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“Margini”: comunicazione inquieta che non si accontenta di strutture codificate

  • 16 maggio 2005

Puntuale e annunciato, il numero uno di “Margini” si ripropone nelle librerie a partire da questo mese. La rivista, semestrale (segue al numero zero pubblicato nel mese di ottobre 2004), è edita da “Letteralmente”, Claudia Di Pasquale ne è il direttore responsabile, mentre i quattro ideatori e direttori della rivista sono Beatrice Agnello, Beatrice Monroy, Gian Mauro Costa e Marcello Benfante. Il mondo letterario di “Margini”gravita attorno alla letteratura emergente dei laboratori di scrittura palermitani, agli autori noti del mondo siciliano contemporaneo, ma non disdegna affatto le espressioni artistiche “extrasicule”, così come chiaramente espresso nell’editoriale: «Vogliamo essere una rivista che raccoglie voci lontane e guarda a esperienze lontane(…)vorremmo aprirci a un dibattito più ampio, finalmente sprovincializzato, finalmente sottratto alle angustie della sicilitudine».
Oltre le angustie della penna dunque, il nuovo numero propone i racconti degli allievi dei corsi di scrittura, quelli di autori nostrani quali Evelina Santangelo, Giosuè Calaciura, Eduardo Rebulla e Santo Piazzese, e i testi di due scrittrici straniere mai tradotte in Italia: l’afgana Spojmaï Zariab e la turca Emine Sevgi Özdamar (residente in Germania dagli anni 70 per motivi politici). Due racconti inediti, quelli dell’inglese D.J.Tylor e del barese Nicola Lagioia, arricchiscono ulteriormente la rivista, che ci anticipa anche alcuni libri di prossima pubblicazione con l’incipit del racconto lungo “Più buio di mezzanotte” di Mario Di Caro, e quello del romanzo “ ’67 uccide” di Cristiano Ferrarese. Immancabile infine il teatro, con i contributi di Emma Dante, Claudio Collovà e Mario Valentini, mentre le illustrazioni (nel numero precedente curate da Gianni Allegra) sono di Valerio Spataro.
“Margini” emerge in un bel momento di fermento letterario palermitano, sicuramente da sostenere ed incoraggiare, e contribuisce a delineare i tratti letterari della Sicilia “che scrive”, al contempo però sbircia oltre e ricerca e si muove in altri contesti, riuscendo nel suo obiettivo di non voler essere catalogata nell’elenco delle “sicilitudini”. Sobria nei colori, sembra essere una rivista in cui nulla è lì per caso, ma quest’immagine di precisione e compostezza non annulla di certo la vivace espressione artistica convertita in parola scritta di cui si fa portavoce. L’idea del movimento, del divenire, dell’officina, si percepisce man mano che le pagine scorrono, pagine che ospitano voci diverse che alla fine sembrano necessarie a delineare l’identità stessa della rivista. Qual è la sua identità? Continua l’editoriale: «la rivista è parimenti fucina di comunicazione inquieta che non si accontenta di modelli già dati, di forme conchiuse e statiche, di strutture codificate».

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