Palermo vive nella paura, parla Cracolici: "Armi facili e violenza attraggono i giovani"
Dopo l'omicidio di Paolo Taormina. Palermo si sente sempre più insicura. La commissione Antimafia si riunisce allo Zen. L'intervista al presidente Cracolici

Antonello Cracolici
È un clima di paura quello che pervade Palermo in questi giorni. Dopo l'omicidio del 21enne, Paolo Taormina, c’è chi si non si sente più al sicuro tra le mura della propria città. Cosa sta accadendo a Palermo? Tanti i segnali che sono stati dati: il capoluogo è sceso in piazza, più volte (fino a ieri sera, lunedì 13 ottobre), urlando “no alla violenza”.
E tra chi chiede maggiori controlli e la richiesta di fermare la circolazione di armi, scende in campo anche la Commissione Antimafia all’Ars, il cui presidente, Antonello Cracolici, ha deciso di convocare, allo Zen (quartiere dove è stato fermato Gaetano Maranzano, che ha confessato l’omicidio di Taormina) la commissione regionale Antimafia.
Un modo per suscitare una reazione e una mobilitazione da parte dei tanti cittadini perbene, dei giovani che frequentano le scuole, di tutti quei lavoratori che con onore e dignità svolgono la propria attività da liberi cittadini. «È quel volto del quartiere quello che deve prevalere, ma che allo stesso tempo deve saper mettere ai margini i balordi che stanno infangando sia lo Zen che la città di Palermo», ha dichiarato Cracolici.
Ma perché questa escalation di violenza? Cosa manca alla nostra città? Tanti, troppi gli episodi di sparatorie. L’ultima, tra sabato notte e domenica, in via Spinuzza. Ma prima, a sconvolgere tutti, la strage di Monreale, sempre un fine settimana tra sabato e domenica, sempre “mala movida”. Era la notte tra il 26 e il 27 aprile, quando, in piazza Dumo, si è tornato a sparare.
Tre le vittime quella notte: Massimo Pirozzo, Salvo Turdo e Andrea Miceli, uccisi a colpi di pistola. Tra gli arrestati Salvatore Calvaruso, uno dei tre giovani dello Zen in manette per i fatti. In carcere anche Samuel Acquisto, accusato di aver guidato una Bmw Gs, dietro alla quale c'era Mattias Conti che a sua volta avrebbe aperto il fuoco sulla folla.
E, ancora, gli spari a Sferracavallo, in occasione della festa dei Santissimi Cosma e Damiano. Tanta paura tra la folla e, per fortuna, nessuna vittima.
Un filo sottile che potrebbe collegare l’escalation di violenza degli ultimi mesi. Con una Palermo ormai stanca. Quattro morti, da febbraio a ottobre, sono troppi. La città non ci sta. Vuole uscire la sera ed essere sicura si tornare a casa sana salva. Il saluto, dato ai genitori prima di uscire, non deve più essere un addio.
Pochi mesi fa, subito dopo la strage di Monreale, il presidente Cracolici aveva, inoltre, messo in guardia da «una mafia che cerca di essere attrattiva verso i più giovani». Parole pronunciate nel corso di una manifestazione organizzata per l’anniversario dell’uccisione di Pio La Torre e Rosario Di Salvo: «Cosa sta succedendo in Sicilia e non solo? La mafia torna ad essere attrattiva e lo è non solo nel suo sistema di appartenenza all’associazione – aveva dichiarato Cracolici – ma anche nel suo modello culturale. La cultura, che ha alimentato quei ragazzi, che tenevano le pistole nei motorini, è certamente la cultura di un sistema di relazioni e di modalità di relazioni tipiche della cultura mafiosa, improntata sulla sopraffazione, sulla paura».
«Già nelle tappe della commissione Antimafia, a Caltanissetta e ad Enna, per la mappatura che stiamo portando avanti sullo stato di cosa nostra in Sicilia, sono emersi segnali preoccupanti – illustra il presidente della Commissione Antimafia all’Ars -. A Caltanissetta, ad esempio, ci è stata segnalata una proliferazione di armi da guerra da parte soprattutto di soggetti incensurati, mentre Enna è una provincia armata anche 'per conto terzi', come una sorta di 'cassaforte' di alcune cosche siciliane che utilizzano questo territorio perché apparentemente tranquillo rispetto ad altre zone della Sicilia, quindi un luogo ideale dove conservare e nascondere armi, anche da guerra, da utilizzare nelle strategie criminali della mafia siciliana».
