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Le caprette che ti fanno ciao e la Gara della Ruzzola: è in Sicilia la "città del Formaggio 2021"

Fa parte del circuito dei borghi più belli d'Italia ma la sua lunga tradizione legata al formaggio, grazie al Maestro Assaggiatore Tiziana Buemi, le ha portato anche un nuovo riconoscimento

  • 25 febbraio 2022

Quando si arriva nella loro proprietà di montagna a Novara di Sicilia, sembra di entrare nel cartone animato di “Heidi”. Avete presente quelle alture “con le caprette che ti fanno ciao”? Ebbene lo scenario somiglia un po’ a quello tra colline verdeggianti se fosse primavera e leggermente innevate in questo periodo invernale. “Qui c’è un mondo fantastico” o non sarà proprio così come si cantava nella sigla del Cartoon anni Ottanta ma l’Azienda casearia, in cui noi abbiamo voluto immergerci durante l’affascinante preparazione dei formaggi è sicuramente uno “Stargate” per emigrare in una vita rallentata di altri tempi, con un ritmo scandito dal pascolo e dalla mungitura degli ovini e bovini.

Parliamo di una impresa locale tra le più longeve del settore che ha avuto la risolutezza di far diventare il comune messinese - Novara di Sicilia “Città del Formaggio 2021”, titolo consegnato con la "segnaletica stradale" al Sindaco Girolamo "Gino" Bertolami: la protagonista è l’Azienda Agricola Buemi Tiziana Sas (in Contrada Montagna), costituita appunto da Tiziana Buemi in primis che si è mossa per attivare l’iter del riconoscimento attraverso l’Onaf ovvero l’Organizzazione Nazionale Assaggiatori Formaggio.
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E quale alimento speciale poteva esserci in queste zone se non il Maiorchino, a pasta dura con percentuale di latte misto ovi-caprino? Basti pensare che la cittadinanza di Novara di Sicilia ha ideato una competizione ludica che è datata al primo trentennio del ‘600 (quando sorgono i primi vicoli), a tema di Maiorchino detta “Gara della Ruzzola” che consiste nel far rotolare le forme di questo formaggio (al posto del disco di legno), lungo un tragitto di circa 1 km del centro storico: dalla via del Duomo ad un muretto del piano Don Michele. Si svolge nel periodo che anticipa il Carnevale di tre weekend (quest’anno dal 13 al 27 febbraio, compresi il lunedì 28 e il 1° marzo) ed assolda diversi lanciatori di Maiorchino che, in genere, sono gli stessi produttori e bottegai del paese.

Si costituiscono tornei maschili e femminili con più squadre (quest’anno 16 tra le file azzurre e 7 tra le rosa), ognuna di tre sportivi ed il capitano decide l’ordine del primo tiro che avviene senza rincorsa, su un punto fisso e “pedi fermu” con un cappio robusto fatto con lo spago del calzolaio - “a’ lazzada”, annodato alla “ruota latticina” e “impeciato” (in modo da attaccarsi meglio al bordo) per lasciarla andare con la giusta forza. Vince chi tocca prima il traguardo - “a’ sarva”, con il minor numero di lanci ed evitando che il formaggio sbatta troppo inceppando il ruzzolamento.

La forma di Maiorchino usata ha un peso di circa 10 chili, un diametro di 35 centimetri ed uno spessore di 12 centimetri. La missione è anche capire quale sia il cacio più resistente. Il lanciatore più anziano del paese è il signor Antonino Sofia di 81 anni ma ci sono anche giovanissimi tra i 10 e i 14 anni che hanno gareggiato l’anno scorso.

Tra il 23 e il 25 aprile (nella normalità “No Covid”, sempre entro la Quaresima), si giocano le semifinali maschili, la finalissima femminile e maschile e si conclude con la “Festa del Maiorchino” in Piazza Bertolami ovvero degustazioni di formaggi con un buon vinello, seguite da maccheroni con sugo di salsiccia e danze. Il popolo di Novara ama divertirsi, oltre che affaccendarsi con i Formaggi, tant’è che in sinergia con il “Circolo Olimpia” che custodisce la tradizione del gioco, le associazioni culturali del posto organizzano cinque giorni di festa senza tregua nel Teatro comunale “Riccardo Casalaina”, a partire dal Giovedì Grasso (saltando solo il venerdì successivo) e coinvolgono le famiglie che ballano fino alle 5 del mattino dalla “disco music” al liscio.

