Nove aggressioni in ospedale a Palermo: i medici chiedono "monitor in sala d'attesa"
L'ultimo caso al Cervello dove in 4 hanno provato a strangolare un infermiere. Il presidente dell'Ordine Toti Amato: si prenda ad esempio cosa fanno all'estero

Il pronto soccorso dell'ospedale Cervello di Palermo
L'episodio più recente risale a lunedì scorso a Palermo, quando quattro persone (un uomo i suoi tre figli) hanno tentato di strangolare un infermiere di turno al pronto soccorso dell'ospedale Cervello.
Si tratta della nona aggressione a Palermo dall'inizio dell'anno e a queste si aggiungono altri 8 casi nei confronti del personale del 118 in servizio nelle ambulanze.
Ma perché succede? Secondo Toti Amato, presidente dell’Ordine dei Medici di Palermo, le aggressioni verso i sanitari del 118 e del sistema ospedaliero sono spesso influenzate dallo stress e dalla tensione emotiva dei familiari o dei pazienti in attesa di visite mediche o dell’esito di esami.
Come prevenire le aggressioni? La risposta di Toti Amato è chiara: «È fondamentale dare informazioni il più rapidamente possibile. Tuttavia, fornire risposte implica avere un'interazione diretta con le persone».
E spiega meglio: «Spesso ci sono vetri spessi, progettati per separare l’utente da chi fornisce assistenza, e questo crea un distacco, soprattutto per chi cerca notizie su ciò che sta accadendo».
Per migliorare la comunicazione e rassicurare l’utenza, secondo Toti Amato si potrebbe prendere spunto da quanto avviene in altri Paesi. «In alcuni pronto soccorso esteri, sono installati monitor che mostrano il percorso del paziente».
Un modo per sentirsi più vicini al paziente. «I familiari possono così restare aggiornati in tempo reale; ad esempio, possono sapere che il loro congiunto sta facendo un elettrocardiogramma. Fornire informazioni concrete è fondamentale».
Basterebbe chiedere aiuto alla tecnologia per risolvere i problemi? Certamente no. «Purtroppo, tutto deriva da un contesto sociale che sembra considerare la violenza come l’unica risposta alle tante rabbie, delusioni e, perché no, anche insoddisfazioni».
Ma non solo. Oltre allo stress dei pazienti, è importante considerare anche lo stato d'animo dei medici, costretti ad affrontare turni estenuanti a causa della carenza di personale.
«C’è un problema di fondo molto serio: il personale che deve fornire assistenza è spesso composto da individui che si sacrificano e lavorano sotto un terribile burnout. Sappiamo tutti cosa accade di fronte a richieste di assistenza quando i turni di lavoro sono massacranti».
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