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La storia di Pirandello e il Mediterraneo: nei versi la Sicilia e il mare "immenso e geloso"

“Io sono nato in Sicilia e lì l'uomo nasce isola nell'isola e rimane tale fino alla morte" recitavano i versi dello scrittore premio nobel. La sua vita legata all'isola e al mare

Elio Di Bella
Docente e giornalista
  • 5 dicembre 2022

Il mar Mediterraneo

Il Mediterraneo è stato in più occasioni centro catalizzatore della fantasia del premio Nobel della Letteratura Luigi Pirandello.

Non poteva essere diversamente, secondo lo stesso scrittore siciliano. “Io sono nato in Sicilia e lì l'uomo nasce isola nell'isola e rimane tale fino alla morte, anche vivendo lontano dall'aspra terra natìa circondata dal mare immenso e geloso”, ci ha ricordato Pirandello, pronunciando il discorso in occasione della morte di un altro grande della letteratura europea per il quale il mare è stato una immensa metafora: Giovanni Verga.

“La sicilianità della sua narrativa ebbe uno strettissimo rapporto con la civiltà del Mediterraneo, dalla quale colse temi, contesti, e personaggi”, ha scritto Karl Chircop (La Sicilianità Mediterranea nei Vecchi e i Giovani di Luigi Pirandello). Nasce il 28 giugno 1867 Pirandello dentro una sterminata dinastia palermitana di gente di mare.
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Nel libro I Pirandello del mare di Mario Genco a proposito della famiglia Pirandello, si legge: «avevano traffico col mare dai tempi remoti che i bastimenti si chiamavano pinchi, bovi, feluche; poi furono golette, brigantini a palo e grandi velieri a tre e più alberi.

Quando il vapore sostituì il vento, comandarono piroscafi e transatlantici, parteciparono come azionisti e diressero compagnie di navigazione, fino agli anni Cinquanta del Novecento»

I Pirandello infatti navigavano e armavano bastimenti da tempi remoti e fondarono e diressero compagnie di navigazione. Il nonno di Pirandello, Andrea, spedì il figlio Stefano in Sicilia per curare i suoi affari di imprenditore nel mercato dello zolfo e Stefano si trasferì nel 1867 in una casa al mare, quando a Girgenti (Agrigento) si moriva per il colera.

Ed in celebri versi Pirandello ricorda che in quei giorni di terrore vide la luce, in una casa di fronte “il mare aspro”. Una casa e il mare a poche centinaia di metri a cui pensò spesso: “Casa romita in mezzo a la natia campagna, aerea qui, su l’altipiano d’azzurre argille, a cui sommesso invia fervor di spume il mare aspro africano…” (Pirandello, Ritorno)

Di quella casa natia, in contrada Caos, Pirandello poteva ammirare il mare, lontano poco più di 200 metri. Vi arrivava percorrendo un viale polveroso di sabbia, fiancheggiato da erbe rigogliose, che rasenta il greto di un burrone profondo e desolato e infine sfocia al mare.

Ma siamo certi che l’adolescente Pirandello soprattutto ammirava quel suggestivo mare africano seduto all’ombra del grande pino mediterraneo, alto 20 metri, a cui arrivava percorrendo un breve stretto sentiero, che ancora oggi i turisti fanno per vedere il masso cui si trovano le ceneri del premio Nobel. L’aspro mare africano torna molte volte nelle pagine pirandelliane a dare «spume» e infinite variazioni d’azzurro come un’eterna melodia variata in tutte le possibili modulazioni.

Un rapporto simbiotico, di nostalgie e di affetti quello pirandelliano con la spiaggia sotto casa e coll’antico Molo di Girgenti, dove veniva imbarcato lo zolfo delle miniere di suo padre, che lui pesò per tre mesi estivi nel 1886 e dove, oltre al suono del frangersi delle onde sulle “due ampie scogliere del nuovo porto”, udiva anche “lo strepito e i fischi di un treno che attraversa la spiaggia” per concludere la sua corsa nella stazioncina dell’industrioso Porto Empedocle.

Qui, di fronte la Torre di avvistamento voluta da Carlo V e “oltre il braccio di levante fanno siepe alla spiaggia le spigonare con la vela ammainata a metà su l’albero”. Ma soprattutto da quella borgata marina “venivano in tumulto sullo spuntar del giorno i cosiddetti pescatori”.

Fin da ragazzo Pirandello viene così a contatto con la realtà abbastanza misera degli uomini di mare, dei carrettieri, dei mozzi delle spigonare, dei giovani di magazzino, dei pesatori e degli scaricatori Ed ama quell’angolo di mare Mediterraneo “perché lì, sulla spiaggia, urge la vita”.


