Patrizia Di Dio su luci e ombre di Palermo: "Una città senza negozi è un dormitorio"
Guardando al futuro immediato per la terza volta alla guida di Confcommercio Palermo non ha dubbi: «La sfida numero uno è contrastare la desertificazione commerciale»
Patrizia Di Dio
La prima fotografia che scatta è chiara: «Le esigenze sono tante. Nonostante i numeri positivi della macroeconomia – PIL in crescita, maggiori entrate regionali – il commercio e i consumi non vivono una stagione felice». Se il turismo cresce «anche a due cifre», i benefici non si trasformano automaticamente in spesa sul territorio. «Viviamo dentro un clima geopolitico pesante: guerre, armamenti, instabilità. – afferma la presidente -. I consumi hanno bisogno di un sentimento positivo, mentre oggi c’è paura, incertezza e una forte propensione al risparmio».
A ciò si sommano inflazione e aumenti dei costi, che «hanno già eroso il potere d’acquisto delle famiglie» e spinto gli imprenditori a resistere in condizioni sempre più complesse. Per questo uno dei punti centrali del nuovo mandato è il sostegno ai negozi di prossimità: «Una città senza negozi è un dormitorio. – afferma la Di Dio -. Combattere la desertificazione commerciale significa tutelare un bene comune: la città stessa». E sul mix merceologico la posizione è netta: «Non possiamo permettere che le aree pedonali si trasformino tutte in ristorazione… Esiste uno strumento preciso, il decreto "Scia 2", che permette alle amministrazioni di governare questo equilibrio. Va applicato con rigore».
Oggi la Formazione, la digitalizzazione e la consapevolezza rappresentano la strategia per aiutare chi resiste. Infatti, Confcommercio porta avanti azioni mirate per rafforzare gli imprenditori. «I negozi di vicinato vivono un momento difficilissimo», osserva Di Dio. «Per questo lavoriamo su due fronti: formazione e consapevolezza». Da un lato aggiornamento, digitalizzazione e marketing, perché «oggi non esiste un negozio che possa permettersi di ignorare lo storytelling: raccontare la propria identità, i processi, la qualità».
Dall’altro un impegno pubblico nel sensibilizzare i consumatori: «Le loro scelte hanno un impatto. Se ordini online una scatoletta di chiodini da 2,50 euro che viaggia dal Nord Europa, non stai aiutando né l’ambiente né la tua città». Per la Presidente Di Dio, valorizzare le botteghe e i negozi storici significa difendere «monumenti vivi» e tutelare l’identità produttiva di Palermo, rappresentata da 13.000 imprese associate.
L’obiettivo da perseguire è "vendere significati", non prodotti. Questo è il modello identitario italiano. La Presidente Di Dio guarda anche ai modelli che potrebbero ispirare la Palermo del futuro, chiarendo che «noi italiani, e noi siciliani ancora di più, siamo seduti su un patrimonio immenso: la nostra identità culturale». Non basta puntare sul prodotto: «La nuova frontiera è chiara: non dobbiamo vendere prodotti, ma significati. Offriamo un’esperienza».
Il commercio italiano non può competere sul prezzo, «e per fortuna», perché il valore del Made in Italy è nella qualità, nella sicurezza e nell’etica del lavoro. «Se un pigiamino costa cinque euro, dietro non ci sono contratti regolari, né sicurezza, né tutela dell’ambiente. Noi- sostiene la Di Dio - siamo un faro etico, normativo e culturale». Un principio che la Presidente ha sperimentato anche nella sua attività: «La mia “La Vie En Rosalia” è diventata competitiva solo quando ho capito che dovevo raccontare la nostra identità, non solo mostrarla». Se parliamo poi di Sense of Italy, il ruolo dei commercianti come ambasciatori è molto importante.
Infatti, il legame tra commercio, identità e turismo è uno dei temi più forti nella visione della presidente: «La Sicilia merita uno sviluppo che ancora non ha avuto. Commercio, turismo e servizi sono i veri ambasciatori del nostro territorio». Qui introduce un concetto su cui sta lavorando molto: il Sense of Italy. «Se il Made in Italy è produzione, il Sense of Italy è rappresentazione: il modo in cui vendiamo, raccontiamo e presentiamo un prodotto». Il negoziante diventa così un narratore, «ambasciatore di tutto il sistema». Dunque, ogni vetrina, ogni oggetto, ogni scelta diventa un frammento di identità che parla al mondo.
E se parliamo di leadership, valori e rivoluzioni dall’interno? Non manca un riferimento personale a ciò che guida il suo modo di stare nelle istituzioni: «Sono sempre rimasta fedele alla mia identità: donna, imprenditrice, presidente». Rivendicare il femminile non è un dettaglio, ma una forma di autenticità. «La mia leadership si fonda sui valori… crea consenso vero, non fondato su scambi o opportunismi».
Alle giovani imprenditrici affida un messaggio forte: «Siate voi stesse. La coerenza è la forza più grande». E aggiunge: «Qualcuno mi definisce “aliena”: lo considero un complimento. Rivendico il diritto di non essere omologata». L’etica, dice, «viene prima della legalità», perché guida ciò che è giusto anche quando la legge interviene solo su ciò che è illecito. Desertificazione commerciale, abusivismo e decoro urbano potrebbero essere le vere urgenze di Palermo. Guardando al futuro immediato, Patrizia Di Dio non ha dubbi sulle priorità: «La sfida numero uno è contrastare la desertificazione commerciale». Serve sostenere chi rimane, incentivare chi apre e garantire un equilibrio tra food, retail e servizi: «Una città tutta ristorazione o tutta B&B non è sostenibile».
Una seconda battaglia riguarda l’abusivismo, definito senza mezzi termini «un segnale di incuria che degrada il territorio e danneggia le imprese». E infine tutto ciò che riguarda la vivibilità: «Viabilità, qualità degli spazi pubblici, decoro… Lo sviluppo economico deve essere una priorità. Le imprese che creano lavoro perbene devono essere ascoltate».
Proprio in questo periodo, con l’arrivo del Natale, momento cruciale per molti commercianti, l’indicazione è netta: «Continuiamo a promuovere il consumo intelligente, sostenibile: ciò che rimane nell’economia locale ritorna a ognuno di noi, come lavoro, come gettito, come servizi». Oggi Palermo è speranza ma anche e principalmente amore per una terra che resiste e vuole ancora brillare. Alla fine, dalle parole della Presidente emerge un messaggio che supera la contingenza economica: Palermo - e la Sicilia tutta - possiede ancora una forza nascosta, fatta di creatività, di resilienza e di quella capacità tutta nostra di rialzarci sempre, anche quando il contesto sembra remare contro. La sfida è ricominciare a credere in questo potenziale, custodirlo e trasformarlo in visione.
La Sicilia non chiede miracoli: chiede cura. Chiede che ognuno faccia la propria parte, che le strade tornino a raccontare storie, che i negozi siano luoghi di comunità e non solo spazi di vendita, che il commercio diventi il linguaggio attraverso cui la nostra identità si rinnova e resiste. E in fondo la speranza è già qui, nelle mani di chi apre la saracinesca ogni mattina e decide di restare. Nella volontà di chi sceglie il lavoro perbene. Nella luce di una città che, nonostante tutto, continua a voler essere amata.
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