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Mani sapienti che intrecciano fili: Tilde custodisce (e dona) l'arte del macramè in Sicilia

Incontriamo Tilde Coco e i suoi occhi azzurri nella sua casa di Cefalù affacciata sul mare sugli antichi bastioni della famosa cittadina normanna. Qui nascono le sue opere d’arte

Giovanna Gebbia
Esperta di turismo relazionale
  • 23 marzo 2022

L’arte del macramè è una delle pratiche artigianali più antiche in Sicilia e rappresenta un patrimonio etnoantropologico storico che ancora sopravvive grazie a poche custodi che ne portano avanti la manifattura realizzando vere e proprie opere d’arte, merletti che nascono dalla tecnica ma anche dalla fantasia, da inspirazioni floreali a quelle geometriche.

Fili che annodati insieme in diverse varianti generano forme e intrecci che rappresentano anche un diverso senso del tempo, una lavorazione accurata può richiedere mesi per formare un merletto, così come avveniva secoli fa quando queste trine venivano utilizzate per bordare tessuti pregiati, corredi, pezzi di arredo e rifiniture per abiti importanti.

A parlarcene è Tilde Coco che incontriamo nella sua casa di Cefalù affacciata sul mare sugli antichi bastioni della famosa cittadina normanna amata da Ruggero I, perla della costa palermitana che conserva un retaggio d’arte e di artigianato, che la rendono cittadina una meta culturale, oltre che destinazione turistica.
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Per due decenni è stata una delle insegnanti della sezione dedicata al tessuto denominata “Arte del ricamo e del merletto” prima a San Cataldo e poi a Cefalù in quello che fino a qualche anno fa era l’Istituto Statale d’Arte, - oggi diventato Liceo artistico statale Diego Bianca Amato -, trascorrendo le sue ore di lezione in aula e poi in laboratorio, trasferendo il suo sapere, oltre che la sua passione che ancora oggi coltiva in casa dove si trova il suo piccolo laboratorio.

Qui nascono le sue opere d’arte, possiamo davvero dirlo, perché ogni pezzo è unico ed è un prodigio di fili annodati con precisione e arricchiti anche con inserti preziosi, colori che si alterano in sfumature diverse asseconda del nodo e della luce che questo assorbe.

Quando la incontriamo sta proprio lavorando ad una delle sue creazioni, gli occhi azzurri dietro gli occhiali, posati su un viso solare incorniciato dall’argento dei capelli che rendono questa signora di appena ottantasei anni una figura di straordinaria eleganza.

Il suo racconto è una piccola avventura di vita legata ad una svolta che mai avrebbe immaginato e che da insegnante di storia dell’arte e docente di disegno tecnico tessile, l’hanno trasformata in una di tessitura e arte del merletto fino a diventare una delle massime esperte dell’arte dell’intreccio e della tessitura.

«Quella del macramè è un’arte che nessuna macchina può ricreare - almeno non nella precisione e bellezza della manifattura - ed è in questo aspetto che si concentra tutta la sua magia, tutta la sua raffinatezza perché è frutto di una abilità che proviene dalla creatività e dalla tecnica unite insieme, ed grazie a questa fusione che è possibile creare trame diverse partendo dai nodi base, per arrivare a forme diverse che nascono dalla mia fantasia con cui realizzo oggetti decorativi ma anche pezzi di abbigliamento, accessori o inserti da applicare».

Alcuni dei suoi lavori sono stati commissionati per paramenti sacri e sacerdotali, realizzati interamente a mano, ispirati dai mosaici della Cattedrale di Cefalù, pezzi unici che hanno anche ottenuto prestigiosi riconoscimenti d’eccellenza. Praticare questa arte significa far continuare a vivere qualcosa che proviene da molti secoli indietro nel tempo e non farla morire, custodirla e trasferirla alle generazioni future.

Tanto per dare una breve spiegazione il macramé è un merletto filati intrecciati e annodati tra loro, senza l’ausilio di ferri o aghi ha una storia antica quanto curiosa: la parola come la manifattura hanno origine araba e la lavorazione era utilizzata nei paesi arabi già dal XIII secolo, per frange ornamentali e applicazioni su abiti, il termine deriva dall’insieme delle parole “mahramatun” che significava fazzoletto e “rame” ovvero nodo.

Al mondo arabo si deve la sua diffusione nell’area del Mediterraneo, infatti sembra che fu importato nel Quattrocento dai marinai genovesi che la esportarono nei porti dove attraccavano, ma in Sicilia fu portata direttamente con l’avvento della dominazione nell’isola.

Sono passati molti anni da quando Tilde ha lasciato l’insegnamento eppure non ha mai smesso di lavorare, di dedicarsi a progetti che prevedevano laboratori o corsi professionali, incontri ed eventi fino ad inaugurare mostre importanti come quella tenuta qualche anno fa a Palazzo Sant’Elia a Palermo dove venivano esposte le manifatture storiche patrimonio isolano proveniente dalle Madonie.

E ancora il laboratorio bottega nella famosa Porta Pescara di Cefalù, luogo tra i più visitati della cittadina normanna, dalle cui vetrine insieme ad altre artigiane spiccavano i lavori tessili pezzi unici. Gli anni dedicati alla docenza sono stati per lei più che una carriera, quasi una missione, non soltanto come insegnante ma come strumento per trasmettere valori importanti alle sue studentesse.

«Non ho mai voluto essere la professoressa dietro la cattedra, una figura così rigida che non mi calzava affatto, ho preferito essere una figura di riferimento alla quale guardare stare vicina ai miei studenti piuttosto che distante e passare il tempo tra i banchi con loro, o meglio, tra i telai e le postazioni di intreccio, da li che ho insegnato di più della sola materia, ho trasmesso valori come l’indipendenza e stimolato la creatività, la curiosità come potenziale per scoprire la vita, il lavoro per rendersi autonomi e avere un futuro, coltivare cultura, essere tenaci e impegnarsi tutti i giorni.

Ancora oggi alcune delle mie studenti mi contattano, ci sentiamo anche via facebook, perché pur avendo la mia età mi sono adeguata e riesco a tenermi in contato con il mondo, mi aggiorno per lavorare ma nche per guardare cose nuove, informarmi e stare al passo con i tempi».

Non a caso e parafrasando un’altra delle sue passioni “bolle sempre in pentola qualcosa”, così come quando smette di lavorare e inizia un’altra arte nella quale eccelle e che fa felice la famiglia con marito, figli e nipoti al seguito: fa la cuoca di un ricettario tutto siculo che sa di tradizioni, sapori e profumi che escono fragranti dalla sua cucina.
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