Quel che è certo è che occorre agire, e in fretta, sui giovani, principali attori delle tristi vicende di questi mesi. Farlo, però, non con la repressione: «Se oggi tante cose sono cambiate è stato per il sangue versato in questa città. Ma credo allo stesso tempo che militarizzare il territorio non serva, è una reazione di pancia illusoria – conclude Cracolici -. Come commissione Antimafia da tempo stiamo lavorando in modo sinergico con la scuola, la Chiesa e le agenzie educative del territorio per dare una risposta strutturata e per agire in profondità. Dobbiamo sottrarre alla mafia l'humus da cui cerca di attingere per i suoi interessi e dare un futuro ai nostri ragazzi».
E tra chi chiede maggiori controlli e la richiesta di fermare la circolazione di armi, scende in campo anche la Commissione Antimafia all’Ars, il cui presidente, Antonello Cracolici, ha deciso di convocare, allo Zen (quartiere dove è stato fermato Gaetano Maranzano, che ha confessato l’omicidio di Taormina) la commissione regionale Antimafia.
Un modo per suscitare una reazione e una mobilitazione da parte dei tanti cittadini perbene, dei giovani che frequentano le scuole, di tutti quei lavoratori che con onore e dignità svolgono la propria attività da liberi cittadini. «È quel volto del quartiere quello che deve prevalere, ma che allo stesso tempo deve saper mettere ai margini i balordi che stanno infangando sia lo Zen che la città di Palermo», ha dichiarato Cracolici.
Ma perché questa escalation di violenza? Cosa manca alla nostra città? Tanti, troppi gli episodi di sparatorie. L’ultima, tra sabato notte e domenica, in via Spinuzza. Ma prima, a sconvolgere tutti, la strage di Monreale, sempre un fine settimana tra sabato e domenica, sempre “mala movida”. Era la notte tra il 26 e il 27 aprile, quando, in piazza Dumo, si è tornato a sparare.
Tre le vittime quella notte: Massimo Pirozzo, Salvo Turdo e Andrea Miceli, uccisi a colpi di pistola. Tra gli arrestati Salvatore Calvaruso, uno dei tre giovani dello Zen in manette per i fatti. In carcere anche Samuel Acquisto, accusato di aver guidato una Bmw Gs, dietro alla quale c'era Mattias Conti che a sua volta avrebbe aperto il fuoco sulla folla.
E, ancora, gli spari a Sferracavallo, in occasione della festa dei Santissimi Cosma e Damiano. Tanta paura tra la folla e, per fortuna, nessuna vittima.
Un filo sottile che potrebbe collegare l’escalation di violenza degli ultimi mesi. Con una Palermo ormai stanca. Quattro morti, da febbraio a ottobre, sono troppi. La città non ci sta. Vuole uscire la sera ed essere sicura si tornare a casa sana salva. Il saluto, dato ai genitori prima di uscire, non deve più essere un addio.
Pochi mesi fa, subito dopo la strage di Monreale, il presidente Cracolici aveva, inoltre, messo in guardia da «una mafia che cerca di essere attrattiva verso i più giovani». Parole pronunciate nel corso di una manifestazione organizzata per l’anniversario dell’uccisione di Pio La Torre e Rosario Di Salvo: «Cosa sta succedendo in Sicilia e non solo? La mafia torna ad essere attrattiva e lo è non solo nel suo sistema di appartenenza all’associazione – aveva dichiarato Cracolici – ma anche nel suo modello culturale. La cultura, che ha alimentato quei ragazzi, che tenevano le pistole nei motorini, è certamente la cultura di un sistema di relazioni e di modalità di relazioni tipiche della cultura mafiosa, improntata sulla sopraffazione, sulla paura».
«Già nelle tappe della commissione Antimafia, a Caltanissetta e ad Enna, per la mappatura che stiamo portando avanti sullo stato di cosa nostra in Sicilia, sono emersi segnali preoccupanti – illustra il presidente della Commissione Antimafia all’Ars -. A Caltanissetta, ad esempio, ci è stata segnalata una proliferazione di armi da guerra da parte soprattutto di soggetti incensurati, mentre Enna è una provincia armata anche 'per conto terzi', come una sorta di 'cassaforte' di alcune cosche siciliane che utilizzano questo territorio perché apparentemente tranquillo rispetto ad altre zone della Sicilia, quindi un luogo ideale dove conservare e nascondere armi, anche da guerra, da utilizzare nelle strategie criminali della mafia siciliana».
Quel che è certo è che occorre agire, e in fretta, sui giovani, principali attori delle tristi vicende di questi mesi. Farlo, però, non con la repressione: «Se oggi tante cose sono cambiate è stato per il sangue versato in questa città. Ma credo allo stesso tempo che militarizzare il territorio non serva, è una reazione di pancia illusoria – conclude Cracolici -. Come commissione Antimafia da tempo stiamo lavorando in modo sinergico con la scuola, la Chiesa e le agenzie educative del territorio per dare una risposta strutturata e per agire in profondità. Dobbiamo sottrarre alla mafia l'humus da cui cerca di attingere per i suoi interessi e dare un futuro ai nostri ragazzi».
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