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Palermo non dimenticare gli architetti: la "Rambla" potrebbe essere bellissima

È di questi giorni il proclama della passeggiata pedonale e "arredata" da calare nella devastazione dei cantieri irrisoltii: rileggiamo Bruno Zevi e impariamo da Ciancimino

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 23 aprile 2019

Bruno Zevi (1918 - 2000) è stato un architetto, urbanista, politico e accademico

La storia non sarà affatto clemente con la Palermo degli ultimi quarant'anni.

Nessuna opera pubblica di una certa rilevanza portata a termine, nessuna pianificazione attenta ai cambiamenti riguardanti la sostenibilità ambientale, ma cosa assai più grave nessuna partecipazione e nessuna qualità architettonica come parametri imprescindibili nella scelta delle nuove configurazioni urbane.

Eppure gli sarebbe bastato leggere la prima pagina del "Saper vedere l'architettura" di Bruno Zevi per metabolizzare quel semplice invito che il maestro suggeriva rispetto alla importanza di realizzare buona architettura, specie quando i luoghi da riconfigurare fossero spazi o edifici pubblici, spazi cioè visibili e fruibili da tutti, indipendentemente dal gusto personale.

Un brutto libro può non esser letto, un pessimo film può anche essere non visto ma una architettura, nel suo trovare realizzazione, diventa patrimonio visivo ed estetico di tutti i cittadini fruitori di quello spazio pubblico.
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Semplici lezioni che la classe politica che governa ormai la città da quando ero bambino, dimostra di non aver mai appreso ma che finalmente oggi può andare a studiare. Il libro di Zevi infatti è editato e rieditato ancora oggi da Einaudi persino in più lingue, per cui si può reperire con assoluta facilità.

Sarebbe davvero cosa buona e giustissima che ogni politico ne avesse una copia nel comodino, ci aiuterebbe tutti.

È di questi giorni infatti l'ennesimo proclama legato alla visione di una neo-rambla (scopri il progetto) da calare nella devastazione dei cantieri irrisolti dell'anello ferroviario di via Emerico Amari dove non si riesce dopo cinque anni a vederne ancora la fine, mentre le attività commerciali chiudono giorno dopo giorno e i residenti trasudano bile!

La comunità dei progettisti e non solo, alla visione dei render mostrati come soluzione della neo-rambla si è allarmata e non poco ma non è questo il tema su cui "ci" invito tutti a riflettere, perché si commenta già da sé.

Il nodo intrinsecamente legato alla qualità è ancora una volta il metodo nella scelta della configurazione progettuale finale, proprio perché è il metodo della scelta del progetto migliore a fare la differenza, poiché quando si ha a che fare con la progettazione di spazi pubblici, bisogna puntare al massimo rendimento estetico e funzionale e c’è solo una modalità capace di restituire questa necessità di misura valoriale, è il concorso di architettura.

Persino il tanto odiato fascismo ne comprese l'impatto sociale e culturale, disseminando l'Italia di capolavori divenuti pietre miliari dell'architettura contemporanea (per esempio a Palermo c'è questo monumento).

Non c'è altro modo capace di garantire interventi progettuali capaci di intessere con la storia della nostra bellezza urbana, un rapporto di continuità virtuosa.

Ha ragione Luigi Prestinenza Puglisi, quando ci ricorda che davanti la possibilità di plasmare uno spazio urbano importante, soltanto il confronto concorsuale tra i migliori talenti è in grado di garantire che la qualità architettonica emerga rispetto a qualsiasi altro sistema.

Allora, per una volta, mi rivolgo ai lettori con la richiesta di diffondere se non questa mia breve riflessione, il suo contenuto trasversale che ci riguarda tutti.

Prima che la mediocrità di scelte prive del requisito fondamentale insito nella scelta concorsuale, produca nuovi danni alla città, prima che altri fondi vadano persi o usati male, chiediamo a gran voce che la classe politica faccia un passo in dietro e si metta al pari con la totalità delle classi politiche delle grandi città d'arte europee, quelle cioè, che persino nel progetto di una panchina o di un lampione, non muovono un dito senza una gara concorsuale aperta ai migliori talenti progettuali.

Nessun architetto tra quelli con cui mi sono confrontato in questi giorni funesti si è detto contrario all'idea di rubare spazi alle auto in favore di nuovi habitat ciclo-pedonali, ma tutti sono stati contrari al metodo sbagliato posto in essere ad oggi, senza se e senza ma.

Lo dovranno assimilare come necessario cambio di passo, abbiamo bisogno di concorsi che vengano poi realizzati rispetto alla soluzione vincitrice e la città non può più attendere altro tempo perso, perché il loro metodo non è solo antiquato ma profondamente sbagliato e per niente partecipativo.

Allora diffondiamo la nostra richiesta di qualità estetica, alziamo la testa, loro, sono già circondati.
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