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Le feste natalizie a Palermo: tutto quello che vorremmo

Il blogger William Galt dedica ai lettori un esilarante racconto delle aspettative che tradizionalmente si nutrono per Natale. Esempio, "ma c'ama manciere pi Nnatale?"

  • 22 dicembre 2015

J'ai le landau
J'attends la soupe populaire.
Si je la loupe
Qui va m'en faire?
J'aime les ronds de carotte.
J'aime les ronds de carotte.
Les touristes
Viennent et observent.
Ils sont tristes
Mais ils me rservent
Les jetons de lave-linge
Les boutons de culotte!

(Thomas Fersen - Les Ronds De Carotte)

Il mondo dell'uomo ha una struttura abbastanza elementare: luoghi, forme e colori sono studiati a tavolino per coinvolgere tutti, o quasi. Specialmente in tema di feste natalizie. Le città prendono la forma che le popolazioni si aspettano: traffico, caldarroste e la tipica frenesia da shopping. Dovunque ti giri le luci spingono la tua immaginazione verso un'unica direzione, verso un unico pensiero: "ma c'ama manciere pi Nnatale?"

Sciolto l'amletico dubbio con un "tanto ci pensa me matre", ognuno resta solo coi suoi pensieri fino al 25, 26, capodanno, primo gennaio e pa befana (ponti inclusi). Alla finestra delle feste infatti, tra quei "quasi" che non se la godono più di tanto, ci sono io.

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Attenzione, non perché mia madre non sappia cucinare, anzi, già so che il nostro menù tutto palermitano non lascerà spazio all'immaginazione, è proprio il periodo natalizio che mi lascia sempre un po' così. Ho provato a far pace con le feste, ma non ci riesco proprio.

Questo clima in cui si sorride ad ogni costo proprio non mi coinvolge. Nonostante i carduna.

Quando il mondo deciderà che per i non amanti del Natale servano dei quartieri dedicati? Luoghi dove vivere ed evitare di prosperare nel grigiore di una settimana fatta di soli lunedì. Un lunedì di trentuno giorni più sette, fino alla Befana, in cui ogni mattina ti alzi scoglionato e pensi di non arrivare a fine giornata.

Ecco. In questo posto mi troverei decisamente a mio agio. Vorrei entrare in centri commerciali tristi, in cui tutto non profumi di dolciumi e muschio bianco, in cui non trasmettano a palla i dischi di Michel Bublè e dove i commessi ti trattino male senza sorriderti mai. Ah, scusate questo ce l'abbiamo già.

Poi tornare a casa e non trovare su tutte le tv gli occhioni dolci della Disney e che il 25 su Rai Uno al posto della messa del Papa, mandassero in loop i concertoni dei Rolling Stones strafatti come se non ci fosse un domani. Per non parlare poi di quei programmi con Carlo Conti così abbronzato da far apparire la Val D'Aosta un solarium per machisti. Ecco, al suo posto vorrei vedere un bel programma di cucina con Andy Luotto che insegna ai single come impanare la cotoletta.

Ed infine, la notte del 31, al posto del Presidente della Repubblica, vorrei che apparissero le righine che annuncino la fine delle trasmissioni, come nelle notti degli anni '80, quando tutto era più bello ed aveva una fine. Anche le trasmissioni televisive.

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