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Il trionfo del Soprannaturale

  • 29 ottobre 2006

«Armi santi, armi santi, Io sugnu unu e vuatri siti tanti: Mentri sugnu ‘nta stu munnu di guai, Cosi d’i Morti mittitiminni assai». Prodigio nel prodigio, era alle anime sante dei giustiziati innocenti, e perciò dal popolo elevati agli altari, che per moltissimi anni i piccoli siciliani si rivolsero per ottenere i doni che in una occasione davvero unica, la “Festa dei Morti”, i trapassati facevano trovare nei posti più impensabili. Voleva infatti una leggenda gentile che durante la notte tra il primo e il due di novembre – delizioso il ricordo che ne fece Giuseppe Pitrè – le anime dei familiari scomparsi lasciassero «la loro paurosa dimora, in frotta e alla spicciolata, per venire in città a rubare ai più ricchi pasticcieri, mercanti e sarti i dolci, i giocattoli, le scarpe, i vestiti nuovi e quanto altro ci fosse da donare ai fanciulli loro parenti che fossero stati buoni e li avessero devotamente onorati».

Un furto innocente, spiegava il grande antropologo, «che vuotava il borsello di genitori e nonni e impinguava quello dei fieranti, dei venditori di cosiffatti ninnoli radunati in una Fiera improvvisata». La famosa Fiera dei Morti che qui da sempre si tenne alla Vucciria. Anche se, almeno fino agli ultimi anni cinquanta, qui continuarono ad esserci “i Morti d’i ricchi e i Morti d’i puvireddi”. Come disse a Danilo Dolci, autore di una clamorosa “Inchiesta a Palermo”, una giovane madre della Kalsa che precisò: «E per chi nun possiede propriu nienti, nun c’è né Morti e mancu Vivi. E i picciriddi, poi, si mettinu a chianciri e io ci dugnu lignati».

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Mentre è noto che proprio a partire dall’ultimo dopoguerra ai tradizionali regali – i pupi di zucchero, la frutta di martorana e le mustazzuole spaccadenti dalle rilevate e bianche “ossa di morti” – si aggiunsero i monopattini, le biciclettine e tante armi. Pistole e mitra e completi da cow boy. Con le relative Colt e i Winchester di latta nera, cinturoni e Stetson di cartone. Regali che furono la metafora del “ponte” che unì la nostra Festa dei Morti alla magica notte di Halloween. Termine composito – lo precisiamo per i pochi che ancora non lo sanno – costituito da Eve of All Hallows e che in italiano vuol dire “Vigilia di Tutti i Santi”. Tradizione assolutamente speciale che, dopo essere passata dal vecchio Continente negli Usa, ha riattraversato l‘Atlantico portandosi dietro un incredibile corteo di figure e maschere spaventose precedute dalla zucca scavata e illuminata di Jack o’ the Lantern.

Festa con parecchie e fondamentali differenze rispetto a quella, per così dire, sua vicina di casa. Anzitutto perchè Halloween cominciò a celebrarsi in tempi remoti quando il primo di novembre era il capodanno celtico, tra l’ultimo giorno d’ottobre e la cristiana festa di Ognissanti. Una notte magica per descrivere la quale occorrerebbero molte pagine e della quale possiamo qui sottolineare solo l’essenziale differenza con la nostra festa dei defunti. Dato che i terrificanti volti dipinti e imbrattati per Halloween e i costumi appositamente laidi e mostruosi vogliono essenzialmente – e al contrario che da noi - tener lontane le anime dei trapassati che in tale notte vorrebbero incarnarsi nei corpi di sopravissuti che simile “coabitazione” rifiutano recisamente.

Mentre non si possono chiudere queste righe senza dedicarne qualcuna proprio a Jackie O’, il più popolare protagonista dell’esotica notte da tregenda. Un’anima in pena che osò sfidare il diavolo e che, da morto, non lo vollero né in paradiso né all’inferno. Un astuto bevitore e fannullone del folklore irlandese al quale, proprio la notte di un Halloween che si perse in fondo al tempo, il Diavolo si presentò per rubargli l’anima. Tentativo frustrato dal simpatico beone che riuscì a intrappolare su un albero lo stesso Lucifero. Beffa della quale quest’ultimo tenne conto quando all’ingresso del suo regno si presentò Jack cui non si erano certo spalancati i cancelli di San Pietro.

Un peccatore magari simpatico allo stesso demonio il quale ebbe la generosità di regalargli un tizzone infernale acceso che gli illuminasse le vie di un tenebroso limbo. Una specie di fiaccola che Jackie, per farla durare più a lungo, collocò dentro una zucca nera e rossastra, con i colori dell’autunno, svuotata e intagliata. Dagli stessi lineamenti mostruosi che i ragazzini di tutto il mondo continuano a incidere. Prima d’avviarsi, almeno per una notte, lungo gli stessi sentieri che il celebre peccatore con in mano una lanterna sempre meno luminosa fu condannato a percorrere per l’eternità. Mascherati da far paura e simbolicamente disposti a giocare tiri mancini - dirty tricks - a chiunque ma, forse e specialmente, a tutti gli uomini demoni del nostro tempo. A quelli annidati in fondo alle macerie di Ground Zero e a quanti alla mazza di Caino hanno sostituito “le meridiane di fuoco” e le bombe di chirurgie che non guariscono. Rimedi ai quali, forse, non avrebbe fatto ricorso nemmeno il beffato diavolo tentatore del vecchio e mai dimenticato Jackie O’.

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