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Prima era lo "Sherbet", poi "A rattata": vi sveliamo come nasce la granita siciliana

La granita è il risultato di una tradizione secolare, contiene il cuore dei sapori di Sicilia e attraversa per più di un millennio la cultura gastronomica dell'Isola. Ecco la sua storia

  • 5 aprile 2021

Tutti ne fanno un uso smodato durante l'estate, ma forse non tutti conoscono la sua storia.

Si tratta di uno dei dolci preferiti quando le temperature sono molto alte, da siciliani e non, un dolce che varia in base alla città in cui viene creato, che si colora di tante sfumature diverse. Dal goloso pistacchio con panna al più sobrio limone, dal cioccolato alle più tradizionali mandorle, dal mandarino ai gelsi neri dell'Etna: sto parlando della granita siciliana.

Tutti la mangiano, ma chi conosce le sue origini?

La granita è il risultato di una tradizione secolare, contiene il cuore dei sapori di Sicilia e attraversa per più di un millennio la cultura gastronomica dell'isola. Facciamo un tuffo nel lontano passato saraceno.

L'origine della granita risale infatti al periodo della dominazione araba in Sicilia, il IX secolo. L'antenato più antico della granita è lo sharbat, in persiano, o sherbet, in turco, termini che derivano dall'arabo sharba, ''bibita''.
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Lo sharbat è una bevanda tipica del Medio Oriente e dell'Asia meridionale, che va servita fredda, aromatizzata con frutta e petali di fiore. La bevanda dà il nome anche allo Sherbeth festival, il festival internazionale del gelato artigianale che nasce nel 2007 in Sicilia.

Dal progenitore arabo la ricetta si evolve nei secoli, anche grazie ai ''nivaroli'', gli uomini che, durante la stagione invernale, nel Medioevo e nel Rinascimento, si occupavano di raccogliere la neve sull'Etna, sui monti Iblei e su altri monti siciliani, conservandola all'interno delle neviere, grotte naturali o costruite appositamente, per poi adoperarla nella stagione calda, con l'intento di raffreddare cibi e bevande.

La neve veniva coperta con felci e terra, e pressata fino a diventare ghiaccio. A quei tempi non esistevano i frigoriferi touch, gli elettrodomestici smart e nemmeno la moderna lingua inglese che dà un tocco di velocità a ogni cosa. Gli uomini dovevano essiccare gli alimenti o consumarli immediatamente.

Le bevande venivano conservate dentro a brocche riposte in luoghi ombreggiati, così da mantenere le proprietà rinfrescanti. Presumibilmente fin dal Medioevo, i ''nivaroli'' durante l'estate rivendevano il ghiaccio che avevano accumulato nelle grotte, una sorta di Glovo ante litteram.

Nasce così ''a rattata'', l'antenata più giovane della granita siciliana: la massa di ghiaccio veniva ''grattata'' e condita con miele e limone.

Ancora oggi, su alcuni monti, si possono trovare i resti delle buche utilizzate per la conservazione del ghiaccio, in alcuni casi rifinite con pietre e mattoncini. La forma delle neviere non era ovunque uguale, ma cambiava in base al territorio.

Le famiglie più ricche possedevano delle neviere private, in modo da avere la propria scorta personale durante l’estate. Il ghiaccio era anche utilizzato come farmaco contro alcune malattie. Nessuna tachipirina contro la febbre, ma una bella palla di neve a curare i malanni.

Più tardi, intorno al XVI secolo, fu la volta del pozzetto: un tino di legno con un secchiello di zinco, in cui la neve veniva mescolata al sale, per abbassare la temperatura. Il movimento rotatorio di una manovella impediva la formazione di agglomerati di neve troppo grossi, garantendo quella consistenza unica che, fin da subito, fu propria della moderna granita siciliana.

Con il tempo, soprattutto nel XIX secolo, la neve è stata sostituita dall'acqua, il miele dallo zucchero e le neviere, i ''nivaroli'' e il pozzetto sono stati soppiantati dal freezer e dalla gelatiera. Il risultato è la granita come la conosciamo oggi, uno dei dolci tipici più famosi e amati della tradizione siciliana, dall'inconfondibile consistenza cremosa.

Molto diffusi oggi, soprattutto nella zona della Sicilia orientale, la vera patria della granita, sono i gusti al pistacchio di Bronte, alla mandorla, al caffè, al cioccolato e alla frutta: gelsi neri, pesca, fragola, mandarino, ciliegia, limone e fico d'India.

Ma non manca il mondo floreale, esiste infatti anche la granita al gelsomino, in perfetto stile arabo. Le granite, da Messina a Siracusa, sono accompagnate dalla brioche, ma un tempo erano accompagnate dalla ''zuccarata'', un biscotto - solitamente a forma di ciambella - che, contrariamente al nome, non ha zucchero, ma è ricoperto di semi di sesamo.

In alcuni posti è possibile assaggiare la ''zuccarata'', ma senza dubbio tutti amano l'insostituibile accoppiata Brioche&Granita, soprattutto quando la brioche, appena sfornata, è ancora calda.
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