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L'idea della figlia di Riina: il caffè "Zù Totò", e la mafia continua a fare marketing

Lo ha scritto su internet Maria Concetta Riina: vuole dare vita a una linea di prodotti a marchio "Zù Totò" con tanto di ritratto del padre sull'etichetta e lancia il crowdfunding

Balarm
La redazione
  • 5 dicembre 2017

Si tratta di una notizia che sta rapidamente facendo il giro del web, sebbene sia da premettere che le autorità competenti ne stiano verificando l'autenticità: Maria Concetta Riina e Antonino Ciavarello, rispettivamente figlia e genero del boss mafioso recentemente deceduto Totò Riina, hanno annunciato la nascita di una propria linea di prodotti.

La notizia è che l'intento della coppia è quello di dare il nome del boss corelonese all'intera produzione: "Zù Totò" sarebbe, per iniziare, il marchio del caffè in cialde, un nome che fa evidente riferimento - e sembra un vero tributo - a Riina.

I due ormai vivono in Puglia e, appoggiandosi a una piattaforma di e-commerce, hanno scritto:

«Siamo in due... Maria Concetta Riina e il marito Antonino Ciavarello, vogliamo commercializzare alcuni prodotti a marchio Zù Totò, iniziamo con le cialde di caffè, facciamo questa prevendita per raccogliere ordini e capitali che servono per avviarci, visto che ci hanno sequestrato tutto senza motivo e stiamo praticamente senza... lasciamo stare, ci rifaremo se ci aiutate. Grazie in anticipo della fiducia, attendiamo numerosi i vostri ordini e poi, il tempo di costituire nuova ditta e vi spediremo quanto pre-ordinato».
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Dare il nome non basta: anche il volto del padre sarà ritratto sulle etichette delle cialde e degli eventuali altri futuri prodotti. Si tratta di una sorta di riscatto, in seguito al sequestro delle attività pugliesi dei coniugi - per altro probabili lavanderie del tesoro dei Riina - che i due hanno ritenuto "accanimento giudiziario".

Il caffè in cialde Zù Totò potrà essere acquistato on-line: «Se facciamo produrre le cialde di caffè ru zu Totò, lo comprate?». Hanno chiesto su facebook con un post poi rimosso.

Ma intanto, a quanto pare, sono stati tanti gli utenti che hanno incoraggiato l’iniziativa dando risposte positive, tanto che i due coniugi hanno anche lanciato un crowdfounding (raccolta fondi online) su di un sito specializzato.

Non si tratta, ovviamente, del primo caso di mafia & marketing: cibo, souvenir e anche ristoranti in tutto il mondo sfruttano il fenomeno come marchio da esportare.

Gli altri casi: ci sono infatti il caffè "Mafiozzo", lo snack "Chilli Mafia", il vino della Napa Valley "Il Padrino", la salsa piccante "Wicked Cosa Nostra", le spezie "Palermo Mafia shooting" o ancora il condimento per pasta "SauceMaffioso".

E in tutto il mondo continuano ad aprire i battenti ristoranti e pizzerie che si chiamano "Cosa Nostra" e "Mafia".

Secondo la Coldiretti: l'Unione Europea deve «fermare l'utilizzo commerciale di un marchio infame che sfrutta gli stereotipi legati alle organizzazioni mafiose, banalizzando fin quasi a normalizzarlo, un fenomeno che ha portato dolore e lutti lungo tutto lo Stivale».
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