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Palermo perde un altro prezioso frammento: chiude (dopo 25 anni) la Galleria Elle Arte

Un quarto di secolo passato a raccontare la bellezza sociale dell’arte. Vi raccontiamo la storia della galleria di via Ricasoli costruita dal nulla da Laura Romano

Danilo Maniscalco
Architetto, artista e attivista, storico dell'arte
  • 5 febbraio 2023

Laura Romano

A chiudere dopo venticinque anni di intensa attività, a fine febbraio, è la Galleria Elle arte che Laura Romano ha costruito dal nulla al piano rialzato all’interno di uno dei tanti palazzi modernisti prospicienti lungo la via Ricasoli di Palermo.

Sessanta metri quadrati da moltiplicare per le centinaia di mostre allestite sempre con gusto raffinato ed elaborata ricerca nel desiderio di proporre al pubblico di critica, curiosi e collezionisti non un contenitore commerciale bensì l’habitat ideale in cui incontrare l’arte in divenire attraverso le opere degli artisti e la loro tangibile presenza fisica.

Un quarto di secolo passato a raccontare la bellezza sociale dell’arte senza mai smettere di rappresentarne la vera linfa vitale, e cioè il ruolo più intimo degli artisti, segmenti di umanità di questa narrazione ricamata dalla gallerista palermitana che ha sempre contemplato la presenza del pubblico quale prezioso tassello culturale, in un rapporto di promozione e consapevolezza osmotica, vera cifra estetica della galleria.
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Ed eccoli scorrere uno dopo l’altro come tessere del ricco mosaico di Elle arte dal ’98 ad oggi alcuni degli artisti a cui la galleria ha dedicato mostre personali.

Ci sono: Josè Guevara, Salvatore Provino, Pippo Gambino, Bruno Caruso, Saverio Terruso, Renato Tosini,Mario Mirabella, Tino Signorini, Aldo Pecoraino, Dieter Koop, Luigi Di Giovanni, Roberto Masia, Sergio Ceccotti, Pedro Cano, Pascal Catherine, Lorenzo Maria Bottari, Salvatore Caputo, Anna Kennel, Gaetano Lo Manto, Rossana Feudo, Domenico Purificato, Edwin Hunziker, Peter Bartlett, Ennio Calabria, Ilaria Rosselli del Turco, Cristiano Guitarrini, Giuseppe Modica, Massimo Campi, Sarah Campi.

A loro vanno aggiunte le tantissime collettive sempre intessute con grande professionalità e fiuto avanguardista costantemente messi in campo da Laura Romano che rivendica lo spirito di leggerezza e confort culturale ricreato per artisti e utenti.

«Qui dentro ho visto sconosciuti – ricorda Laura Romano con grande trasporto – diventare amici; la dilagante felicità di artisti e collezionisti alimentare fatti umani importanti, e il tutto avendo la percezione di non aver mai lavorato un solo giorno perché quando fai ciò che ami mettendo il massimo nelle attività che svolgi, il risultato è benessere non solo per te ma a cascata per chi ti sta attorno».

Atmosfere che mancheranno ai tantissimi e trasversali frequentatori delle attività della galleria, volutamente ricreate dalla Romano in un viaggio ideale senza soluzione di continuità che sin da bambina insieme alla famiglia l’ha vista assidua frequentatrice dei musei italiani dove ha respirato arte e civiltà.

Un'educazione alla bellezza trasportata con garbo ed eleganza attraverso il tempo, in punta di piedi indipendentemente dall’interlocutore, costruendo anno dopo anno e per 25 anni di trasformazioni socio-economiche schizofreniche e assolutamente imprevedibili (dall’11 settembre alle speculazioni dell’euro, dalla crisi economica a quella pandemica e ancora al conflitto russo/ucraino), solidi rapporti umani con gli artisti proposti ma soprattutto con i collezionisti.

Inutile ribadire gli strascichi culturali ed economici che questo biennio distopico prosegue a rilasciare nel tessuto connettivo della quinta città d’Italia che non potrebbe permettersi di perdere un altro spazio espositivo anche se galleria privata, ma che lo fa nel silenzio assordante di istituzioni e critica, che paga un decennio di mancati investimenti reali in cultura e il conseguente impoverimento dell’offerta culturale in termini di consapevolezza e promozione attiva della bellezza artistica.

Una chiusura che Laura Romano ha elaborato con tempi e modi meditati e assolutamente personali, dando notizia della decisione sui social solo pochi giorni addietro (26 gennaio) e che come ella stessa tiene a rimarcare «è una fine che mantiene in seno a decisioni difficili la promessa di una rinascita altra, misurata e in divenire, perché l’arte è per me sempre stata aria da respirare».

Palermo perde un altro prezioso frammento di "storia di storie dell’arte contemporanea", e come le lucciole a perdere di Pasolini lo capiremo soltanto in profondo ritardo.

Buon nuovo inizio a Laura Romano allora e grazie da parte di tutti i frequentatori delle atmosfere donate in questo quarto di secolo che sembra davvero lontano ed irripetibile.
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