ARTE E ARCHITETTURA
Le opere inedite di Vittorio Corona
Le opere inedite di Vittorio Corona del periodo compreso tra gli anni Trenta e Cinquanta, quello successivo alla produzione futurista, che del percorso creativo dell’artista resta senza dubbio la più nota. Si è inaugurata a Palermo venerdì 10 marzo, nel "giovane" spazio della Galleria dell’Arco (con il contributo dell'Assessorato alla Cultura della Provincia di Palermo) la mostra personale di pittura dedicata a una delle figure artistiche contemporanee più interessanti della nostra terra, Vittorio Corona (Palermo 1901/Roma 1966), coordinata da Roberto Ceresia, con testi critici in catalogo di Sergio Troisi e Davide Lacagnina. La lontananza dal Futurismo si misura sia nelle scelte tematiche (dimenticati i soggetti legati al movimento, come "Il trenino", "Ritmo", "Danzatrici", "Cavalli in corsa") sia soprattutto nelle nuove direzioni stilistiche, non più legate a spirali e vortici cromatici o a linee e volumi spezzati che si sovrappongono.
Sono tre fondamentalmente i momenti in cui si suddivide questa esposizione: gli studi e i ritratti iniziali, gli autoritratti e infine una serie di acquarelli. Un momento a sé, per dimensioni e per tipologia, è rappresentato dalla chicca che questa mostra palermitana propone, una "Gigantomachia" trovata per caso nell’atelier dell’artista e sulla cui origine, mancando notizie e documenti, i curatori non possono che avanzare ipotesi. Imponente, con uno sviluppo in orizzontale che richiama i fregi classici, quest'opera potrebbe essere un bozzetto per un murales, potrebbe essere ispirata a un rilievo presentato da Corona per un concorso al ministero o più semplicemente potrebbe essere stata un’opera pensata autonomamente, magari come metafora di un modo personale di sentire l’arte. Certo è che all’interno della mostra palermitana, la "Gigantomachia" rappresenta l’unica occasione per un tema diverso da quello della vita familiare, degli affetti più cari, delle scene e dei contesti quotidiani che invece costituiscono i soggetti ricorrenti delle altre opere esposte.
Varie le suggestioni che si colgono: tratti duri e netti e colori forti e violenti, tipici dell’espressionismo, caratterizzano gli Studi e ritornano, insieme con l’interesse per una (de)costruzione delle forme di natura cubista, in "Forme costruttive" (1951) o in "Gigia in posa" (1937). Gli autoritratti sembrano invece l’esplicita dichiarazione dei termini che Corona pose a base della propria esistenza: l’arte e la famiglia. L’artista li ritrae insieme, li fa convivere in "Autoritratto con moglie e figli" (1948), traducendo in linguaggio figurativo quella che Davide Lacagnina definisce una «vita costantemente in bilico fra le responsabilità dell’uomo e i sogni dell’artista». E chissà che quelle tele rivolte verso la parete e percepibili più come supporto che come opere, non indichino che questi “sogni” fossero comunque destinati a giacere in secondo piano, alle spalle dell’amatissima famiglia.
Ancora a queste dimensioni quotidiane e spontanee è legata la serie di acquerelli, risalenti agli anni trenta, che chiude la mostra, in cui ambientazioni campestri e la celebrazione di momenti di riposo (tante le Figure che dormono) e di appagamento si traducono in atmosfere rarefatte, impalpabili e assolutamente avvolgenti. La mostra sarà visitabile sino al 15 aprile. Orari: martedì-sabato 10/13 e 17/20.00, lunedì 17/20, ingresso libero. Per informazioni: Galleria dell’Arco, via Siracusa, 9 (telefono 091.6261234, www.dearco.it). Per approfondimenti, invece, visitare il sito www.vittoriocorona.com.
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