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Le persiane in Sicilia, l'occhio del Grande Fratello: quando il curtigghio allunga la vita

Sparlare è bello, sparlare ci piace, ma soprattutto ci fa bene alla salute e questo spiegherebbe perché le nostre nonne campavano quanto Matusalemme

Gianluca Tantillo
Appassionato di etnografia e storia
  • 17 aprile 2023

Molto prima della CIA, infinitamente prima di Facebook, mia zia si faceva già i kaiz di tutti da dietro la finestra. Quale mantello dell’invisibilità di Harry Potter o vista a raggi-X di Superman - quelli principianti sono!

Zia Agatina si cafuddava dietro le persiane e alla gente gli faceva la radiografia per sapere cosa avevano mangiato la sera prima. È il 1949 quando George Orwell scrive il romanzo distopico intitolato "1984" (distopico è una parola difficile che ho messo apposta per fare vedere che sono allittrato e che significa: “rappresentazione di una realtà immaginaria del futuro, ma prevedibile sulla base di tendenze percepite nel presente”).

Comunque, da questo romanzo nasce la nozione di Grande Fratello, che non è quella porcheria che fanno in televisione, ma un concetto che sarà lungamente studiato dalla filosofia contemporanea e basato sul “Panopticon”, nonché il progetto di un carcere perfetto ideato dal giurista inglese Geremy Bentham nel 1791, e che avrebbe permesso di osservare tutti i detenuti da un’unica postazione.
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Dici “ma che ci trase Orwell e Geremy Bentham con tua zia Agatina?" Ora ci arriviamo. Big Brother è praticamente il nome (o l’appellativo) del dittatore supremo che tutto sa e tutto controlla nel capolavoro orwelliano. Cioè, Darwin diceva che non sopravvive il più forte ma quello che ha più spirito di adattamento.

E secondo questa teoria quindi (guerra a parte) nessuna specie farebbe qualcosa che possa mettere a repentaglio la propria salvezza o che possa esserle nocivo. Infatti scopriamo che l’Università di Pavia ha condotto studi sui benefici dello "sparlamento" e si è scoperto che “lo spettegolare aumenta la produzione dell'ormone dell'ossitocina nel corpo, diminuendo invece la presenza di cortisolo”, ovvero gli ormoni della felicità e dello stress.

Insomma sparlare è bello, sparlare ci piace, ma soprattutto sparlare ci fa bene alla salute (e ciò spiega perché le nostre nonne campavano quanto Matusalemme). Seguendo questa linea teorica potremmo quindi addirittura assurgere il ribaltamento del sempre evergreen “cu si fa i kaiz sua campa cent’anni” azzardando che invece è scientificamente vero il suo esatto paradosso.

“Ma per trattar del ben ch’i vi trovai”, e non stonarvi più la testa, andiamo a vedere da dove spunta questo strumento di spionaggio che è la persiana, e che ora sappiamo aver svolto una funzione di Elisir di lunga vita per le nostre vecchie. Le persiane, strumento architettonico che è diffuso in tutta Italia, ma che è entrato nel DNA della Sicilia diventando un emblema di sicilianità, si diffondono nel Bel Paese nel XVIII secolo.

Tuttavia questo sistema di oscuramento è molto più datato nel tempo. Il bisogno, infatti, di proteggersi dal sole è antico quanto la camminata a piedi. Le prime popolazioni del deserto usavano appendere stracci bagnati nelle loro case, o in prossimità delle finestre per rinfrescare l’ambiente.

Gli egizi hanno inventato un sistema di tenda oscurante fatto di tante piccole canne legate fra di loro (il famoso cannucciato); in Cina lo hanno riproposto con le canne di bambù, in Jamaica potete benissimo immaginarvelo da soli. I romani invece proteggevano le loro case con delle tende fatte con delle strisce di stoffa, non troppo diverse da quelle che usiamo oggi negli uffici.

Secondo le fonti storiche è molto probabile che a dare il nome di “Persiane” siano stai i mercanti veneziani che per quella mania di fare import/export pare le abbiamo portate in Italia proprio dalla Persia.

Di lì a poco, e fino ai nostri giorni, prenderanno anche il nome di “Veneziane”. Il lotto riscuoterà immediatamente successo e si diffonderà un po’ ovunque. I genovesi le chiameranno genovesi e ognuno gli farà qualche piccola modifica dandogli il nome che vuole.

Un’altra scuola di pensiero invece vuole che il nome provenga dal francesismo “persienne” ma che tanto fa sempre riferimento alla stessa origine.

Ora dici “ma in tutta sta storia tua zia Agatina dove andò a finire?”.

Ecco, tutto parte dalla Persia. Mia zia Agatina no perché quella non si è mossa mai dal paese di Trabia, solo una volta se ne andò in viaggio di nozze a Barcellona Pozzo di Gotto con mi zio Aspano. E non è un caso che iniziando tutto giusto dalla Persia, uno dei nomi meno noti ma più suggestivi delle nostre persiane sia “gelosia”.

Secondo il racconto, infatti, fu un re Persiano geloso di sua moglie e delle sue figlie a commissionare ad un artigiano la costruzione di una finestra che permettesse di non privarle della vista verso l’esterno ma impedisse ai mommi (guardoni) di poterle vedere.

Sempre secondo questo racconto, tutto questo gran successo in Italia proprio per questa loro funzione e per la nota gelosia dei maschi italiani.

Ora, io non lo so se a casa di zia Agatina ci stavano le persiane perché zio Aspano voleva nasconderla da sguardi accattivanti (anzi è più probabile che la nascondesse per non fare spaventare i passanti, dato che non era proprio Claudia Cardinale), quello che mi piace pensare, un po’ poeticamente, è che se ne andò alla tenera età di 99 anni, proprio perché quell’ultimo anno prima toccare il secolo la magia svanì e perse interesse nel farsi i kaiz degli altri.
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