quando il litorale siciliano è nel mirino di corsari barbareschi del Nord Africa e ottomani.

Un’emergenza che richiede subito un progetto efficiente di difesa, affidata alle torri. Così, durante il viceregno di Marcantonio Colonna vengono seguiti come faro nel buio delle incursioni i progetti di due grandi ingegneri militari: Tiburzio Spannocchi e Camillo Camilliani.
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Proprio quest’ultimo scrive una documentazione sulle condizioni delle fortificazioni costiere in Sicilia "Descrittione delle marine di tutto il regno di Sicilia con le guardie necessarie da cavallo e da piedi che vi si tengono", e riprogetta un sistema di fortificazioni lungo le coste dell'Isola martoriate da saraceni, turchi ottomani e dai corsari barbareschi.

Ogni torre, pensata per stare in contatto ottico con altre, era presidiata a turno da 2 - 3 persone remunerate con il denaro di alcuni nobili o con fondi raccolti dalla popolazione.

Ciascuna di esse fungeva da avviso, con segnali di fumo il giorno e di fuoco la notte; avvertimenti tempestivi che garantivano la fuga e la salvezza dai pirati, approdati nel territorio per fare razzia e, soprattutto, ostaggi. Condizione molto temuta dagli assediati, perché li rendeva oggetto di violenza, in caso delle donne e merce di scambio per riscatti in denaro o schiavi per i mercati del Nord Africa e della Turchia, nel caso degli uomini.

E proprio in questo contesto di timore si colloca la storia e la funzione della Torre Targetta. Una torre di avviso privata fondata nel 1550 da Consalvo De Orobellis Monpalao, appartenente a una delle nobili famiglie iberiche trapiantate dalla Spagna a Siracusa al tempo del governo della Camera Reginale, soppressa poi da Carlo V nel 1536.

Tutt’ora il nome del fondatore è inciso sulla lapide di marmo collocata lungo la torre: “Consalvus de Orobellis et Monopalao me fondavi in hoc loco solattiorum regnante Carlo V imperatore anno apartu virginis M.D.L.”; una costruzione di 12,40 metri collegata alla vedetta della penisola Magnisi e a quelle presenti lungo la zona costiera.

La torre, di forma quadrangolare, è caratterizzata da due piani più un terrazzo; ha delle finestre sui 4 lati e un doccione, apertura per dirigere le acque piovane del terrazzo verso l’esterno.

Ma ciò che desta particolare interesse è l’interno, dove avveniva in alcuni casi l’incontro ravvicinato con i nemici. Durante gli assalti dei pirati, infatti, i pochi uomini che non avevano il tempo di fuggire, avvertivano suonando una campana e poi si chiudevano dentro la torre.

Qui, ricorrevano al loro stratagemma salvifico: la scala levatoio. Un modesto strumento di difesa in legno, che conduceva in un batter d’occhio alla parte superiore della Targetta e una volta tirato a sé, garantiva la protezione dai pirati.

A meno che quest’ultimi non avessero la buona volontà e il tempo di scalare la torre solo per 2 - 3 prigionieri, s’intende. In questo caso, esisteva la caditoia interna: un’apertura quadrata, dalla quale gli assediati lanciavano liquidi e pietre per contrastare la scalata nemica.

Oggi, quella scala mobile non esiste più, sostituita (come in molte torri del territorio) da una in ferro o in muratura; stessa sorte per la campana, assente forse per varianti di costruzione e d’uso.

Infatti, nel tempo, la torre Targetta da guardiano della costa e binocolo per incursioni diventa un magazzino per le attività agricole circostanti.

Un gigante, dunque, che spicca nel verde poco distante dalla città e oggetto di un destino beffardo: da acuto osservatore indispensabile e raggiungibile, a visione cieca da osservare solo da lontano, perché non più accessibile.

(Fonte storica: Società siracusana di Storia Patria. Documento dell’Archivio di Stato di Siracusa: "Le torri nei paesaggi costieri siciliani").
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