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Tracy Chapman, folk di denuncia a Taormina

  • 30 giugno 2006

La musica è un percorso, e come per tutti i percorsi, ciò che viene dopo difficilmente può prescindere da ciò che l'ha preceduto. E probabilmente molte delle odierne folk singers - una per tutte: Lizz Wright - hanno qualche debito nei confronti di Tracy Chapman, cantautrice nera con la chitarra, impermeabile alle mode, le cui canzoni di denuncia, vere folk ballads cantate con voce ferma e chiara, hanno fatto il giro del mondo, come se davvero quella chitarra fosse più efficace di uno Smith&Wesson. E nel suo attuale tour, si troverà a cantare il proprio repertorio nella suggestiva arena del Teatro Antico di Taormina (via Teatro greco, Taomina, Messina, posto numerato intero 69 euro, posto unico intero 39 euro), lunedì 10 luglio alle 21.30, introdotta dall'opening di Ben Taylor.

Era il 1988 e una ragazzotta originaria di Cleveland sul lago Erie in Ohio scuoteva gli animi armata della sola chitarra e di una voce prorompente ed intensa. "Don't you know talkin' bout a revolution" divenne immediatamente un successo, soprattutto perché l'aria timida di Tracy Chapman era ancora più disarmante dinnanzi al suo stile vocale diretto, senza i sussurri ed i toni sensual-confidenziali delle colleghe "patinate" né i gridolini delle ammiccanti ed ipercurvilinee coeve disco-singer alla Samatha Fox. Tracy Chapman era lontana anni luce da tutto ciò e non a caso venne salutata come una sorta di new deal lungo il solco che era stato di cantanti alla Joan Baez e Patti Smith.
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L'omonimo "Tracy Chapman" non sembrò affatto un disco d'esordio, e dopo aver suonato al 70° compleanno di Nelson Mandela, sbancò le charts inglesi prima e mondiali poi, per conseguire con il singolo "Fast Car" il "multi-platino" delle vendite, ed in seguito ben quattro Grammy Awards, compreso quello come migliore nuova artista. Quasi inevitabile che a questo inizio trionfale non corrispondesse un altrettanto rumoroso seguito, che infatti con il secondo Crossroads (1989) non vi fu: dei testi forse troppo politici, resta un capolavoro "Freedom Now", dedicata proprio a Nelson Mandela. Ma la Chapman decide di allontanarsi dalle scene per ritornarvi nel '92 con "Matter of the heart", che nonostante brani come "Bang Bang Bang" in favore degli oppressi, "Woman's work" un canto femminista e "I used to be a sailor" inneggiante alla libertà, resta tuttavia in una via di mezzo troppo timida per bissare i successi del debutto.

Tre anni dopo, la cantante di Cleveland torna con "New beginning" ottenendo un buon riscontro di critica rispetto ai precedenti: più sofisticato nelle sonorità - pur avvalendosi di un gruppo di supporto la Chapman continua a mantenere un approccio musicale semplice che permette di focalizzare lìattenzione sulla sua voce e sui testi - , ma senza tuttavia trascendere, vi spiccano "Heaven's here on Earth", la delicata "The Promise", "The rape of the world", "Give me one reason", che scelto come primo singolo, piano piano diventa un successo che nei primi del '96 porta l'album nella top-ten statunitense.

Del 2000 è invece "Telling Stories", definito da più parti "impressionistico" sia nelle musiche che nei contenuti, seguito due anni dopo dal caldo ed ancora introspettivo "Let It Rain" - per gli arrangiamenti di John Parish - e dall'ultimo in ordine di tempo "Where You Live" (2005) coprodotto insieme al grande Tchad Blake (Los Lobos, Peter Gabriel, Pearl Jam, Tom Waits, Bonnie Raitt, Elvis Costello, Richard Thompson), che mostra di tenere in particolare cura le atmosfere ed il concept degli inizi della songwriter, ovviamente filtrati da una maggiore ed accresciuta esperienza: quello che si potrebbe definire un album della maturità. Ed è con questo che la Chapman si presenta in tour, unica tappa siciliana quella di Taormina, dopo Roma e prima di Pescara e Lucca: ma la sua carriera è ormai densa di esperienze con le quali sicuramente salirà sul palco, rispolverando anche i "vecchi" ma intramontabili successi che l'hanno resa l'apprezzata cantautrice che è oggi.

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