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Perché a Palermo la morte non è di certo una livella

Continua la grave situazione di emergenza nei depositi cimiteriali palermitani: troppi defunti in attesa di una degna sepoltura generano angoscia e disperazione nei parenti

  • 14 aprile 2013

Quando una persona cara si spegne, il senso di vuoto ed abbandono è incommensurabile. Non ci sono parole per descrivere il dolore, l'abissale tormento che ri radica nelle persone che rimangono, specie se chi le ha lasciate ha patito tanto, a lungo. Quando una vita si conclude per chi vive il lutto sono giorni sconcertanti, nebbiosi. Giorni nei quali ogni messaggio giunge alla mente ovattato, confuso. Persino la comprensione che la persona cara sia morta è distorta, tanto è duro il colpo da non riuscire a lasciare spazio ad altro che ad una frastornata sofferenza.

Non si è in grado di agire, di pensare assolutamente a nulla, da soli. Si pone allora fiducia nelle agenzie di pompe funebri. Fanno tutto loro, dicono. Predispongono tutto loro, mentre l'unica cosa che si riesce effettivamente a fare è accasciarsi su una sedia, accanto alla bara ancora aperta, e piangere fino a quando tutte le lacrime non saranno esaurite. Poi tutto finirà. La bara verrà chiusa, la persona verrà accompagnata in corteo in chiesa e al cimitero. Sepolta. L'iter sarebbe questo. Lineare. "Facile", in fondo.

Ma a Palermo le cose non sono così semplici. Non finisce tutto nel giro di pochi giorni. No. Diceva Totò: "A morte o ssaje ched'è? È una livella!" perché dovrebbe rendere tutti uguali. Tutti dignitosamente seppelliti. Ma la situazione cimiteriale a Palermo non consente ai cittadini di morire in pace. E non concede un riposo sereno ai defunti. A meno che non si abbia una tomba di famiglia, trovare u postu è una cosa impossibile. Non è si è certo tutti uguali, quando file di bare attendono nei depositi dei cimiteri. Come in quelli di Sant'Orsola o di Santa Maria dei Rotoli.

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Parenti disperati sostano innanzi al feretro della persona che hanno amato, mentre giace insieme a tanti, troppi altri, senza dignità. Ammassati, i morti. Casse sopra casse, come se non fossero null'altro che meri pezzi di legno. Come se non contenessero un corpo sul quale ogni famiglia ha il diritto di piangere.

E piangono sì, i parenti. Piangono e si disperano, e contemporaneamente si arrabbiano e sbattono i pugni, perché a quelle bare che giacciono da mesi nei depositi non sono neanche liberi di portare un fiore, di accendere una luce. Perché il posto per un mazzo di fiori non c'è, perché nei depositi a malapena c'è spazio per stare in piedi.

Si disperano. Urlano lo sconforto, esprimono il disagio, si informano sui tempi. Che possono essere lunghi davvero: basta dare un'occhiata alle date di morte delle casse ammassate per comprendere quanto possano essere lunghi. Non sono liberi di fare a lastra con la foto, non sono liberi di avere un posto assegnato dove andare ogni volta che vogliono per stare tranquilli, per fare una preghiera. Per parlare con il defunto, perché nel cuore di ognuno di noi, finché esiste il ricordo di chi se n'è andato, la vita non si esaurisce con la morte.

È un paradosso. Quando la dignità di un uomo o di una donna vengono scippate via da una malattia o dalla vecchiaia, ci si aspetta che almeno la morte porti loro un po' di pace. Che possano davvero riposare in pace, i morti. Custoditi non solo nel cuore dei parenti che li portano con sé, ma anche in un luogo sereno, dove possano essere ricordati come meritano. E invece non è così.

E a Palermo si aspetta sempre il cambiamento. Un cambiamento che non preveda quelli che il palermitano definisce “intrallazzi”, ovvero sistemazioni trovate su suggerimenti, indicazioni di amici, sbattendosi di qua e di là per trovare conoscenti in grado di aiutare. Un cambiamento serio, reale, che renda il tutto normale, serio. Che renda il processo di addio al proprio amato doloroso si, ma non tortuoso.

Un cambiamento perennemente annunciato: ultimo annuncio, in ordine, il provvedimento di ampliamenti e costruzioni cimiteriali del piano triennale E il palermitano aspetta. Aspetta e vede centimetri di polvere posarsi sul legno. Vede nuove bare e nuovi palermitani fare i conti con questa realtà tormentata. Aspetta per essere esaudito.

Quando ancora, non si sa.

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