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“Fame chimica”, piccoli grandi film indipendenti

I protagonisti del film sono due «zarri di periferia», che trascorrono le giornate nella piazza del loro quartiere, fumando spinelli e cercando di placare la «fame chimica»

  • 25 giugno 2004

Fame chimica
Italia/Svizzera 2003
Di Antonio Boccola e Paolo Vari
Con Marco Foschi, Matteo Gianoli, Valeria Solarino, Teco Celio, Mauro Serio

Col passare del tempo tutte le grandi città diventano sempre più simili, abbellite da centri storici di rappresentanza circondati da periferie più o meno estese, con grandi magazzini in espansione, enormi esercizi commerciali fagocitanti quei piccoli negozi di un tempo, le botteghe di generi alimentari per esempio, dove era fondamentale (e per fortuna ancora da qualche parte è rimasto) il rapporto di fiducia col negoziante, figura anche questa in via di estinzione. Accade allora che la vita di coloro che vivono nelle zone più lontane dal centro, le periferie appunto, ovunque ci si trovi lungo lo stivale della nostra penisola, sia simile anch’essa, in questi squallidi contenitori di persone, destinate a essere numeri e basta, vittime di un processo di omologazione culturale che li priva di ogni loro identità originaria (e già di questa grave perdita, conseguenza della feroce urbanizzazione dagli anni Sessanta in poi, ebbe tanto a scriverne Pasolini qualche decennio fa quando ancora le uniche migrazioni erano quelle dei calabresi, siciliani e pugliesi, il nostro grande SUD insomma).

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E contro questa omologazione è il bel film indipendente “Fame chimica”, ed è raro parlare di film indipendenti qui da noi, di Paolo Vari e Antonio Boccola, uno spaccato di vita giovanile di una periferia, quella di Milano, denominata la  “Barona”. Manuel (Matteo Gianoli) e Claudio (Marco Foschi), i protagonisti del film, sono infatti due «zarri di periferia», che trascorrono le giornate nella piazza del loro quartiere, chiacchierando con gli amici, fumando spinelli e cercando di placare la «fame chimica» che li assale quando sono sotto l’effetto della droga. Quello stile di vita, però, inizia ad andargli stretto e l’arrivo di una ragazza, di cui entrambi si innamorano, determinerà dei cambiamenti che se per uno significheranno un futuro di speranza, per l’altro saranno invece cupi. Vincente la scelta dei due registi che, per  ottenere un livello massimo di realismo, hanno puntato prevalentemente su attori non professionisti e hanno basato i dialoghi sullo slang tipico dei cosiddetti «plazari» (i frequentatori delle piazze).

E’ da notare inoltre che il film è stato autoprodotto, una nuova strada questa che dovrebbe essere più frequentata visti i frutti,  infatti la realizzazione di “Fame chimica” è stata possibile grazie al contributo economico di vari soggetti: il 56 per cento del budget (che ammonta a circa 800 mila euro) arriva dalla cooperativa Gagarin, costituita dai componenti del cast e della troupe, che hanno accettato di essere retribuiti tutti allo stesso modo a patto di diventare comproprietari del film; la quota restante viene da altri finanziatori privati, tra cui la Ubu Film di Zuliani e la società svizzera Cisa. Da non dimenticare infine l’ottima colonna sonora curata da "Zulù" dei 99 Posse. L’unione fa la forza, è bene ricordarlo ogni tanto, soprattutto in Sicilia.

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