Questi “viveur” affittano di generazione in generazione ogni anno per ogni famiglia gli stessi palchetti, all’interno dei quali si apparecchiano i tavoli e mangiano i prodotti locali: dal pecorino ai salumi. Al di là dell’esperienza folcloristica da incasellare nel bagaglio culturale sia da concorrente sia da turista che voglia conoscere questa usanza per avvicinarsi ad una piccola comunità, il borgo medievale tra i 23 della Sicilia “più belli d’Italia” è detto anche “di pietra”, grazie ai suoi maestri scalpellini perché costruito tutto in pietra arenaria e cipollino, come per il castello saraceno e, tra l’altro, pieno di scorci ipnotici, una ventina di chiese (tra cui il Duomo di Santa Maria Assunta del XV secolo con le sue tante sculture e la più antica del 1237 - Chiesa di San Francesco d’Assisi) e luoghi di culto.

Novara di Sicilia merita di essere visitata almeno una volta nella vita per l’arte, il senso di profondità e meditazione che infonde dalla sua localizzazione tra i Monti Nebrodi e i Peloritani e a valle della Rocca Salvatesta, reputata il “Cervino di Sicilia” e infine per l’aspetto gastronomico e gioviale, forse meno avveduto e più “di pancia”. Soffermandoci sul concetto “di pancia”, l’istinto dei residenti ha permesso che la produzione e la commercializzazione del formaggio Maiorchino ma anche di Ricotta e Tuma facessero da padrone in questo habitat.

La titolare dell’Azienda Tiziana Buemi, che anche è Delegata del Direttivo Coldiretti Sicilia, Delegata Donne Imprese per la provincia di Messina e Maestro Assaggiatore Onaf dal 2021, porta l’onere e l’onore di quattro generazioni di allevatori e produttori caseari da parte di entrambi i genitori: già il suo bisnonno paterno Giuseppe Buemi del 1898 si occupava del bestiame come anche il bisnonno materno Girolamo Sofia quindi passando dal nonno Alfio Buemi a suo padre Giuseppe del 1948. Tiziana gestisce ed amministra dal 2018 questa figlia del lavoro, insieme alla sorella Loredana, a sua madre Anna Sofia e al nipote Giuseppe (figlio del fratello Alfio); ad aiutarla anche suo figlio Enzo di 32 anni.

«Quando avevo dieci anni - commenta Tiziana – mio padre possedeva 5mila capre, 3mila pecore, un centinaio di vacche, più otto operai fino al 2000. Ad oggi, invece zero operai; dal 2000 al 2020, potevamo contare su 2mila pecore, 1500 capre, 40 mucche e un cavallo sanfratellano e quattro operai. Il cambio di denominazione aziendale è stato fatto per godere delle agevolazioni economiche in qualità di donne».

Il caseificio in un anno e mezzo della pandemia è rimasto chiuso perché non si è trovata la manodopera. «Ho fatto quello che potevo per accudire le pecore – chiarisce Tiziana -: iniziavo a mungere ad aprile e finivo a luglio 1500 capi tra pecore e capre, racimolavo 500 litri di latte mattina e sera. Adesso, 50 litri di latte al giorno, 22 chili di maiorchino e 60 di ricotta, caseificati ogni quattro giorni, in modo da arrivare a 200 litri. Quando le pecore partoriscono, ovviamente il latte aumenta. Perciò controlliamo la gestazione di questi ovini che dura cinque mesi.

Facciamo mescolare allo stato brado gli arieti due volte l’anno, a maggio e ad ottobre, per calcolare il parto a febbraio e a settembre. Un ciclo vitale funzionale anche all’impiego dell’agnello nelle tavole sia a Natale che a Pasqua. La gravidanza degli animali può essere anche a sorpresa».