Con quali sentimenti Pirandello guardasse a questa vita, forse possiamo coglierlo dalle pagine della novella “La maestrina Boccarmè”, dove la protagonista passeggiando lungo il Molo e guardando le navi ormeggiate, immagina che arrivino “ d’un lontano ignoto che la faceva sospirare” e poi indugiava con piacere nel vedere che “Tanti accorrevano allo scalo per comperare il pesce fresco per la cena” e restava a lungo “a guardar le navi, a interessarsi alla vita di bordo”.

Affatto infastidita dal “grassume di quell’acqua chiusa, sulla cui ombra vitrea, tra nave e nave, si moveva appena qualche tremulo riflesso”. E infine, “sollevando con gli occhi tutta l’anima a guardare nell’ultima luce la punta degli alti alberi, i pennoni, il sartiame, provava in sé, con una gioja ebbra di freschezza e uno sgomento quasi di vertigine, l’ansia del tanto, tanto cielo, e tanto mare che quelle navi avevano corso, partendo da chi sa quali terre lontane”.

In questo habitat Mediterraneo, punto di incontro tra il sofismo ellenico, l’immobile destino latino e lo spirito fatalistico ma scintillante ed operativo arabo lo scrittore si trovava a contatto con una terra che non avrebbe più dimenticato nella sua fortunata quanto dolorosa anabasi che lo fece diventare irrequieto cittadino di terre e di mari.

L’unico luogo – se vogliamo credere alla testimonianza che Corrado Alvaro ha lasciato nella sua prefazione alle Novelle per un anno – di cui egli rammentava “luoghi, aspetti, ore; e sì che aveva viaggiato parecchio mondo… Quella balza, quel colle, quei templi, quella campagna, il mare…”.

Ma forse con più sofferta partecipazione, Pirandello assisteva allo spettacolo che gli si svolgeva intorno e sotto gli occhi sulle banchine di Porto Empedocle: «Scendendo alla spiaggia, vedeva le spigonare, dalla vela triangolare ammainata a metà su l'albero, in attesa del carico, oltre il braccio di levante, lungo la riva, sulla quale si allineava la maggior parte dei depositi di zolfo.

Sotto alle cataste s'impiantavano le stadere, sulle quali lo zolfo era pesato e quindi caricato sulle spalle degli uomini di mare protette da un sacco commesso alla fronte. Scalzi, in calzoni di tela, gli uomini di mare recavano il carico alle spigonare, immergendosi nell'acqua fino all'anca, e le spigonare, appena cariche, sciolta la vela, andavano a scaricare lo zolfo nei vapori mercantili ancorati nel porto o fuori» (Pirandello, Lontano).

E sapeva bene l’agrigentino Pirandello che tutto ciò accadeva perché qui “ Non si costruiscono le banchine sulle scogliere del nuovo porto, da cui l’imbarco si potrebbe fare più presto e comodamente coi carri e coi vagoncini, perché i pezzi grossi del paese sono i proprietari delle spigonare” (Pirandello, I vecchi e i giovani) Mare, barche, pescatori sono i soggetti preferiti da Pirandello quando, giovanissimo, si abbandona alla gioia di realizzare, dipinti a olio, piccole tavole in pieno stile ottocentesco. Il mare diventa paesaggio dell'anima anche nel quadro “Marina di Porto Empedocle”.

“Pirandello cerca nel mare un modo per godere, per lui le profondità marine sono i luoghi, dove la sovrapposizione del reale e del fantastico si confonde fino ad annullarsi” (Carlo di Lieto, Pirandello pittore). Nella scrittura e nella pittura il paesaggio mediterraneo, ora onirico ora reale, appare costantemente quale scenario privilegiato e significativo. Un paesaggio che, come notato da Assunta De Crescenzo, “assume nell’opera di Pirandello un ruolo che non è puramente descrittivo o decorativo, ma diviene esso stesso parte attiva, nucleo propulsivo della rappresentazione”.

Il mare di Porto Empedocle è un luogo emblematico in cui gli eventi quotidiani forniscono a Pirandello sia diversi momenti di umanità, sia un’infinita varietà di paesaggi che non vengono usati come elemento di decorazione o di cornice, ma hanno un valore intimo che nasce dall’osservazione della realtà dei luoghi in cui ha vissuto e pertanto si rivestono funzionalmente della visione pirandelliana della vita. I luoghi della marina in cui è nato fanno parte della perenne recitazione della vita per lo scrittore che ha rivoluzionato il teatro nel Novecento.
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