"Sutta scupa" alla facoltà di Lettere
I dialoghi in dialetto siciliano sono pensati dagli autori per combattere con la diversità culturale un’egemonia che la società capitalistica avanzata impone alle persone contro la loro volontà. «Due vite ai margini della società che rappresentano una notevole parte della stessa o quel futuro prossimo a cui, tremendamente, ci stiamo avvicinando – spiegano gli autori in una nota – La lingua siciliana esprime meglio le loro realtà, le loro vibrazioni interne e i loro silenzi. In un contesto che cerca di imporre una sola cultura dall’alto, il dialetto è per noi simbolo di speranza di condivisione di culture. Abbiamo cercato di non scadere nei banali usi contemporanei del dialetto bensi’ di “parlarlo” con lo stesso rigore con cui avremmo trattato l’italiano. Questa lunga, snervante e svilente attesa simile alla via crucis dà loro modo di svelare la loro essenza vitale, che viene sopportata dal bisogno quotidiano del “chi ci portu a la casa a manciari”». E concludono sottolineando che, contrariamente agli antieroi beckettiani, i protagonisti di “Sutta scupa” non hanno una meta verso cui tendere, ma decidono comunque di intraprendere il cammino, perché l’importante è compierlo insieme.
da.s.
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