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Addio a Franca Rame, cittadina onoraria di Palermo

Muore Franca Rame, l'attrice femminista moglie del Nobel Dario Fo. A ricordarla in molti, dalla Camara al Senato, ma anche Palermo, di cui era cittadina onoraria

  • 29 maggio 2013

Come tutte le favole che si rispettino, sarebbe doveroso iniziare questa con il più classico dei “C'era una volta”. Ma questa, non è una favola come tutte le altre, anche se i protagonisti si sono amati per oltre sessant'anni. Si tratta di una favola che sconfina i limiti della vita di coppia, superandone ogni cliché, per declinarsi nella più sublime manifestazione dell'alleanza. Un'alleanza d'amore, di cultura e impegno civile. Perché l'unione tra Dario Fo e Franca Rame non fu soltanto privata, ma fu tutto, se di tutto si può parlare. Perché quei due importanti personaggi, insieme, hanno siglato numerose pagine della storia italiana.

Alterego femminile di quell'uomo che fu sempre al suo fianco e in prima fila nelle battaglie civili, Franca Rame si spegne all'età di 84 anni nella sua casa di Porta Romana a Milano. Colpita da un ictus lo scorso anno, era riuscita a sconfiggere la malattia, con il suo solito spirito combattivo. Un tratto distintivo del suo carattere, appunto, perché era capace di rabbia e dolcezza allo stesso tempo, tanto da poter essere considerata come una voce libera di questo paese, di cui incarnò i più genuini panni del femminismo, protendendo sempre verso un'aberrazione totale della violenza al potere.

Sono in molti oggi a ricordare la moglie di quel premio Nobel per la letteratura che da quella donna ha ricevuto tanto. Dal fragoroso applauso che si è elevato nell'aula di Montecitorio, al minuto di silenzio chiesto dal presidente Piero Grasso in Senato. E anche Antonio Di Pietro si mostra addolorato, forse ricordando gli anni in cui caldeggiò la candidatura dell'attrice al Quirinale, come Presidente della Repubblica, riuscendo ad ottenere solo una promozione a senatrice. Ma proprio per il suo carattere indipendente e incapace di accettare qualsivoglia compromesso, lasciò l'incarico qualche anno dopo.

Pure Palermo la ricorda e si stringe al dolore di Dario e Jacopo, figlio nato da quel matrimonio celebrato nella basilica di Sant'Ambrogio. «Proviamo grande dolore e siamo vicini con affetto a Dario e a tutta la famiglia per la scomparsa di Franca Rame, che di Palermo era cittadina onoraria - commentano il Sindaco Leoluca Orlando e l'Assessore alla Cultura Francesco Giambrone - e con cui abbiamo condiviso importanti momenti di impegno sul piano personale e politico». L'attrice, che alla politica era semplicemente “prestata”, ha scritto tappe fondamentali di un paese in evoluzione, raccontato con gli occhi di un'ironica “pasionaria” che visse sull'onda dell'utopia sessantottina.

«L'esperienza umana e artistica di Franca e l'intreccio profondo fra impegno e vissuto personale - concludono i due - ha rappresentato una pietra miliare per la cultura italiana e rimarrà a testimonianza di una straordinaria umanità e sensibilità artistica». Fervente e generosa, colonna portante del femminismo e dell'impegno civile, viveva la vita come fosse sempre nel palcoscenico del suo amato teatro. Da un lato descriveva la realtrà, amara, cruda, cinica, "così com'è", dall'altro trasudava di una poesia capace di alleggerire un quotidiano a tratti aspro.

Una carriera in bilico tra il teatro e la politica dei salotti rossi. Figlia di una famiglia di attori legati al mondo dei burattini e delle marionette, fu protagonista di quel fermento artistico e sociale di cui beneficiò l'intera scena teatrale italiana. Insieme al marito, fondò la compagnia Dario Fo-Franca Rame, fino alla nascita del noto gruppo “La Comune”, con cui presero parte a spettacoli di satira e controinformazione. Sferzanti così tanto da riuscire a scatenare aspre polemiche con i loro spettacoli, come “Morte accidentale di un anarchico” o “Non si paga! Non si paga”.

Un episodio spiacevole, purtroppo però, segnò la vita della Rame. Nel 1973 fu rapita e violentata da una banda di estrema destra, probabilmente perché anni prima sottoscrisse la lettera aperta pubblicata nel settimanale “L'espresso” sul caso del ferroviere Pinelli, l'anarchico morto (forse suicida) dopo essere volato giù dalle finestre della Questura dopo la strage di Piazza Fontana a Milano. Riuscì a trasformare le sevizie subite in un lavoro teatrale del calibro de “Lo stupro”. Dopo 25 anni dal reato, il processo penale giunse a sentenza definitiva: prescritto.

La violenza sulle donne non ha colore, è fatta sulla donna perché è una donna. E viene da ogni parte. Raccontava sempre rammaricata. Tentò pure il suicidio, scampando tuttavia a quella morte prematura. Sposando quell'uomo così carismatico e brillante come Dario Fo, il rischio di vivere un'esistenza alla sua ombra era sempre dietro l'angolo. Ma si sa, dietro ad un grande uomo, c'è sempre una grande donna. E forse, oggi, della donna di lotta e di teatro il premio Nobel piange proprio questo. Piange quella donna che riuscì ad essere allo stesso tempo moglie e militante sociale. Quella fedele compagnia di vita che non smarrì mai la via dell'impegno civile. Arrivederci signora Rame.
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