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Il macco di fave: schiacciare con gusto

L’immediatezza comunicativa della lingua siciliana è straordinaria. Termini o frasi idiomatiche, nati dalla vita quotidiana, creano un immaginario di riferimento, che ci appare nitido, non appena vengono proferite quelle parole. Certi modi di dire sono intraducibili, perderebbero la loro forza evocativa qualora si utilizzasse il corrispettivo italiano. Per esempio: “sconocchiarsi dalla fame” non si può tradurre con “avere una fame da lupi”, oppure “chidda è ‘na ‘atta muoitta” non è l’equivalente di “quella ragazza è poco attraente e ha un comportamento poco vivace”, o ancora “passola” è un po’ più di “ingenuo”, ma non significa “stupido”. Eccezionali sono le allegorie per esprimere il fastidio: “me l’hai fatta a torroncino” con riferimento a quanto lavoro ci voglia per preparare il dolce in questione. Oppure “a maccarroncino”, che indica il formato di pasta fresca, tipica dei contadini, schiacciata e piegata con il ferro da calza. Il termine deriva dal tardo latino maccare, cioè schiacciare. Immaginate la traduzione? “Hai avuto l’abilità di comprimermi il sesso, dandogli la forma di uno gnoccolo”. Mezz’ora per formulare la frase.

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E la veemenza dell’espressione andrebbe in frantumi. Regola dell’offesa è la brevità, deve essere rapida ed efficace. Da maccare deriva anche il nome di un’altra pietanza povera, ma buonissima, rivalutata in questi anni di riscoperta dei sapori contadini: il macco. Per prepararlo serve prima di tutto perseveranza, la stessa qualità che sembrano avere certi scocciatori. Bisogna rimescolare spesso per non fare appiccicare le fave al tegame, schiacciandole bene per creare la purea. Possono essere utilizzate fave fresche o decorticate. In questo caso andranno ammollate per dodici ore prima della cottura. Si può procedere in vari modi. Alcuni soffriggono la cipolla con l’olio d’oliva e una volta che è imbiondita, aggiungono uno o due pomodorini, lasciano amalgamare e uniscono le fave e qualche spicchio d’aglio. Altri sostituiscono il pomodoro con l’estratto sciolto nell’acqua, altri ancora soffriggono cipolla e aglio insieme. Le varianti dipendono dalle abitudini familiari. Ottime versioni sono quelle con l’aggiunta di giritelli di montagna o cicoria.

Queste verdure, che non hanno bisogno di lunghi tempi di cottura, vanno aggiunte quasi all’ultimo, mentre se si preferisce utilizzare il finocchietto selvatico, questo va messo in pentola insieme alle fave secche, oppure dieci minuti prima delle fave fresche. Si lascia cucinare a fuoco medio basso, finché non si sia creata una crema densa. In ultimo si versa un filo d’olio extra vergine e si serve con dei crostini, magari di pane di paese. Non si può tralasciare la bontà della pasta con il macco, rigorosamente tagghiarina o margherita spezzata, che, mantenendo la cottura, raccoglie tra le onde quella poltiglia e la esalta con la sua callosità. Anche qui un filo d’olio e una spolverata di pepe arricchiscono il piatto. Da mangiare freddo o caldo è un piatto nutriente e di facile digeribilità. L’unica cosa che vi resterà sul groppone è il rompiscatole di turno. Ma purtroppo per quello neanche l’autista, efficace bevanda, potrà alleviarvi il peso.

L’abbinamento
Nell’universo merceologico degli ortaggi, le fave fanno parte di quelli a prevalente tendenza dolce. Questa caratteristica, percepita a livello gustativo come una notevole rotondità che avvolge l’intera cavità orale, richiede una sensazione di durezza nel vino. Il vino proposto deve essere quindi fresco di acidità ed eventualmente sapido o effervescente. Ma il giudizio complessivo non può certo fermarsi a questo, poiché, come puntualizzato in altre occasioni, si deve tenere in considerazione il piatto completo, così come ci viene servito. Solo allora potremmo tracciare un quadro fedele della reale contingenza di cui siamo chiamati a rispondere e valutare. E il quadro, in questo caso, si colora di altre sfumature tra cui succulenza, untuosità, aromaticità e lunga persistenza gustativa. Pertanto il compagno ideale del nostro macco è il rosso prodotto nella Doc Sambuca di Sicilia.

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