ARTE E ARCHITETTURA
Qui c'è il documento cartaceo più antico d'Europa: a Palermo nel Palazzo dell'Arconte
In queste miniere della Storia della vita cittadina sono raccolte le vicende delle nobili famiglie siciliane attraverso atti conservati in queste stanze preziose
L'archivio di Stato alla "Catena" di Palermo
L’Archivio di Stato di Palermo si estende presso due ex conventi la Catena e la Gancia, è un preziosissimo Patrimonio che conserva la storia e la memoria della città, basterebbe pensare a tutti i testamenti, gli atti notarili, le circolari che sono state lì depositatie nel corso del tempo, per capire che un Archivio racconta e registra la memoria di un popolo.
"La Catena" è nell’ex convento dei Padri Teatini, costruito nel 1602 accanto alla chiesa di Santa Maria della Catena e adibito a ospedale per le truppe britanniche nel 1812. Diventò Archivio di Stato nel 1844.
Il secondo ex Convento, quello della Gancia, si articola attorno a due cortili e un portico decorato da affreschi che ritraggono scene di vita francescana. Molto suggestivo è l’ex dormitorio dove in tutta la sua imponente altezza ora vi sono scaffalature a più livelli, mobili strapieni e traboccanti di "atti e carteggi".
È all'Archivio di Stato di Palermo della Catena che è conservato il documento cartaceo più antico d’Europa, un sigillo (mandato) della Grancontessa Adelasia del Vasto moglie di Ruggero I e madre reggente di Ruggero II, documento del 1109, redatto in greco e arabo, dove si comanda di proteggere il Monastero di San Filippo Demenna.
In queste miniere della Storia della vita cittadina sono raccolte le vicende delle nobili famiglie siciliane attraverso atti come quella della dinastia dei Moncada e della sua esponente di spicco, Donna Aloisa de Luna Vega che nel 1568 sposò Cesare Moncada Principe di Paternò.
Donna di grande tempra e personalità che gestì il Patrimonio di Famiglia per 50 anni. Attraverso queste "carte" è stato inoltre possibile ricostruire le vicende della famiglia Florio che con le sue acquisizioni, industrie, attività lasciarono quella famosa "impronta indelebile".
Quando nasce un Archivio e dove ha origine questo termine? Il termine è Greco tradotto in Latino, indica il “Palazzo dell’Arconte" il luogo, dove si conservavano gli atti dei magistrati.
Sappiamo che il primo Archivio della storia è quello dei Sumeri che grazie alla loro scrittura cuneiforme su tavolette, registrarono a Ebla, archivi regali, documenti contabili e commerciali. La difficoltà di avere supporti in grado di resistere al tempo, ha spesso fatto andare perduti preziosi documenti che avrebbero potuto raccontare e spiegare eventi e passaggi storici.
È proprio sulla questione dei supporti che si sono spesso divisi gli studiosi e che hanno portato a utilizzare il supporto digitale per meglio conservare "le vetuste carte".
Nell’alto Medio Evo, gli Archivi erano spesso itineranti, viaggiavano con magistrati ed ecclesiastici, bisognerà attendere la nascita dei Comuni, le città, per avere dei luoghi deputati e messi a disposizione per la consultazione.
Con l’avvento delle grandi monarchie, l’Archivio di Stato diventa strumento del potere, gli atti, infatti, conferivano e stabilivano norme e regole per i sudditi. Da luogo di deposito e consultazione di documenti, con la Convenzione dell’Aja del 1954, i beni archivistici assumono un’importanza pari a quelli artistici, architettonici, librari.
Lungo questa piccola storia e non esaustiva, è facile comprendere la loro funzione: gli Archivi hanno valore probatorio, sono strumento di consultazione del potere che tramite questi atti si legittima, e testimonianza storica una volta terminato il suo ruolo di prova, diventando racconto di un popolo.
Una raccolta archivistica statale è ben diversa da qualsiasi altra raccolta, archivio o collezione ciò che lo differenzia è il vincolo archivistico "un nesso che lega tra loro i documenti dell'archivio", che deve avere delle precise caratteristiche "naturale, necessario e non volontario".
La vita dell’Archivio inoltre attraversa 3 fasi: l’Archivio Corrente per gli affari in corso, Archivio di Deposito per gli affari esauriti quando non sono più d’interesse quotidiano, Archivio Storico con documenti con più di 30 anni d’età, cui una commissione attribuisce rilevanza storica e conservazione permanente.
In Sicilia gli Archivi di Stato sono uno per capoluogo di Provincia cui si aggiungono quello di Sciacca, Caltagirone, Termini Imerese, Modica e Noto. L’Archivio di Stato di Palermo conserva 370.000 unità Archivistiche con 617 pergamene, una Biblioteca con 12.376 volumi.
È da questa imponente raccolta di dati che possiamo fare ricerche, ricostruire eventi e realizzare importanti mostre, come quella digitale dell’8 marzo, dal titolo "Donne istruite e di buona morale, questioni di genere nella scuola di età liberale".
Un'analisi sulla scuola post unitaria della Provincia di Palermo, dove è stato possibile ricostruire un percorso sull’istruzione femminile e la formazione delle maestre.
In un’interessante circolare del 1862 il Prefetto di Palermo metteva in relazione "la mancanza di intelligenza con la forza brutale…la scuola ha il compito di garantire la pace sociale in un contesto di grave disagio", e in particolar modo nei confronti delle bambine invitava a "attitudini e questioni morali, richieste alle donne", per rendere quelle bimbe "buone mogli e assennate madri".
L’Archivio Statale di Palermo grazie ai suoi preziosi documenti e atti, è in grado di raccontare una storia documentata, priva d’interpretazioni, vera, facendoci conoscere non solo il nostro passato, ma dicendoci anche chi siamo oggi.
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