La passione di Tiziana verso la natura e il suo mestiere è già di per sé uno spaccato suggestivo di vita. «Sul 20 per cento degli animali in possesso, il Disciplinare prevede di avere alcuni esemplari di varia qualità – mette in risalto l’allevatrice -. La razza Pinzirita è tipica nel messinese sui Peloritani e in tutta la Sicilia orientale e per avere altre tipologie le dobbiamo acquistare. Queste locali producono 300 grammi di latte al giorno 25-28 chili, 50 Lacaune di origine francese e di taglia media (circa 70 chili più grosse di quelle peloritane) ne fa due litri, la pecora sarda che fa pure due litri. Vendo a 60 euro la Pinzirita, 400 euro ciascuna di razza Lacaune».

Novara di Sicilia è “Città del formaggio” da maggio 2021, fatto che non è stato molto sponsorizzato causa Coronavirus, in compagnia di altri due comuni, Bracciano e Bergamo, andando così a distribuire un apprezzamento nell’Italia del Sud, del Centro e del Nord, come fa notare il Delegato per la Sicilia e Consigliere Nazionale Onaf Pietro Pappalardo. Questo passaggio è necessario per comprendere che l’Onaf vuole ampliare i suoi orizzonti, tanto che quest’anno premierà ben dieci siti e l’unico in Sicilia per il 2022 sarà Enna con il suo ghiotto “Piacentino”.

L’associazione, nata nel 1989, ha istituito l’Albo delle Città del Formaggio e sta allargando la platea dei suoi discepoli insegnando la tecnica di degustazione casearia: finora, ha dato l’investitura in Sicilia a 120 Assaggiatori di primo livello e 40 Maestri Assaggiatori. In tutta Italia, 15mila assaggiatori con 38 delegazioni che annualmente suggeriscono una località al Direttivo Nazionale per assegnare il titolo. Ad aprire le danze dei riconoscimenti è stato nel 2020 Santo Stefano Quisquina, un paese dell’agrigentino, comunicato dall’Onaf per la presenza di 5-6 aziende Agricole Zootecniche.

Il Maiorchino è un PTA o Prodotto Agroalimentare Tradizionale che segue, per almeno 25 anni, canoni di lavorazione, conservazione e stagionatura. Quest’ultima è di buona fattura se arriva a 6-8 mesi e condiziona la piccantezza che aumenta proporzionalmente al tempo. Tiziana ha stagionato una forma di formaggio a 40 mesi, venduta come pezzo pregiato in una manifestazione di spettacolo a Taormina, nell’estate 2021. La salatura avviene dopo 4 giorni dalla preparazione, dopo di che a giorni alterni da un lato e dall’altro per circa un mese. La bollitura del mix di latte procede a 45° C mentre la ricotta si ottiene con il latte ricavato dal maiorchino, a cui si somma a 60°C il latte intero, poi a 80° C nell’ultima parte la cagliata con i rametti di fico che cedono il lattice e creano i caratteristici “grumetti”.

Il Maiorchino riceve l’attenzione di due Atenei di Messina con il professore Vincenzo Chiofalo del Corso universitario di Veterinaria e Catania con il docente Giuseppe Licitra che veste i panni del suo secondo incarico da presidente Corfilac - Consorzio di Ricerca per la Filiera Lattiero Casearia a Ragusa: entrambi collaborano con agronomi ed allevatori. La novità per Novara di Sicilia riguarda l’avvio dell’iter per la denominazione “Dop” del Maiorchino che è stato incoraggiato da Tiziana Buemi. La certificazione prevede un procedimento molto lungo che deve impostare un Disciplinare, su cui si deve ritagliare un accordo tra produttori, tecnici e studiosi e che deve essere valutato dal Ministero dello Sviluppo Economico (Mise).

«L’Università sta realizzando campionamenti del latte in tutte le aziende casearie da due anni – spiega Tiziana -. Abbiamo iniziato dalla mungitura per utilizzare il quantitativo corretto per ogni forma: 70 per cento latte ovino e 30 per cento caprino. Si parla di riunirci in Consorzio da 20 anni ma sarebbe bello contare almeno sul Comitato Promotore».
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