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Qui ti perdi tra castagneti e pioppi: il tour (delle meraviglie) da fare in Sicilia

Un’escursione in un paesaggio incontaminato e da non frequentato fra recinti di pietra e liane scendenti dagli alberi fino ad arrivare alle sorgenti acqua monaco

Santo Forlì
Insegnante ed escursionista
  • 20 ottobre 2025

Fiumedinisi

Un’escursione in un paesaggio naturale incontaminato e frequentato da nessuno fra recinti di pietra e liane scendenti dagli alberi fino ad arrivare alle sorgenti acqua monaco. La settimana passata col gruppo Valli Basiliane siamo partiti alla volta di Fiumedinisi comune ionico a una trentina di chilometri da Messina di antica origine tanto che il nome Nisi deriva dal dio greco Dioniso di cui ci doveva essere qualche tempio.

Invece fiume è un appellativo un po’ pomposo del torrente che lo attraversa che comunque è abbastanza ricco di acque ed è alimentato da due principali affluenti la Santissima e il Vacco. Proprio alle sorgenti di questo eravamo diretti. Poco più su del paese ci siamo avviati in macchina e l’abbiamo lasciata vicino ad una fresca e ricca fonte per poi proseguire a piedi su una strada che poi è diventata una sterrata.

Da qui in poi "immersi noi siam nello spirito silvestre / d’arborea vita viventi", avrebbe detto il poeta con un po’ di esagerazione, ma è vero che abbiamo cominciato a bearci di essere pervenuti in un ambiente del tutto naturale e verdeggiante dominato dagli alti pioppi sorgenti nell’alveo e sulle rive del torrente e dagli alberi di noce un po’ più ai margini e con i loro frutti nel pieno della maturazione che divagando e rallentando un po’ il nostro cammino abbiamo raccolto.

Un po’ più avanti abbiamo abbandonato la sterrata e ci siamo inoltrati nel torrente in cui un solco d’acqua scorreva delimitato da un muraglione di pietra incavato che abbiamo aggirato con qualche difficoltà e siamo pervenuti nell’alveo più esteso quasi asciutto in cui crescevano e si infittivano piante di oleandro di varie dimensioni.

Abbiamo proseguito camminando sui ciottoli, a volte attraversando dei rivoli d’acqua, altre camminando sulle rive. Man mano proseguendo il torrente aumentava la sua portata per cui ne sentivamo lo scroscio, si tratta di un suono che ha una sua euritmia. Dopo siamo andati su una trazzera che si apriva in mezzo a dei castagneti alberi più frondosi e di un verde più brillante rispetto a quello più pallido dei pioppi e delle noci che avevamo visto poc’anzi.

Quivi ci siamo imbattuti in un recinto in pietra con un tavolo sempre litico somigliante alla tavola rotonda del re Artù, del resto dodici cavalieri avrebbero potuto starci, ma noi al massimo potevamo considerarci dei semplici fanti. A dire il vero in queste contrade hanno transitato personaggi illustri fra cui Enrico VI di Svevia padre di Federico II stupor mundi che durante una battuta di caccia cadendo nelle acque gelide del torrente si prese una congestione e vi morì a soli 32 anni.

Dopo questa breve sosta abbiamo proseguito sollevando lo sguardo verso i ricci delle castagne ancora chiusi non essendo giunti alla maturazione. Ai lati della trazzera c’erano anche cespugli di piante non eduli come la salsapariglia straccia braghe da non sperimentare, ma con le sue belle bacche a grappolo rosso porpora.

Poco più avanti abbiamo lasciato qualsiasi sentiero per intraprendere un cammino tutto in ascesa fra balzi terrosi, disordinato pietrame e rami che ingombravano il terreno. Intraprendendolo mi è venuto in mente il prode Anselmo del Visconti Venosta:

"Né per vie ferrate andava come oggi col vapor/ a quei tempi si ferrava non la via ma il viaggiator". Insomma non si può dire che eravamo ferrati, ma provvisti di robusti scarponi di montagna sì, perché indispensabili per proteggerci i piedi e le caviglie dalle tante pietre e spuntoni rocciosi disseminati lungo il tragitto.

Come spartitraffico incontravamo i tronchi belli robusti dei pioppi, carpini e c’erano anche degli ornielli. In qualche luogo dai rami scendevano delle liane come se fossimo in qualche giungla dell’Indonesia.

Abbiamo incontrato pure recinti circolari di pietra, ma non si trattava di resti di villaggi preistorici come quelli che ho visto a Filicudi, ma erano semplicemente la base dei pagliari adesso scomparsi utilizzati dai pastori.

Attualmente più nessuno si avventura da queste parti, tranne noi di Valli Basiliane che siamo stati i primi a fare questo trekking che ci ha portato un centinaio di metri più in alto alle sorgenti di acqua monaco che sono scaturite su un fianco di monte Cavallo (1.200 s.m.) e alle cui spalle si trova il paese di Mandanici.

Il tratto da noi percorso era quello che si era formato quando il fiume in piena esondando porta con sé cumuli di detriti, adesso invece esso scorreva in un canalone incassato sulla nostra sinistra formando dei salti e delle cascatelle.
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