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Lo sport e 10 ragazze in bikini: il primo "due pezzi" della storia è in un mosaico siciliano

Patrimonio dell’Umanità Unesco, il Mosaico del IV secolo è uno dei pochissimi esempi in cui donne dell’antichità, si mostrano durante attività sportive

Susanna La Valle
Storica, insegnante e ghostwriter
  • 20 luglio 2023

Il mosaico "ragazze in bikini" nella Villa Romana del Casale di Piazza Armerina

Nel 1946 Louis Reard, sarto francese, chiamò la sua creazione Bikini, come l’Atollo dove furono effettuati i test nucleari. Che fosse esplosiva la creazione, non c’era alcun dubbio, il costume da bagno era un due pezzi, dove per la prima volta veniva mostrato l’ombelico.

Il Bikini però ebbe un antesignano nel 1932, Jacques Heim realizzò un due pezzi con una mutandina che era un pantaloncino.

Considerato una rivoluzione dei costumi, fu esibito per la prima volta in Italia, da Lucia Bosè nel concorso di Miss Italia, fu una via di mezzo tra la versione di Reard e quella di Heim, un reggiseno con uno slip alto sgambato.

Tutte queste notizie per introdurre le 10 donne che alla Villa del Casale a Piazza Armerina, nella stanza detta delle "palestrite" si mostrano in un due pezzi succinto. Patrimonio dell’Umanità Unesco, le "ragazze in bikini", sono in realtà delle atlete intente a gareggiare in diverse discipline sportive.
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È uno dei pochissimi esempi in cui donne dell’antichità, si mostrano durante attività sportive. Il Mosaico del IV secolo è una sovrapposizione di uno precedente con dei disegni geometrici.

Le decorazioni della villa hanno sempre posto una serie d’interrogativi, si è pensato all’esaltazione della vittoria dell’uomo sulle avversità, sulle passioni, su una natura selvaggia, attraverso "la musica, l’astuzia e la forza fisica".

Se fosse così è quanto mai particolare che vi siano anche delle donne in questa competizione contro il fato.

Ma andiamo con ordine.

Si sa che nella civiltà minoica c’era il volteggio sopra i tori, la taurocatapsia, dove sembra gareggiassero anche delle donne; in Grecia si svolgevano le Heraria gare sportive, (soprattutto corsa), riservate al gentil sesso. I giochi erano svolti in un periodo diverso rispetto alle Olimpiadi, manifestazione in cui gli atleti vincitori erano equiparati a degli Dei.

Queste gare, che avevano un carattere religioso, erano in onore di Hera moglie di Zeus. Le atlete poco più che bambine indossavano un Chitone (tunica corta) che lasciava scoperta una spalla e un seno, i capelli erano sciolti. Che fossero così giovani era dovuto al fatto che un abbigliamento così particolare era considerato disdicevole per ragazze più grandi.

Lo sport inteso come superamento dei propri limiti, sacrificio, competizione non apparteneva al mondo femminile, la stessa partecipazione alle Olimpiadi era riservata ai maschi liberi, escludendo schiavi, barbari (stranieri), assassini, sacrileghi e donne.

Persino l’ingresso allo stadio era condizionato, potevano accedervi solo donne non sposate, la trasgressione a questa norma poteva portare alla morte.

Discorso diverso è per la città di Sparta. Qui le donne godevano maggiore autonomia, il Legislatore Licurgo incoraggiava l’attività sportiva femminile, introdusse infatti nei ginnasi riservati alle ragazze alcune discipline. La motivazione risiedeva nella convinzione che un corpo femminile forte e modellato, avrebbe assicurato la nascita di figli forti e robusti.

Le discipline erano la corsa, il lancio del disco, alcuni incontri di lotta (un esercizio di riscaldamento era colpire con il piede i glutei dell’avversaria) e la corsa dei carri. L’abbigliamento previsto prevedeva fascia pectoralis per il seno e un perizoma o subligar.

Rispetto alla corsa dei carri, le Olimpiadi registrarono per ben due volte la vittoria di una donna spartana che gareggiò con gli uomini. Il motivo di questa deroga è nel riconoscere vincitore non l’auriga, ma il cavallo e il suo proprietario; in questo caso auriga e proprietario erano la stessa persona, la Campionessa Spartana, Kyniska.

Con i romani, esclusa qualche lotta nel circo di gladiatrici, per lo più schiave, lo sport non era attività femminile, esclusa la danza, che pur avendo alcuni caratteri ginnici aveva fini e ambiti completamente diversi.

Con l’avvento del Cristianesimo lo sport sia maschile e a maggior ragione femminile fu osteggiato, fino a che, dietro insistenza del Vescovo di Milano Ambrogio, Teodosio I ordinò non solo la distruzione di tutti i templi ma anche dei luoghi dove si svolgevano gare e manifestazioni sportive, la natura religiosa dell’attività sportiva non aveva più ragione di esistere.

Torniamo alle nostre 10 atlete in Bikini di Piazza Armerina.

Studiando il mosaico notiamo che l’attività sportiva si svolge nelle palestre in un ambiente termale. Le terme erano, consentite alle donne in spazi e tempi diversi rispetto agli uomini, e all’interno di queste vi erano palestre, sale massaggio, persino biblioteche.

Le 10 donne in bikini probabilmente gareggiavano fra loro. Nel mosaico troviamo la corsa, i pesi, il lancio del giavellotto, il lancio del disco e il gioco con la palla, che dalla posizione delle mani sembra una specie di pallavolo ante litteram.

Benché non tutte dal fisico atletico, indossano anche loro la fascia per il petto e il subligar come slip, non tanto diverso da quello indossato dalle atlete di oggi.

L’attività sportiva femminile sappiamo che entrerà nell’oblio per secoli e che con difficoltà ritroverà spazio.

Persino il Barone De Coubertin, padre delle Olimpiadi moderne, nel 1894 ebbe a dire: "ai giochi Olimpici il ruolo delle donne dovrebbe essere solo quello di premiare, la loro partecipazione non interessa a nessuno, è antiestetica e non corretta”.

Eppure a testimonianza come la storia non va strettamente intesa come un processo evolutivo, ci sono queste 10 donne, che con il loro bikini simile a quello che indossò per la prima volta il 5 luglio del 1946 la spogliarellista Micheline Bernardini, creano un collegamento ideale a livello sartoriale ma profondamente diverso nei contenuti e fini.
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